Ambiente e identità. Gli effetti psicologici dell’inquinamento

Ambiente e identità.
Gli effetti psicologici dell’inquinamento
Data la complessità dell’argomento verranno affrontati le seguenti tematiche:

1. Identità di sé
2. Identità sociale
3. Identità di luogo
4. Stress ambientale/Frustrazione
5. Stress e impotenza appresa
6. Effetti dovuti allo stress/inquinamento ambientale
sulla fisiologia
sulle relazioni interpersonali
sui compiti cognitivi
sui comportamenti
sulla psiche
7. -adattamento allo stress
8. -percezione del rischio

Ambiente e identità. Gli effetti psicologici dell’inquinamento.

“Il pensiero ecologico (…) rivela un sé nobilitato ed esteso, in quanto parte del paesaggio e dell’ecosistema, la bellezza e la complessità della natura sono in continuità con noi (…), dobbiamo affermare che il mondo è un essere, una parte del nostro proprio corpo” (Shepard, 2006). Per approfondire al meglio gli effetti psicologici dell’Ambiente inquinato, e, quindi, la connessione diretta che c’è tra psiche e ambiente, è opportuno conoscere prima la “psiche”, quindi i Processi di identità e successivamente comprendere i disturbi psicologici che l’inquinamento crea su di noi.
La maggior parte degli studi empirici sull’identità condotti fino ad ora hanno evidenziato l’importanza di tre principali aspetti dell’identità:

  1. Identità di Se’ (Teoria dell’identità, Stryker & Burke, 2000). I comportamenti che hanno maggiore probabilità di essere messi in atto sono quelli che hanno con l’identità in questione, una serie di significati sociali (Sparks & Shepherd, l992). L’identità delle persone infatti è legata anche agli ambienti che si “sperimentano”, poiché i processi psicologici che la strutturano e definiscono comprendono anche le relazioni con gli oggetti, le persone, i luoghi e i simboli.
    Es.: è molto probabile che chi “ama la vita”, se informato e quindi consapevole del male che l’ambiente sta subendo, assuma posizioni contrastanti con un grosso polo siderurgico che non rispetta le prescrizioni legislative italiane ed europee, che limitano le emissioni di inquinanti nell’ambiente.
  2. Identità sociale (Teoria dell`identità Sociale, Tajfel, 1981; Tajfel & Turner, 1979; Capozza & Brown, 2005). L’identificazione con un gruppo può predire la messa in atto di comportamenti volti a perseguire o a difendere gli interessi di tale gruppo (Terry, Hogg & White, 1999).
    Es. Se nel mio gruppo/famiglia ci sono casi di tumore io cercherò di difendere la salute combattendo le cause di tali incidenze.
  3. Identità di luogo. (Proshansky, Fabian & Kaminoff, 1983; Bonaiuto, Twigger & Breakwell 2004). Quando il comportamento pro-ambientale, connesso con un certo luogo, acquisisce un valore positivo per il gruppo, esso potrebbe essere visto come funzionale al mantenimento di un‘identità di luogo (e sociale) positiva (Uzzel et al. 2002).
    Le persone si dovrebbero impegnare per proteggere il proprio ambiente, in quanto parte integrante della propria identità.
    Secondo Proshansky, Fabian e Kaminoff (1983), l’identità di luogo è un costrutto centrale della Psicologia Ambientale, che recentemente è stato contemplato anche all’interno delle teorie dell’identità sociale (Bonaiuto et al., 2004). Con identità di luogo si intende una sub-struttura cognitiva dell’identità, che favorisce le funzioni integrative del Sé e che si alterna tra dimensione individuale e sociale. L’esperienza riguarda sempre ambienti fisici connotati da significati e credenze sociali A livello psicologico, riferendoci alla “Teoria dell’Attaccamento” di Bowlby (1969), che ha catalizzato l’interesse della Psicologia Ambientale sulla natura affettivo-emozionale del rapporto uomo\ambiente, possiamo parlare di “attaccamento di luogo” riferendoci a quei condizionamenti positivi, a volte inconsapevoli, che si acquisiscono nel tempo, grazie ai legami comportamentali, affettivi e cognitivi tra gli individui e/o i gruppi e i loro ambiente socio-fisico (Brown e Perkins, 1992). Dunque, i sentimenti che noi sentiamo nei riguardi dei “nostri” luoghi (e delle relative comunità di cui facciamo parte) definiscono meglio la nostra identità, e danno un significato alla nostra esistenza (Giuliani, 2003).
    L’ attaccamento di luogo ha importanti funzioni, come dare stabilità, sicurezza e difesa all’identità personale; questo è un processo dinamico, in quanto le trasformazioni dei luoghi, delle persone e delle attività causano cambiamenti nelle modalità di attaccamento, le quali si creano e ricreano continuamente.
    L’ambiente residenziale è tra i luoghi con cui una persona sviluppa una relazione di attaccamento, senza subbio il più importante (e quindi il più studiato), per la sua salienza relazionale e temporale nell’arco di vita di una persona. Cosi come per la soddisfazione residenziale, anche l’attaccamento residenziale, può riferirsi ad un continuum su scala territoriale sempre più esteso, andando dalla propria abitazione alla propria città e assume significati sempre più sociali quando investe territori di scala più ampia (la propria regione e il proprio stato; cfr. Mura, 2005).
    L’identità di luogo ha un effetto di attenuazione sulla percezione della pericolosità di una fonte inquinante locale, infatti ci sono studi empirici che hanno messo in evidenza come l’ identificazione regionale (un`identità di luogo specifica) sia in grado di mediare la percezione dell’inquinamento del proprio ambiente: i soggetti più identificati con la propria regione hanno una minore percezione di inquinamento, mostrando una tendenza simile a quella dell’identità sociale, percependo soprattutto gli aspetti positivi del proprio gruppo, per mantenere un livello elevato di autostima (Bonaiuto et al., 1999).
    Identificarsi fortemente o essere particolarmente attaccati ad un determinato luogo porta le persone a mettere in atto comportamenti protettivi verso quel luogo… A livello psicologico si può parlare anche di difesa, al fine di rendere meno terrificante la realtà e difenderci quindi dalle “somatizzazioni”. Le persone si impegnerebbero a proteggere il proprio ambiente in quanto parte integrante della propria identità (Bonnes, Carrus & Passafaro, 2006; Carrus et al. 2005; Stedman, 2002). Da quanto detto si può quindi ipotizzare che la popolazione di Taranto sottostimi l’inquinamento prodotto dai grossi insediamenti come ILVA, Cementir, Inceneritori, Cantieri Navali della Marina Militare, Eni ecc., non ribellandosi a questa ingiusta situazione, anche a causa dell’effetto delle “difese interne” che agiscono per mantenere una adeguata identità di luogo e proteggono l’individuo dalla “frantumazione dell’io”.
    Nonostante i cittadini mettano in atto delle difese, comunque l’inquinamento atmosferico può effettivamente causare uno stato ansioso e di paura, in quanto esso attacca i processi di percezione “sana” dell’identità. La percezione di una minaccia, che non è ben chiara o che non viene adeguatamente spiegata pubblicamente, può determinare alcune malattie psicosomatiche e forme maniacali. Queste malattie, tra 1’altro, dovrebbero avere maggiore frequenza (a causa dell’effetto “impotenza appresa” che approfondiremo in seguito) in città in cui, soprattutto per scelta politica od economica, si tende a nascondere un eventuale pericolo o addirittura dei dati di fatto, al fine di tutelare la posizione di pochi piuttosto che l’intera comunità. Questo avviene perché tali scelte politiche, sbagliate, mettono il cittadino nella condizione di avvertire maggiore senso di “malessere” a causa della sua impotenza. Vedi il caso il caso ILVA: nonostante gli elevati valori degli inquinanti emessi, si tende ad insabbiare la reale situazione del territorio. A tal proposito appare emblematico ricordare come lo stesso dirigente dell’azienda ILVA, Emilio Riva, in una intercettazione telefonica abbia definito il suo addetto alle pubbliche relazioni, Girolamo Archinà, “maestro degli insabbiamenti”.
  4. E’ ormai di uso comune parlare di stress ambientale, per definire una “condizione ambientale fisica e sociale che la persona percepisce come attualmente o potenzialmente rischiosa dannosa o deprivante” (Lepore & Evans, 1996, p.350).Esempi di stressors sono l’Inquinamento cronico dell`aria, il rumore, l’affollamento, il cambiamento climatico, gli incidenti, i disastri ambientali (Lepore & Evans, 1996).Peron e Saporiti, nel 1995 individuano 5 stressori principali dovuti all’ambiente urbano:1. rumore2. affollamento3. traffico4. variazioni di temperatura5. inquinamento dell’ariaSi stanno diffondendo nei paesi industrializzati e nelle grandi città, manifestazioni di panico da parte delle persone che si trovano costrette ad inalare area rarefatta, sostanze tossiche ecc. Basta immaginare luoghi molto affollati come metro, autobus, treni ecc. In queste situazioni la causa degli attacchi di panico è da attribuire senza dubbio a tanti fattori, ma soprattutto all’inquinamento atmosferico, in particolare alla presenza di anidride carbonica e polveri sottili in quantità eccessive, che influisce sui chemiorecettori cerebrali, responsabili dell’eccessiva stimolazione del sistema nervoso attraverso i sensi e quindi degli attacchi di panico.Lo stress ambientale ha diversi effetti psicologici negativi.
  5. Seligman già nel 1975 parlava di “Stress e impotenza appresa” proprio per descrivere quella situazione in cui, persone o animali sperimentano un evento che non sono in grado di controllare e quindi sviluppano l’aspettativa di una mancanza di controllo in situazioni analoghe.
    Oggi è possibile parlare di “frustrazione”: essa viene definita come reazione a quelle situazioni in cui viene a trovarsi una persona quando è ostacolata, temporaneamente o in modo permanente, rispetto alla possibilità di soddisfare i suoi bisogni. Le caratteristiche fisiche del contesto di vita possono influenzare la soddisfazione dei bisogni di singoli individui o di interi gruppi. L’incontrare ostacoli al soddisfacimento dei bisogni è solitamente da considerarsi la normalità nel corso dell’esistenza, ma esistono dei casi, vedi l’inquinamento di Taranto che causa continui decessi, in cui tale condizione non può essere definita “normale”.
    Riveste un ruolo fondamentale quindi la percezione di controllo o la self efficacy. Per self efficacy si intende la convinzione che le persone hanno circa la loro efficacia personale di organizzare e dirigere le loro abilità e risorse per mettere in atto un`azione che li condurrà alla conseguenza desiderata (Bandura, 1977).
    Se il rischio è quindi imposto dall’esterno, vedi l’inquinamento di Taranto, esso è percepito come più intollerabile e grave, rispetto ad un rischio a cui ci si espone volontariamente (per esempio il fumare sigarette).
    L’impotenza appresa assume quindi il significato di Incapacità acquisita (Learned helplessness), cioè esposizione incontrollata agli stimoli negativi. L’andamento dei fenomeni non desiderati viene considerato del tutto indipendente dalle azioni, quindi vi è un abbassamento nella motivazione, con evidenti ripercussioni a livello di stress cognitivo e quindi con conseguenti effetti (Seligman, 1975) sull’umore.
  6. In base a quanto teorizzato e spesso rilevato sino ad oggi in letteratura e ricerca sul campo, si possono ipotizzare, e in molti casi confermare, diversi

    effetti dovuti allo stress/inquinamento ambientale:

    sui compiti cognitivi
    • diminuzione dell’attenzione nei compiti di vigilanza (Hockey,1979; Herzog, 1997);
    • diminuzione della memoria nei compiti cognitivi che coinvolgono l’attenzione, la memoria a breve termine, la memoria incidentale (Hockey,1979);
    sulle relazioni interpersonali
    • altruismo e cooperazione (unirsi per difendere la causa);
    • aggressività (Herzog, 1997). Le conseguenze dello stress si estendono poi anche alle relazioni interpersonali e agli affetti. In particolare è stato dimostrato che in condizioni di stress spesso recede il livello di altruismo e di cooperazione tra gli individui e si registra un incremento delle condotte aggressive (Cohen,1980);
    sulla fisiologia:
    • mutazioni genetiche;
    • cambiamento dei livelli ormonali a causa di sostanze tossiche o come semplice conseguenza del1’alterazione del benessere psicofisico (aumento delle catecolamine e corticosteroidi, sviluppo di cellule tumorali);
    • attivazione del sistema nervoso autonomo (aumento della pressione sanguigna, della conduttanza cutanea, della frequenza respiratoria, della tensione muscolare, variazione del battito cardiaco) (Evans e Cohen,1987);
    • malattie respiratorie acute e croniche, neoplasie, compromissione di altri organi (vedi tabella 2,3,4), disfunzioni varie all’apparato cardiovascolare, apparato gastroenterico, sistema neuro-immunoendocrino, sistema nervoso centrale, apparato respiratorio, altri organi e apparati;
    • aumento di probabilità nel contrarre il raffreddore, l’influenza, e le infezioni batteriche (Cohen,Tyrrell e Smith, 1991; Cohene Williamson, 1991);
    sui comportamenti:
    • comportamenti malsani;
    • riduzione delle ore di sonno;
    • mancanza di attività fisica;
    • poca attenzione e rispetto della natura (grazie all’acquisizione del “modello negativo”);
    sulla psiche:
    la sintomatologia psicosomatica conseguente si sviluppa per stadi progressivamente sempre più gravi, mano a mano che si è sottoposti agli stressors ambientali;
    • disturbi dell’attenzione e della memoria, quindi autopercezione di non essere all’altezza delle situazioni;
    • stress;
    • sindrome da impotenza;
    • rabbia/paura (nervosismo, ansia, attacchi di panico…);
    • nevrosi e idee ossessive;
    • depressione, rassegnazione;
    Il tempo di durata e l’intensità dello stress ambientale fanno sì che, cosi come accade con tutti gli stimoli continui ed incontrollabili subiti dall`uomo/bersaglio, a seconda delle qualità dello stimolo, si tende ad avere risposte differenti.

  7. Abbiamo infatti visto la reazione di “impotenza appresa”, ma si potrebbe anche avere una risposta di adattamento allo stress. L’effetto di adattamento è comunemente riscontrabile in tutte le ricerche che si sono occupate di rischio tecnologico (nelle ricerche sul nucleare, per esempio effettuate da Melber, Nealey, Hammersla e Rankin, 1977; Van der Pligt, 1992). E’ di estrema importanza sottolineare che nelle specifiche ricerche sul nucleare questo effetto è spiegato in termini di assenza di esperienze negative immediatamente riscontrabili come conseguenti all’installazione della centrale, quindi di riduzione della dissonanza cognitiva o di adattamento cognitivo. In breve, l’adattamento è molto più difficile quando si assiste alla presenza di esperienze negative, come tumori conseguenti ad esposizione prolungata agli inquinanti (vedi il caso di Marghera in Veneto o l’Ilva a Genova e Taranto). Nella ricerca di Lima (2004), sull’installazione di un inceneritore, si osserva l’effetto di adattamento sul livello di percezione del rischio, ma allo stesso tempo un aumento dei sintomi psicologici (ansia, depressione e stress) riportati dai residenti. Questi risultati sono interpretati dall’autrice come conseguenza delle continue “suggestioni” prodotte da danni derivanti dal vivere nei pressi dell’istallazione nucleare.
    Pensando al caso Taranto, quindi, è possibile ipotizzare che le persone, essendo consapevoli che l’aria che respirano non è sana, quindi consapevoli di essere continuamente sottoposti ad inquinanti, presentino un aumento di sintomi psicologici, come stress e depressione.
    Riassumendo schematicamente, l’adattamento allo stress, che spesso ha effetti di conservazione della specie, ha in questi casi conseguenze negative, quali:
    abitudine. Quindi abbassamento della sensibilità allo stress e relativa conseguente esposizione agli stressors, senza corretta valutazione del rischio, sottostimando il pericolo;
    generalizzazione della risposta. L’individuo adotta la modalità di adattamento (per es. abbassa la sensibilità a quello stress) anche in altre situazioni, per esempio in assenza dello stimolo o difronte a stimoli simili anche se nocivi;
    disturbi fisici e psichici a lunga durata quindi sensibilità alle malattie e abbassamento delle difese immunitarie;
    comportamenti aggressivi e vandalici (Moser, 1992) a causa del senso di impotenza nel controllo della fonte di inquinamento, processo di pensiero altamente frustrante a livello psichico.
  8. Bisogna anche considerare, in questo panorama di effetti e cause dell’inquinamento atmosferico, l’importante influenza che ha livello psicologico la percezione del rischio.
    Lazarus e Folkman (1984) hanno osservato che, in generale, le conseguenze sulla salute psichica delle persone che vivono in un ambiente stressante dipendono in primo luogo dalla valutazione della minaccia e in secondo luogo dalle risorse che le persone hanno per affrontarla.
    In questa prospettiva, la percezione del rischio delle persone che vivono nei pressi di un impianto industriale è collegata a un basso senso di controllo e a una bassa conoscenza della minaccia esistente. Questo porterebbe, di conseguenza, ad un aumento dello stress psicologico e psicofisico (Lima, 2004) e una modificazione della qualità della vita delle persone (Spedden, 1998). Se prima il concetto di rischio era inteso solo in termini di eventi di origine esclusivamente naturale (inondazioni, terremoti…), sin dal diciassettesimo secolo si include anche la responsabilità umana agli eventi di origine naturale; durante il periodo illuminista il concetto è stato affiancato a quello di probabilità di esiti negativi o positivi (Lupton, 2003). Attualmente il termine rischio viene legato a parole come pericolo, minaccia, azzardo e danno, quindi oggi non è più associato, come in epoca illuminista, ad eventuali esiti positivi, ma quasi esclusivamente a quelli negativi. Deplano G. in “la percezione del rischio” (2011) evidenzia come il rischio è elaborato dal nostro sistema cognitivo attraverso due vie:a) la via analitica (logica);
    b) la via esperienziale (emotiva).a) La via analitica, situata nella neocorteccia, ci permette di elaborare le informazioni in maniera logica. Questa forma di elaborazione è lenta e richiede un grande impegno cognitivo, quindi non è adatta quando si deve prendere una decisione velocemente (come accade nella maggior parte dei nostri comportamenti quotidiani), ma è più indicata quando si vuole valutare e ponderare con calma un rischio che si deve affrontare (per esempio nel caso di impatto ambientale delle industrie nella propria città).b) La via esperienziale è, invece, veloce ed automatica. Secondo alcune ricerche sembrerebbe che questa via funzioni tramite le reazioni emotive che sono associate al rischio; se la reazione è positiva allora l’oggetto non è rischioso. Gli individui creano con l’esperienza una serie di connessioni in memoria; esse sono il frutto del rapporto tra il rischio e le emozioni associate: in questo modo si dà vita ad un processo automatico di reazione al rischio. Spesso queste reazioni sono veicolate da immagini che possediamo nella nostra mente: “le informazioni sul rischio hanno un impatto sul nostro comportamento solo se riescono a creare nella nostra mente immagini cariche di emotività” (Savadori, 2003, pag.233). Questo processo di creazione di immagini è quindi influenzato dalle caratteristiche che il rischio stesso possiede.Sulla base di quanto detto si può affermare che se una tecnologia mette in pericolo la vita a breve termine, in particolare dei bambini, questa è percepita dalla gente comune come più rischiosa rispetto ad una tecnologia che invece può colpire più lentamente, in tarda età.
    Per questa ragione, lo studio di come le persone percepiscono un rischio diventa centrale, al fine di comprendere come gli individui lo affrontano. I primi studi scientifici sulla percezione del rischio sono stati condotti da Starr nel 1969. Slovic e colleghi, a partire dal 1978 (Fischoff et al. 1978, 1983; Slovic et al. 1980, 1985; Slovic et al. 2005; Slovic & Peters, 2006) hanno sviluppato il paradigma psicometrico. Lo scopo principale di questo ambito di ricerca è quello di identificare le strategie mentali, o euristiche, che i cittadini comuni utilizzano per formulare i giudizi sul rischio (Slovic, 1987). Attraverso questo paradigma sono state individuate una serie di caratteristiche variabili del rischio (vedi tabella 1) che esercitano un impatto sui processi di codifica e sui conseguenti comportamenti, come la distinzione fra rischi comuni e terrificanti, oppure cronici e catastrofici.
    TABELLA-le-caratteristiche-del-rischio-de-planoTabella 1 (modificata Deplano G. La percezione del rischio, 2011) (Fischoff et al. 1978, 1983; Slovic et al., 1980, 1985; Slovic et al., 2005; Slovic & Peters, 2006) .
    Approfondendo il concetto di “percezione del rischio” i dati Istat del report “popolazione e ambiente” (si veda successivamente nel capitolo “ricerche”) hanno evidenziato, attraverso percentuali precise, “come e cosa” gli Italiani nel 2012 consideravano pericoloso per la loro salute. La popolazione percepiva come rischioso ai primi posti l’emergenza “inquinamento dell’aria, acqua, suolo, produzione e smaltimento rifiuti, cambiamenti climatici ecc., emergenze queste dovute tutte al comportamento dell’uomo e quindi da esso dipendenti.
    Anche una equipe di studiosi Cinesi e Nederlandesi (per approfondimenti si rimanda a Zhengtao Lia, Henk Folmera, Jianhong Xueb nel capitolo “ricerche”) nel loro costrutto teorico considerano cruciale, per essere felici, una bassa percezione del rischio ambientale.
    Danon (2006) parla di casi di depressione, evidenziandoli come risultato della “sensazione di mancanza del futuro indotta dall’emergenza ambientale” e anche a causa dei “lutti non riconosciuti e non superati, relativi a disastri ambientali: come è successo a volontari in Galizia, dove le spiagge sono diventate nere di petrolio; operatori umanitari in Amazzonia, rimasti sconvolti dallo scempio; operatori antincendio in Liguria: situazioni in cui non si è riuscito ad evitare la distruzione dei territori che si amano (molte persone vivono con sofferenza la sostituzione di boschi, campi e natura incontaminata con distese di cemento) .
    Come afferma quindi anche Perussia:” L’immagine della natura che portiamo dentro di noi influenza le nostre scelte e i nostri comportamenti, determina il nostro stile, si riflette sugli stati d’animo e interagisce con le dinamiche profonde della personalità” (1989, p. 7).
Bibliografia INQUINA-MENTE
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INQUINA-MENTE-copertina-dr-Zinzi-NARCISSUS“INQUINAMENTE”. Psiche ed inquinamento. Immaginazione o realtà?
“Ipotesi” sulle cause ed effetti psicologici dell’inquinamento.  Stimoli ed eventi traumatici subiti e “possibili” reazioni psicologiche dei cittadini.
ISBN: 9786050369953

Editore: Narcissus Self Publishing
Data di pubblicazione:  2015

Per approfondimenti sulla possibile connessione tra la psiche e l’inquinamento leggi anche gli articoli:

1 – Psicologia Ambientale. Interdipendenza tra ambiente e uomo.
2 – Ambiente e identità. Gli effetti psicologici dell’inquinamento

  1. Identità di sé
  2. Identità sociale
  3. Identità di luogo
  4. Stress ambientale/Frustrazione
  5. Stress e impotenza appresa
  6. Effetti dovuti allo stress/inquinamento ambientale
    -sulla fisiologia
    -sulle relazioni interpersonali
    -sui compiti cognitivi
    -sui comportamenti
    -sulla psiche
  7. adattamento allo stress
  8. percezione del rischio Ambiente e identità. Gli effetti psicologici dell’inquinamento.

3 – Ecco qui di seguito una raccolta delle poche ricerche scientifiche sull’argomento:

4 – Il Caso (ILVA e non solo) Taranto (INQUINA-MENTE)

Immaginazione o realtà? “Ipotesi” sulle cause ed effetti psicologici dell’inquinamento a Taranto.  Stimoli ed eventi traumatici subiti e “possibili” reazioni psicologiche dei cittadini.

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