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La teoria di Paul Ekman sull’innatismo delle emozioni si fonda su un esperimento di analisi e raffronto interculturale (Ekman et. al., 1972).
E’ stato infatti osservato come una espressione emozionale all’interno di una specifica popolazione era interpretata correttamente e uniformemente all’interno di qualunque altra cultura, e viceversa (Stati Uniti e Nuova Guinea)
Il raffronto consisteva nel mostrare delle foto di espressioni emozionali facendole quindi riconoscere.
In concreto l’esperimento scoprì per esempio che l’espressione facciale legata alla rabbia veniva interpretata come rabbia all’interno di tutte le popolazioni analizzate.
Robert Plutchik (1980), considera le emozioni come risposta adattiva quindi come elementi riflessi dell’adattamento:
“l’emozione è “una complessa catena d’eventi”.
Gli anelli di questa catena sono:
valutazione cognitiva dello stimolo;
esperienza soggettiva;
eccitazione fisiologica;
impulso all’azione;
un comportamento manifesto” (Berti A.E., Bombi A.S., il Mulino).
Plutchik è partito da considerazioni di natura evolutiva affermando che:
Le emozioni primarie sono biologicamente primitive e si sono evolute in modo da consentire alle specie di sopravvivere (Plutchik, 1980).
Ognuna delle emozioni primarie agisce come interruttore per un comportamento con un alto valore di sopravvivenza (es. paura: fight-or-flight response).
Plutchik ipotizza che ci siano 4 coppie di emozioni di base primarie:
gioia – tristezza
fiducia – disgusto
rabbia – paura
sorpresa – anticipazione
Secondo Plutchik le relazioni fra emozioni si possono rappresentare con un modello strutturale tridimensionale a forma di cono, come si vede nella figura seguente:
Cono emotivo, modello multidimensionale delle emozioni
traduzione e adattamento dr. Ettore Zinzi
Cono emotivo, modello multidimensionale delle emozioni
originale
La ruota delle emozioni da lui creata evidenzia le polarità e l’intensità, via via decrescente delle emozioni, più i vari stati intermedi (decrescendo di intensità le emozioni si mescolano sempre più facilmente) e lasomiglianza.
Quindi come evidenziato dal cono emotivo le varie combinazioni di emozioni daranno vita ad emozioni composte più complesse: le DIADI EMOTIVE
Come già evidenziato le emozioni creano delle reazioni corporee di tipo vegetativo e sensorio, nell’immagine che segue vengono evidenziate le aree del corpo nelle quali le emozioni generalmente vengono sentite. Osservando questa immagine si può provare ad entrare in contatto attraverso le sensazioni corporee con emozioni che magari ancora non abbiamo ben identificato.
E’ uno stato emotivo-affettivo caratterizzato da una crescente eccitazione sia verbale che motoria che può culminare in comportamenti aggressivi e distruttivi verso oggetti, persone o se stessi.
Per la maggior parte delle teorie la rabbia rappresenta la tipica reazione alla frustrazione e alla costrizione, sia fisica che psicologica.
L’emozione “RABBIA” crea nell’individuo diverse attivazioni:
Attivazione Fisiologica:
Aumento pressione sanguigna
Contrazione vasi sanguigni
Aumento frequenza cardiaca
Incremento tensione muscolare
Aumento della sudorazione
Attivazione Espressiva:
Fronte e sopracciglia:
Contratte
formazione rughe verticali
Sopracciglia avvicinate e abbassate,
Occhi:
apertura ridotta
sguardo diretto, fisso e duro verso l’oggetto della rabbia
Naso
dilatazione delle narici
Bocca:
Chiusa con denti serrati e labbra contratte fortemente pressate insieme
Labbra aperte ed esposizione dei denti serrati
Labbro inferiore tirato in basso e squadrato con i denti inferiori in mostra e la mascella inferiore spinta in avanti
Corpo:
Testa spinta in avanti con mento in fuori e stiramento del collo; corpo diritto con torace dilatato, spalle e testa rialzate con piedi che premono al suolo, con i pugni stretti.
Voce:
Strozzata in gola o rauca e stonata
più intensa,
il tono sibilante, stridulo e minaccioso.
Attivazione Psicologica:
La Rabbia crea la paura di perdere il controllo e di agire un attacco, atto ad eliminare l’oggetto frustrante.
Gli studi sugli effetti dell’inibizione delle manifestazioni aggressive sembrano indicare che chi non esprime in alcun modo i propri sentimenti di rabbia tende a viverli per un tempo più lungo.
Reprimere le manifestazioni d’ira è nocivo alla salute psicofisica: depressione, problemi psicosomatici come l’ulcera e l’emicrania possono colpire i troppo accomodanti. Chi invece esprime la rabbia, al di là dello sfogo catartico entro poco tempo, si trova ad affrontare grossi disagi relazionali, di solito, più è intensa la relazione, più violenta è l’aggressività che si scatena nei contrasti. Inghiottire la rabbia fa male, gridarla anche!
Essere dotati d’intelligenza emotiva significa riconoscere i sentimenti, così da esprimerli in modo appropriato ed efficace.
Spesso alla rabbia apparentemente non si reagisce; ma non è detto che questo sia realmente ciò che accade; la mancata reazione può essere dovuta al negato contatto emotivo con il sentimento rabbia, quindi si arriva all’alessitimia, ovvero l’incapacità di sentire sul piano emotivo le emozioni, le quali vengono fatte scivolare direttamente sul corpo fino a somatizzarle; capita così di avere mal di pancia o mal di testa senza cause organiche, fino ad arrivare a vere e proprie patologie. Il sentimento rabbia viene negato a livello inconscio e la persona può, ad esempio, mettere in atto atteggiamenti o comportamenti sostitutivi e/o di copertura del sentimento negato, parliamo quindi di compulsioni (pensieri o comportamenti) e rituali(lavare le mani continuamente, controllare numerose volte di aver chiuso porte e gas). La maggior parte delle volte però può capitare il contrario; l’eccessivo sfogo delle proprie emozioni e il mancato controllo della rabbia può arrecare conseguenze negative a se stessi e agli altri.
Insomma arrabbiarsi poco può essere dannoso, ma anche arrabbiarsi troppo ci fa correre parecchi rischi. Nel frattempo si deve cercare di esplicitare il proprio disagio al meglio, evitando che l’interlocutore si senta aggredito. Molti ragionano come se le emozioni fossero controllate da un interruttore: on-off, dico-non dico. Ma esistono anche posizioni intermedie, vale a dire esprimere nel modo migliore le proprie emozioni, anche negative. Essere diretti e sinceri non significa necessariamente ferire gli altri.
La rabbia è un’esperienza forte e molto comune che ognuno vive secondo le proprie specificità individuali. Anche in ambito educativo si tratta di imparare a dialogare con la propria rabbia per trasformarla in una relazione conflittuale e quindi gestibile. La rabbia va usata per dare energia a una richiesta basata sui propri desideri, non per cercare di stabilire come l’altro deve comportarsi. Il primo passo per cercare di allearsi con la propria rabbia è ascoltarla bene, e cercare di capire chiaramente il suo messaggio: dove ci sentiamo colpiti, cosa vorremmo. Una volta definita, con calma, la posizione che riteniamo giusta per noi, possiamo affermarla assertivamente.
Può essere molto utile scaricare gli eccessi tensivi di rabbiacon attività fisiche: frequentare una palestra, praticare sport, partecipare al tifo della la propria squadra del cuore, lavorare manualmente, ecc. Se ci sentiamo contratti, “legati”, può essere utile farsi massaggiare, qualunque sia la tecnica usata,con un buon rilassamento. Se il malessere tende alla cronicizzazione significa che vi è un comportamento, uno stile di vita ormai consolidato su cui occorre lavorare più approfonditamente con una psicoterapia con l’ausilio di specifiche tecniche.
E’ uno stato emotivo – affettivo provocato da una situazione di pericolo che può essere reale , anticipata dalla previsione, evocata dal ricordo e provocata dalla fantasia.
(Se è protratta e relativa ad oggetti , animali o situazioni che non possono essere considerati paurosi assume tratti patologici ES. fobia, angoscia, spavento, panico, ansia..)
L’emozione “PAURA” crea nell’individuo diverse attivazioni:
Attivazione Fisiologica:
( si distinguono varie intensità di paura che possono leggermente variare l’attivazione fisiologica es. paura – terrore):
tachicardia
vasocostrizione (pallore della cute)
sudore freddo
secchezza della bocca
pilo erezione
tremore muscolare
Aumento della pressione sanguigna
Aumento attività ghiandole surrenali (maggiore prod. di adrenalina)
Attivazione Espressiva:
Fronte e sopracciglia:
Sollevate
Angoli interni avvicinati tra di loro
formazione rughe orizzontali
Occhi:
Più aperti del normale
Pupille molto dilatate
Immobili e fissi
palpebra inferiore tesa e superiore leggermente sollevata
Naso
Narici dilatate
Bocca:
Aperta con lieve retrazione degli angoli
Labbra tese per cui la bocca appare più contratta
Mascella più evidente
Corpo:
Braccia protese in avanti e sollevate sopra il capo come per proteggersi con palmo delle mani rivolto verso lo stimolo è dita distese e disunite.
Gambe possono flettersi e il corpo rannicchiarsi
Voce:
Rauca e indistinta con possibili vocalizzazioni acute
A livello psicologico:
Sicuramente, la paura ha una funzione positiva, così come il dolore fisico, di segnalare uno stato di emergenza ed allarme , preparando la mente il corpo alla reazione che si manifesta come comportamento di attacco o di fuga. Inoltre, in tutte le specie studiate l’espressione della paura svolge la funzione di avvertire gli altri membri del gruppo circa la presenza di un pericolo e quindi di richiedere un aiuto e soccorso.
L’esperienza soggettiva, il vissuto fenomenico della paura è rappresentata da un senso di forte spiacevolezza e da un intenso desiderio di evitamento nei confronti di un oggetto o situazione giudicata pericolosa. Altre costanti dell’esperienza della paura sono la tensione che può arrivare sino alla immobilità (l’essere paralizzati dalla paura) e la selettività dell’attenzione ad una ristretta porzione dell’esperienza. Questa focalizzazione della coscienza non riguarda solo il campo percettivo esterno ma anche quello interiore dei pensieri che risultano statici, quasi perseveranti. La tonalità affettiva predominante nell’insieme risulta essere negativa, pervasa dall’insicurezza e dal desiderio di fuga.
Dai risultati di molte ricerche empiriche psicologiche si giunge alla conclusione che potenzialmente qualsiasi oggetto, persona o evento può essere vissuto come pericoloso e quindi indurre una emozione di paura. La variabilità è assoluta, addirittura la minaccia può generarsi dall’assenza di un evento atteso e può variare da momento a momento anche per lo stesso individuo. Essenzialmente la paura può essere di natura innata oppure appresa. I fattori fondamentali risultano comunque essere la percezione e la valutazione dello stimolo come pericoloso o meno.
Il meccanismo universale responsabile dell’acquisizione di paure apprese viene definito condizionamento, che può trasformare un qualunque stimolo neutro (ragno) in stimolo fobico (aracnofobia), mediante la pura associazione per vicinanza spaziale e temporale ad uno stimolo originariamente fonte di paura.
E’ uno stato emotivo – affettivo provocato dall’appagamento di un desiderio o dalla previsione di una condizione futura positiva con relativa sensazione di piacere diffuso.
L’emozione “GIOIA” crea nell’individuo diverse attivazioni:
Attivazione Fisiologica:
Modificazioni respiratorie
Aumento della vascolarità con arrossamento del volto
Aumento battito cardiaco
Aumento attività muscolare
Attivazione Espressiva
(si distinguono varie intensità di gioia a seconda che prevalga il sorriso o il riso):
Fronte e sopracciglia:
Distesa senza rughe
Occhi:
Più chiusi del normale
Rughe sotto gli occhi e agli angoli esterni
Palpebra inferiore sollevata e ristretta con innalzamento e ingrossamento degli zigomi.
Sguardo brillante e vivace
Naso
Sembra accorciarsi ed aggrinzirsi
Bocca:
Angoli retratti e sollevati
Apertura della bocca con esposizione dei denti ( a seconda dell’intensità)
Corpo:
Movimenti e scosse del corpo e del capo
Voce:
Squillante con vocalizzi
A livello psicologico:
Gli stati d’animo positivi possono influire in modo considerevole sia sul comportamento sia sui processi di pensiero rendendoli maggiormente adeguati e funzionali alle situazioni di vita dell’individuo. E’ poi ovvio che tutto questo si ripercuota positivamente sullo star bene dell’individuo con se stesso e gli altri.
In effetti quando le persone sono di buon umore (gioiose) pensano alle cose in modo molto diverso rispetto a quando sono di cattivo umore. Ad esempio, si è trovato che il buon umore porta a descrivere in modo positivo gli eventi sociali a percepirsi come socialmente competenti, a provare sicurezza in se stessi e autostima (Bower , 1983).
Inoltre quando si è felici si tende a valutare più positivamente la propria persona: ci si sente pieni di energia, si considerano meno gravi i propri difetti e si pensa meno alle proprie difficoltà. In ultimo, si è visto che più si è felici più si curano e si allargano i propri interessi sociali e artistici, si pone maggiore attenzione alle questioni politiche generali, ci si sente più inclini ad accettare dei compiti nuovi e stimolanti, anche se difficili (Cunningham , 1986; 1988).
…“uno stato emotivo positivo induce all’ottimismo” :
Mayer e Volanth (1985), infatti, hanno trovato una correlazione diretta tra grado di buonumore e probabilità stimata di eventi positivi.
Essere felici induce anche ad essere più audaci . A questo proposito, Isen e Patrick (1983) hanno messo in luce come la gioia tendenzialmente porti a sottovalutare la gravità dei rischi e quindi porti ad agire in modo meno prudente.
In presenza di uno stato d’animo positivo, non solo il mondo sembra più colorato e desiderabile e le azioni più facili, ma anche le persone che ci circondano sembrano migliori. E’ forse per questo che molti esperimenti rilevano come le persone felici siano più disponibili, generose e altruiste e provochino negli altri una maggior simpatia.
In ultimo, per quanto riguarda gli aspetti cognitivi, si è visto che il buon umore ha degli effetti positivi sulle capacità di apprendimento e di memoria e sulla creatività: in sostanza quando si è felici si apprende con più facilità, in misura maggiore e in modo più duraturo (Ellis , Thomas e Rodriguez , 1984; Ellis , Thomas McFarland e Lane , 1985) e inoltre si è maggiormente creativi nella soluzione dei problemi.
E’ uno stato emotivo – affettivo provocato da una situazione di pessimismo sfiducia o avvilimento che può essere reale, causata da un avvenimento drammatico (lutto), anticipata dalla previsione o evocata dal ricordo.
La tristezza può essere considerata o come preparazione al comportamento del pianto o come una forma cristallizzata di pianto inibito.
Attivazione Fisiologica:
Riduzione della pressione sanguigna
Riduzione battito cardiaco
Aumento tono e attività del tratto gastro-intestinale
Perdita del tono muscolare
In alcuni casi lacrimazione
Attivazione Espressiva:
Fronte e sopracciglia:
Sopracciglia con forma obliqua (angoli esterni abbassati e interni sollevati)
formazione di rughe trasversali nella porzione centrale e rughe verticali tra la parte centrale sollevata e l’esterna abbassata
Naso
Con narici tirate verso il basso
Occhi:
Rivolti in basso e a volte bagnati di lacrime
Palpebra abbassata e apparentemente cascanti con rughe sotto gli angoli esterni
Sguardo inespressivo e apparentemente offuscato
Bocca:
Angoli abbassati ed un po’ tirati verso l’esterno
La linea labiale assume una curvatura ad “u” rovesciata e di conseguenza il solco naso labiale si verticalizza.
Corpo:
Postura accasciata
Testa reclinata sul petto
Spalle ricurve e flesse in avanti
Movimenti rallentati.
Voce:
Tremula, flebile e lamentosa
A livello psicologico:
La tristezza rappresenta una delle modalità affettive con cui l’uomo si relaziona col mondo e permette all’uomo di superare le frustrazioni, le delusioni e le perdite. Ogni cambiamento, in quanto tale, è perdita di qualche cosa di noto e avventura dell’ignoto e quindi comporta sentimenti di tristezza per la perdita e di ansia per l’ignoto. Vivere significa affrontare continuamente cambiamenti e quindi è sempre presente la possibilità di passare dalla normale (fisiologica) tristezza alla depressione (patologica). La tristezza a seconda della sua intensità, ondeggia tra normalità e patologia : può essere infatti lutto (normale reazione alla perdita di una persona cara oppure una grave frustrazione) o malattia (si differenzia dal lutto soprattutto per durata, per quantità e per sproporzione rispetto alla causa scatenante).
La tristezza di un lutto permette, con il suo lavoro, di sciogliere il legame con la persona (o ideale) persa, che diventa un dolce ricordo e permette il recupero di nuovi rapporti affettivi e di nuovi investimenti nella realtà. Il lavoro del lutto coincide con una depressione, in cui l’oggetto d’amore perduto è tenuto in vita dentro di noi, ma il principio di realtà prende il sopravvento e si è di nuovo capaci di guardare avanti.
E’ uno stato emotivo – affettivo provocato da una situazione/stimolo che risulti particolarmente sgradevole ad una persona (spesso associato a oggetti inanimati).
Oltre che da situazioni reali esso può essere suscitato da rappresentazioni di repulsione di tipo psichico.
(Diviene patologico se generato da situazioni piacevoli).
L’emozione “DISGUSTO” crea nell’individuo diverse attivazioni:
Attivazione Fisiologica:
Cambiamenti respiratori
Battito cardiaco irregolare (accelerazione e decelerazione)
Attivazione Espressiva:
Fronte e sopracciglia:
Sopracciglia si avvicinano e si abbassano increspandosi tra di loro.
Sulla fronte si formano rughe verticali
Naso
Si rialza con raggrinzamento della pelle
Narici contratte debolmente
Solco naso labiale accentuato
Occhi:
Palpebra Rialzate
Formazione di rughe agli angoli esterni degli occhi e alla radice del naso
Sguardo obliquo
Bocca:
Labbro superiore contratto e rialzato (sensazione olfattiva)
Labbro inferiore abbassato si arrovescia come per espellere qualcosa (sensazione gustativa)
Tessuto del mento si solleva verso l’alto con formazione di possibili rughe.
Corpo:
Testa sollevata e leggermente spostata di lato
Spalle sollevate
Mani a volte in avanti con i palmi in fuori tesi a respingere l’oggetto.
A livello psicologico:
A differenza della maggior parte delle emozioni, il disgusto ha per stimolo scatenante non un essere vivente, ma un qualcosa di inanimato rappresentato essenzialmente dal cibo. Il disgusto è considerato un’emozione fondamentale, è riconosciuto universalmente nelle sue manifestazioni e secondo l’interpretazione corrente ha la funzione di proteggere dal rischio di entrare in contatto e specialmente di ingerire sostanze potenzialmente dannose. Si prova disgusto principalmente di fronte a stimoli sensoriali: vedere, toccare o essere colpiti dall’odore di qualcosa che ispira repulsione, spinge ad allontanare dal proprio campo percettivo l’oggetto disgustoso, distogliendo lo sguardo, scuotendo le dita o sputandolo se lo si era già messo in bocca (Garotti, 1992).
Disprezzo
E’ uno stato emotivo – affettivo provocato da una totale mancanza di stima verso qualcuno o qualcosa (più spesso associato a esseri viventi).
L’emozione “DISPREZZO” crea nell’individuo diverse attivazioni:
Attivazione Fisiologica:
Cambiamenti respiratori
Battito cardiaco irregolare (accelerazione e decelerazione)
Attivazione Espressiva (spesso definita come sogghigno):
Fronte e sopracciglia:
Inarcamento e sollevamento di un solo sopracciglio
Formazione di lievi rughe concentriche al di sopra del lato facciale contratto
Naso
Aggrinzimento della pelle
Narici contratte
Breve espirazione
Solco naso labiale di un solo lato facciale più accentuato a causa del sollevamento della guancia
Occhi:
Formazione di rughe sottili all’angolo esterno di un solo occhio
Sguardo obliquo con occhi che guardano di lato e verso il basso
Bocca:
Labbro superiore contratto e rialzato in senso unilaterale
Dente canino scoperto con relativa retrazione labiale
Corpo:
Viso rialzato
Testa inclinata all’indietro da un solo lato
Possibile sollevamento di una spalla che viene spinta leggermente in avanti
Atteggiamenti che creano distanza con l’oggetto del disprezzo
Voce:
E’ presente talvolta un riso derisorio
A livello psicologico:
Anche il disprezzo ha una valenza adattiva. In una prospettiva evoluzionistica lo si può considerare come una modalità espressiva che serve per preparare l’individuo o il gruppo a fronteggiare un avversario pericoloso, un nemico (D’Urso e Trentin, 1992).
L’emozione del disprezzo, viene espressa prevalentemente nelle situazioni di interazione sociale. In particolare, secondo Garotti (1982), il disprezzo verso un altro individuo è provocato soprattutto da comportamenti trasgressivi di norme morali, dal tradimento della fiducia, dalla trasgressione di convenzioni sociali, da comportamenti aggressivi e violenti, da atteggiamenti immotivati di superiorità, da insincerità e falsità.
E’ uno stato emotivo-affettivo che insorge quando interviene un evento inaspettato o contrario all’aspettativa.
Tale emozione causa un improvviso cambiamento della direzione dell’attività.
L’emozione “SORPRESA” crea nell’individuo diverse attivazioni:
Attivazione Fisiologica:
Aumento frequenza cardiaca
Modificazione del ritmo respiratorio con un iniziale inspirazione seguita da un blocco della respirazione e conseguente respirazione superficiale conseguenza dell’attenzione data allo stimolo.
Attivazione Espressiva:
Fronte e sopracciglia:
Sopracciglia sollevate
Sopracciglia ferme e ricurve
Rughe orizzontali su tutta la fronte disposte in linee concentriche e parallele alle sopracciglia
Occhi:
Spalancati
Sclera (parte bianca) chiaramente visibile sopra e sotto l’iride.
sguardo apparentemente fisso e immobile
Bocca:
Aperta e di forma ovale
Labbra leggermente sporte in avanti
Mascella cade sotto il proprio peso
Corpo:
Mani aperte con palmo rivolto verso lo stimolo e dita disgiunte o portate in alto sopra la testa o ripiegate all’altezza del viso o portate alla bocca e su una parte qualsiasi del corpo in una sorta di auto contatto.
Voce:
Talvolta vi può essere emissione di suono che si caratterizza come un profondo “OH”
A livello psicologico:
La sorpresa è generalmente positiva, forte e con un grado di attivazione molto alto, è un evento al quale non eravamo preparati.
Il cuore batte forte e noi ci sentiamo quasi sospesi…è di breve durata e velocemente cambierà la sua forma e si trasformerà in un’altra emozione (esempio gioia).
– Cunningham,M.R.(1988a), Does happiness mean friendliness?: Induced mood and hetero-sexual self-disclosure. Personality and Social Psychology Bulletin, 14, 283-297
– Cunningham, M.R. (1988b). What do you do when you’r e happy or blue ? Mood, expect-ancies, and behavioral Interest Motivation and Emotion,12, 309-331
– Cunningham, M.R., Steinberg, J., & Grcv, R.(1980). Wanting to and having to help: Separat e motivations for positive mood and guilt induced helping. Journal of Personality and Social Psychology, 38, 181-192
– D’URSO V. e TRENTIN R. Sillabario delle emozioni, Giuffrè 1992
– FILLIOZAT I., Le emozioni dei bambini, PIEMME Alessandria, 2001
– FILLIOZAT I., Il quoziente emotivo, PIEMME Alessandria, 1998
– FRANCESCATO D.-PUTTON A.-CUDINI S., Star bene insieme a scuola, CARROCCI Roma, 1998
– FREUD, Al di là del principio del piacere, in OPERE Vol. 2 BORINGHIERI Torino 1979
– MASLOW J., Verso una psicologia dell’essere, ASTROLABIO Roma 1971
– PIAGET J., Lo sviluppo mentale del bambino, EINAUDI Torino 1967
– DARWIN C., 1871, L’Origine dell’uomo. EDIZIONE STUDIO TESI (1991).
– C. LO PRESTI, L’alfabeto delle emozioni, EDIZIONI LA MERIDIANA, 2007
– DI PIETRO M., “L’ABC delle mie emozioni” EDIZIONI ERIKSON, Trento (Illustrato da Stefano Mariani).
– FRAISSE Paul, PIAJET Jean, Traité de psychologie expérimentale: motivation, émotion et personnalité,1963.
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