Una ragazza che non vuole più essere una “suicide girl”
Approfittando del suo bel talento nella scrittura le ho chiesto di scrivermi qualcosa da pubblicare sul suicidio, sull’autolesionismo, sulle urla di dolore dell’anima…Molto interessante quello che mi ha scritto!!
“Vorrei avere la clessidra del tempo per poter cassare tutto ciò che mi ha gelato, bloccato; per chiedere scusa a me stessa, per tutte le volte che non mi sono voluta bene abbastanza, per tutte le volte che ho creduto di non essere abbastanza, voglio chiedere scusa a me stessa perché ero bella e non sapevo di esserlo.
Ha deciso di chiedere aiuto ad uno psicoterapeuta perché non vuole più affondare nel dolore.
– Ma davvero vuole morire?
– Nessuno si suicida perché vuole morire.
– E allora perché lo fa?
– Perché vuole fermare il dolore.
(Tiffanie DeBartolo)
Ecco cosa mi ha scritto:
“Bene visse colui che poté morire come volle.” (cit. Publilio SIRO)
In un giorno qualunque, che sia freddo o caldo, che ci sia gente o ci sia solo la balla di fieno rotolante, capita di restare soli con i propri pensieri, succede che ad un certo punto ci si ferma quasi immobilizzati dalla confusione delle emozioni, ripercorrendo gli errori commessi, così da sembrare tutto funesto ma nulla che non possa ritornare al suo posto.
Arrivati a un certo punto della propria esistenza, sparire risulta l’unica strada aperta nel labirinto della follia.
In un periodo particolarmente fragile della mia esistenza mi sono ritrovata a voler prendere per mano la morte. Non avevo più paura della morte, amavo sfidarla, la beffeggiavo la sentivo vicina e avvertivo di esser più attaccata all’idea di morte che non al concetto di vita. Ero stata travolta da un senso di negatività che andava oltre il normale, sentivo sulle mie spalle spingere verso il basso, ed io piano piano sprofondavo, lentamente giorno per giorno, senza accorgermi di nulla. Il dolore l’ho conosciuto sulla mia pelle, bruciandomi e lasciando le ferite gocciolanti di sangue.
Ho cercato di fuggire da questa vita in tanti modi, un giorno presa dalla disperazione, mi sono connessa sul motore di ricerca Google, cercando dei modi per potersi suicidare, iniziando a incuriosirmi e leggendo di altri utenti che cercavano come me, un modo per sparire da questo mondo fatto male forse per noi o forse siamo noi fatti male per questo mondo. Solo più tardi è uscita la BlueWhale, una soluzione, una macchina della morte.
Ho iniziato a farmi del male da sola, attraverso un autolesionismo fisico, mentale e spirituale; prediligevo alcool e pillole; tagli sulle braccia; tentativi di salto nel vuoto da qualsiasi posto che assicurasse la buona riuscita per dissolversi nell’aria; ma prima di questo ho smesso di mangiare e se ogni tanto ingerivo dei solidi poi li vomitavo ho iniziato a morire ancor prima di suicidarmi. La sensazione è disarmonica, sgradevole, come sentirsi posseduti da una entità astratta, una altra persona, attorno il vuoto e l’assenza, la solitudine che incombe mentre c’è chi continua a dirti che non sei sola, ma la solitudine divora l’anima. Inizia un pianto a non finire, tremolio, dolore un dolore così troppo grande da fronteggiare che l’unica soluzione sembra quella della morte, per porre fine al maledetto dolore.
Dunque si fonde quella voglia di sparire e di non tornare più, legata ad un forte desiderio di riscatto a quel quasi invisibile barlume di luce nascosto dal bambino, dal senso di purezza, quella parte di me che vuole restare qui, radicata sulla terra come un albero.
Ma infondo chi vuole morire? Ho sempre sperato che qualcuno venisse a salvarmi… In quei momenti non te ne frega nulla, vuoi solo sparire e non c’è nulla di risolvibile ti avvolge una nube tossica di cattivi pensieri che si affollano si confondono ed è caos.
Non ho paura dell’altezza, non la temo anzi lei mi attrae continua ad attrarmi nei momenti dove nel buio non riesco a vedere nulla, pesantezza dell’anima che con un bel salto si libera. Basta aprire le braccia, respirare, saltare ed è fatta… scompaio portandomi via tutto e non esisto più da nessuna parte.
Un pensiero che può liberarti per un attimo da una gabbia di pregiudizi, preconcetti, tristezza, angoscia e passato…Suicidio, ultimamente ci penso spesso.
Il mio cervello costruisce immagini di violenza e le miei visioni rischiano di diventare realtà.
“Il suicido […] è accettazione del proprio limite” diceva Camus.
Io a quel limite ci sono arrivata troppe volte, disegnando sul viso un falso sorriso, sfoggiando la convinzione di luce come fosse un diamante, un gioiello un accessorio. Insomma vorrei avere la clessidra del tempo per poter cassare tutto ciò che mi ha gelato, bloccato; per chiedere scusa a me stessa, per tutte le volte che non mi sono voluta bene abbastanza, per tutte le volte che ho creduto di non essere abbastanza, voglio chiedere scusa a me stessa perché ero bella e non sapevo di esserlo.
La ragazza che ha scritto queste pagine è all’inizio del suo percorso di psicoterapia. Attualmente sta conoscendo meglio se stessa, cercando di trasformare il suo modo di vedere ed affrontare la vita, da distruttivo a costruttivo.
E’ proprio la capacità ed intelligenza di saper chiedere aiuto che, previene gesti estremi di dolore e dovrebbe rappresentare il primo passo per il ben-essere!!
Anche in questo caso emerge quanto possa essere importante intervenire a scopo preventivo attraverso internet. Sembra essere proprio il web, Google, i forum, i blog, i social… “il mondo” in cui si inizia a coltivare “l’istinto di morte”. Rischiando di trovare false conferme ai propri malesseri e cadendo in un vortice di malessere fatto di ossessioni e modalità di pensiero controproducenti.
dr Ettore Zinzi
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