VITTIMISMO PATOLOGICO, MANIPOLAZIONE, VITTIMMISMO ISTERICO …
Per esserci una vittima c’è necessariamente bisogno di un carnefice!!
E’ palese l’esistenza di carnefici, maniaci, ossessivi, assassini, stalker ecc. che mietono vittime, meno conosciuto è invece il mondo delle false vittime e falsi carnefici. Esploriamo e prendiamo consapevolezza di quanto è pesante e dannoso il vittimismo, per la stessa vittima (di se stessa) e per le “vere” vittime del vittimismo (finto carnefice).
Il vittimismo è un atteggiamento di vita sia auto che etero distruttivo, impedisce qualsiasi tipo di evoluzione relazionale.
E’ molto importante sottolineare che il vittimista o falsa vittima non finge di soffrire, ma soffre davvero molto e che l’unica strategia che conosce/adotta per non sentire la sua sofferenza è quella non funzionale del fare la vittima.
Non è presente nel manuale diagnostico dei disturbi mentali (DSM) alcuna categoria che ne classifichi specificatamente il disturbo né tantomeno usi il vittimismo tra i sintomi.
Il vittimismo ha molti sintomi e caratteristiche presenti nel disturbo istrionico di personalità, dove lo stile comportamentale è caratterizzato dal richiamare in modo eclatante l’attenzione verso se utilizzando tutti i modi possibili (attraverso l’abbigliamento, il trucco, il linguaggio, gli atteggiamenti caricati sessualmente ecc.).Anche nei disturbi fittizi ci sono molti tratti comportamentali e di personalità presenti nel vittimista isterico, come nella Sindrome di Münchhausen dal nome di un barone che era solito raccontare frottole ingigantendo la realtà, tale disturbo caratterizza quelle personalità che per guadagnarsi lo “status” di malati, sono spesso in ospedale a lamentarsi di disturbi inesistenti, e lo fanno in modo così insistente e convinto da riuscire anche a crearseli realmente riuscendo quindi ad attirare l’attenzione su di sé.
Il vittimista ha costante bisogno di attenzione, desidera in tutti i modi farsi notare e per fare questo ovviamente utilizza la manipolazione. Assumere quindi il ruolo di malato, di persona che soffre, fondamentalmente per attirare le attenzioni dei più buoni e sensibili.
Il vittimista è sempre e comunque pronto a fare la vittima in cerca quindi di possibili carnefici e qualora non sia possibile trovarne anche il mondo potrà essere etichettato come avverso. La “falsa vittima” sviluppa il suo potere psicologico sul “finto carnefice” esaltando l’offesa subita e manifestando il suo dolore al fine di colpevolizzarlo e invischiarlo in questo perverso e pericoloso gioco. Anche se il vittimista mostra complicità allo stesso modo utilizzerà tale atteggiamento per confermare il suo vittimismo.
CARATTERISTICHE DEL VITTIMISTA
Superando i possibili riadattamenti offerti dalle categorie diagnostiche nel manuale dell’American Psychiatric Association DSM, sembra utile elencare alcuni dei tratti comuni nelle false vittime:
- Distorcono la realtà
- Si compiacciono lamentandosi
- Si autogiustificano delle loro scelte ed eccessi grazie alla loro sofferenza
- Hanno bassa Autostima
- Paura dell’abbandono
- Buone capacità e tecniche manipolatorie
- Locus of control all’esterno. Riescono a creare dei colpevoli o comunque delegare le proprie responsabilità.
- Non sono in grado di fare una autocritica onesta.
MECCANISMI DA COPIONE PER LA CREAZIONE DEL RUOLO DI VITTIMA
Basta saper assumere il ruolo di vittima in una discussione ed in un attimo il nostro interlocutore apparirà autoritario, poco empatico o addirittura aggressivo.
Manipolazione dei dati e della totale realtà al fine di scaricare le proprie responsabilità ad altri.
Il vittimista cerca di arrampicarsi in tutti i modi “agli specchi” riuscendo a negare l’evidenza e quando messo alle strette costretto ad affrontare la realtà eluderà le risposte con frasi come: mi stai confondendo, mi fai violenza psicologica, non mi vuoi bene, mi fai del male, non mi dai la possibilità di risponderti ecc.
Manipolazione emotiva
Conoscendo le sue (vere)vittime il vittimista cronico saprà toccare bene i punti deboli giocando con le emozioni degli altri e padroneggiando bene il senso di colpa con frasi come: dopo che io ho fatto tanto per te tu mi tratti così, mi hai fatto perdere tutto questo tempo ed ora mi tratti così, abbiamo appena fatto l’amore e mi dici queste cose ecc.
Il vittimista è abile nell’ usare l’empatia altrui cercando di far assumere tutte le colpe all’altro riuscendo a rimanere immobile nelle sue lamentele.
Circolo vizioso vittima-carnefice che distorce la dinamica relazionale.
Il vittimista dopo aver esasperato grossi conflitti sminuisce le sue crisi ed eccessi “perdonando” e facendo finta di niente in onore del suo amore cosi da incastrare l’altro nel circolo vizioso di alleato-carnefice, trasformando il consolatore poi destabilizzato e manipolato in colpevole ed infine perdonato della sua inadeguatezza.
Stimolare l’aggressività
E’ chiaro che nessuna forma di violenza è legittima.
La falsa vittima delegittima continuamente l’altro senza valide argomentazioni ma semplicemente stuzzicandone l’aggressività reinvestendolo inconsapevolmente del ruolo di aggressore con vere e proprie offese all’intelligenza.
La confidenza relazionale è terreno fertile per esprimere la rabbia repressa, per cui il consolatore può non controllare la rabbia. Questo è proprio quello che vuole il vittimista infatti è stuzzicando ma arrivando anche a vera e propria violenza e cattiveria che riesce a trasformare la sua vittima (colui che lo consola) in Carnefice. In questi casi se il conflitto non viene riparato si può arrivare ad avere una relazione aggressiva caratterizzata da odio e vera e propria violenza.
LE POSSIBILI CAUSE DELLO SVILUPPO DI UNA POSIZIONE VITTIMISTICA
E’ chiaramente difficile riuscire ad indentificare delle cause precise che possano aver influito nello sviluppo di una posizione vittimistica, ad oggi è condiviso che fattori che predispongono possano essere:
- Mancata elaborazione della relazione primaria con la madre nella prima infanzia. La relazione insicura di attaccamento originata nell’Infanzia seppur sia sembrata piuttosto regolare nel suo sviluppo, può essere comunque stata vissuta come frustrante da parte dell’individuo. Spesso la figura materna o comunque una figura di accudimento può essere stata percepita per fatti e comportamenti oggettivi e/o fantasmatici come inaffidabile, ambigua e instabile tanto da caratterizzare uno sviluppo del bambino insicuro-evitante. Il bambino cresce con la convinzione interna che nessuno voglia davvero aiutarlo e capirlo.
- Inadeguatezza/insicurezza vissuta nell’infanzia, conseguente al continuo giudizio di uno dei genitori.
- Difficoltà ad identificare ed esprimere in modo adeguato le proprie emozioni, ansie, paure, dolori, conflitti
- Difesa, contro se stessi più che contro gli altri. Proiettano all’esterno le proprie ferite intrapsichiche cadendo sempre nello stesso copione (vittima-carnefice).
- Mancanza di consapevolezza, non sempre il vittimista si rende conto di esprimere il proprio malessere in modo passivo-aggressivo.
- Invidia nei confronti di chi riesce ad affrontare la vita e nei confronti di chi li aiuta, questi è visto come più forte ma ambiguo quindi qualcuno da cui difendersi e da aggredire. Chi aiuta viene continuamente sabotato, la vittima esaspera e spesso crea i suoi dolori rendendo vana qualsiasi forma di aiuto e quindi, “chiunque può essere colpevole di essere incapace di aiutare”.
CONSIGLI PER LA VERA VITTIMA, il consolatore, il finto carnefice, colui che vuole aiutare un vittimista…
Il mondo è pieno di persone belle persone che hanno già un certo equilibrio con cui stringere legami relazionali sani fatti di simmetrico rispetto, e non vi è alcuna valida motivazione per cadere nei ricatti emotivi e nelle ritorsioni meschine di chi si finge vittima, ma in realtà è un vero e proprio carnefice di se stesso e degli altri. La cosa importante è che non bisogna farsi condizionare da persone negative che scaricano agli altri i loro problemi facendoci sentire in colpa. E’ in grado di farci del male solo colui a cui gli diamo questo potere.
Ci sono casi in cui non ci possiamo tirare fuori dall’avere relazioni con un vittimista in tal caso è utile avere diverse consapevolezze per potere al meglio gestire il rapporto con la falsa vittima.
Colui che viene invischiato nella dinamica del vittimista, con grande sforzo di sopportazione, può utilizzare la razionalità per affrontare le grosse offese subite.
Spesso sarebbe utile che il finto carnefice vera vittima possa ricorrere all’aiuto di un’altra persona per avere sostegno. Per riuscire a sopportare i soprusi del vittimista può essere utile concentrarsi su attività personali costruttive e creative al fine di costruire per se stessi nuovi impegni e mantenere relazioni più sane e nutrienti al fine di continuare a crescere e non farsi fermare dalla falsa vittima.
Per la vera vittima può essere utile riconoscere i suoi meccanismi interni di consolatore che influiscono a confermare il ruolo di vittima, questa consapevolezza è fondamentale per gestire al meglio la situazione.
Ricordare che la falsa vittima risolve le altrui difficoltà semplificandole e sminuendole definendole risolvibili grazie ad un’inspiegabile fato e ottimismo.
Spesso è inutile cercare di fare capire al vittimista le sue responsabilità, tanto egli si dimostrerebbe aggredito, ferito e maltrattato.
Una soluzione per il vittimista: la PSICOTERAPIA.
La via regia per aiutare il vittimista a riadeguare alla realtà il suo modo di affrontare la vita è la psicoterapia.
Nel percorso psicoterapeutico il primo passo è quello di offrire al vittimista uno spazio relazionale caratterizzato da un sano attaccamento in cui il paziente possa sperimentare una relazione sicura caratterizzata da fiducia.
La fase di costruzione dell’alleanza è molto delicata in quanto il vittimista cercherà anche nel setting terapeutico di vanificare l’aiuto ricevuto, la più semplice osservazione offerta dal terapeuta che attribuisce un minimo di responsabilità al suo cliente può essere vissuto con forte rottura, allo stesso tempo il terapeuta deve essere attento a non lasciare il paziente nella situazione di stallo in cui si crogiola nei suoi problemi.
Grazie alla relazione terapeutica il vittimista deve riuscire ad accettare e sentire le sue emozioni individuando le sue rotture nella formazione di relazioni sane. Deve imparare cosa c’è di positivo nelle relazioni sane ed il giusto modo di rapportarsi alle persone riuscendo a distinguere i vari livelli di confidenza.
La finta vittima deve imparare che la vita va affrontata e siamo noi i timonieri della nave e siamo noi a scegliere che onde e mari da affrontare e gestire. Bisogna essere pronti e consapevoli di dover padroneggiare sia le esperienze negative che positive che nella vita inevitabilmente ci vengono incontro. Con la giusta dose di consapevolezza, valori ed auto critica è possibile smettere di farsi del male e riuscire a cogliere i lati positivi che la vita può offrirci, interrompendo il circolo vizioso della negatività che altrimenti si rigenera.
- I benefici della vela, “VELATERAPIA”Neologismo presente nella Treccani (2008):Velaterapia s. f. Terapia che si propone di inserire il paziente in un piccolo gruppo di velisti, con un obiettivo operativo, per ricondurlo all’equilibrio psicofisico. Prima di approfondire l’articolo è importante tenere in considerazione che la Velaterapia in barca a vela, come dal nome si potrebbe dedurre, non è una forma …
- REALTÀ VIRTUALE . La storia della VR tra visori e controllerOrmai è inconfutabile l’esistenza di “nuovi mondi” virtuali in cui è possibile immergersi. La Realtà Virtuale è ormai realtà ! e sono tante e interessanti le riflessioni psicologiche da sviluppare chiedendoci se si tratti di inganno del percetto e quindi della mente o realtà vera e propria. Anche se si potrebbe pensare che la Realtà …
- “ESPRIMERE e RISCRIVERMI” Il valore terapeutico dello scrivere.“ESPRIMERE e RISCRIVERMI” un progetto targato www.psicologo-taranto.com in collaborazione con lo scrittore MICHELE LEONE Dal 2017 il progetto “ESPRIMERE e RISCRIVERMI” continua… In questo Aprile 2022, Michele Leone ha pubblicato il suo quarto romanzo: “Coppia per caso. Ezy e Valentina”.L’autore stesso riporta nel suo ultimo libro: “Quante volte in attesa di un bus, ci è …
- FELICITA’ IN QUESTO MONDOAl di là della propria fede, questo testo può essere una lettura piacevole da cui trarre spunto e qualche conoscenza in più, cercando di adottare il concetto di “trasformazione”. Il problema è che, anche se ognuno di noi avrebbe la capacità di farlo, cioè di “trasformare”, a volte siamo troppo pigri o cerchiamo di aggrapparci a mille scuse e giustificazioni, rimandando al domani la cura delle ferite non cicatrizzate. Troppo spesso rimuginiamo sugli avvenimenti, o almeno nella vita è capitato a tutti di affrontare una situazione logorante, e anziché trasformare “quella cosa”, l’abbiamo legata a noi come una zavorra. Il punto cruciale del libro è proprio questo: “trasformare” è la parola chiave che può condurci sempre più verso una consapevolezza dell’essere.
- DISTURBO BORDERLINE DI PERSONALITA’ (F60.31 [301.83])Gli individui con questo disturbo hanno un pattern di relazioni instabili e intense. Possono idealizzare caregiver o amanti potenziali al primo o secondo incontro, chiedere di trascorrere molto tempo insieme e condividere i dettagli più intimi all’inizio di una relazione
17 commenti
Vai al modulo dei commenti
E se per caso fosse moglie o marito (quindi all’i terno della coppia) a soffrire di questo “vettimismo” che cosa si può fare? Grazie
Autore
Se non si riesce a risolvere da soli e si è motivati al cambiamento ci si rivolge ad uno psicoterapeuta…
Questo la persona in questione, ma il compagno che cosa può fare?
Autore
Motivare alla consapevolezza di questo atteggiamento e fare comprendere quanto disagio sviluppa…
Magari, ogni parola viene percepita come un attacco e viene usata come pretesto per accentuare la posizione di vittima, ogni frase, ogni tentativo di chiarimento mi si ritorce contro. Questo mi sta portando ad evitare di parlarle ed a far finta di non ascoltare le continue accuse. Ormai non cè più dialogo nella coppia, ciò che mi trattiene da una fuga liberatoria è la presenza di un figlio adolescente. Non posso lasciarlo in balia delle ossessioni di sua madre, comincia a manifestare qualche segnale di bassa autostima e fatico tantissimo nel cercare di fare in modo che lo superi. Sono sfinito. Vorrei che sua madre prendesse coscenza della propria situazione ma non ci riesco.
Mia sorella e una vittima mi ricorda molto mia mamma come lei anche di fronte all’ evidenza la colpa e sempre degli altri l’ ho sempre aiutata ma mai ho ricevuto un grazie di cuore tutto le e dovuto e sempre poco e le richieste aumentano inoltre prova invidia nei miei confronti e se non acconsento ai suoi bisogni mi colpisce con l indifferenza e col silenzio …non ho più voglia di comprare il suo affetto …ho deciso di uscire dalla sua vita un rapporto basato su lamentele bugie e tornaconto non da da gioia il suo volto indossa una maschera di buonismo …ci è voluto del tempo per capire il gioco del senso di colpa il vedere me in difficoltà e fregarsene …ho cercato in tutti i modi un dialogo ma nulla da fare …vorrei tanto una sorella normale affettuosa sincera ..ma non riesco più a tollerare la sua falsa le sue critiche dietro alle mie spalle …io non so più come comportarmi se qualcuno mi potesse dare un saggio consiglio ne sarei grata
Autore
Questa sua consapevolezza è un buon punto di partenza per gestire la relazione con sua sorella e per pensare a se stessa…
Mia sorella come mia madre, sono esattamente così. Mi hanno fatto sentire in colpa tutta la mia vita, facendomi sentire sbagliata è la carnefice dei loro dolori o stupida nel non capire che cosa stavano affrontando. Poi mia sorella ha perso suo marito improvvisamente ed è rimasta vedova a 39 anni con una figlia di 5. Da quel momento ho un po’ sostituito il ruolo da padre e marito, per cercare di compensare quel vuoto che si è creato ma quando anche io sono diventata moglie e madre, ovviamente le mie responsabilità sono cambiate. Ed è da lì che la nostra relazione si è rotta, perché non ero più a disposizione di mia sorella ogni volta che aveva bisogno. Sono molto preoccupata per mia nipote che è in balia delle scelte sbagliate di sua madre, che l’hanno portata allo sfratto, a vivere con un uomo che lei non ama, non ascolta mai i bisogni della figlia ma solo i suoi. Avete qualche consiglio?
Autore
Salve l’unico consiglio che mi sento di darle è di riuscire a trovare il modo per convincere sua sorella delle sue difficoltà e della possibilità di intraprendere un percorso di psicoterapia per la sua crescita personale. Capisco che è una cosa molto difficile, la consapevolezza in alcuni casi trova molte resistenze prima di emergere, spesso i momenti di crisi sono un momento fertile per prendere consapevolezza e chiedere aiuto e quindi momento utile per decidere di farsi aiutare da un esperto.
Buongiorno, volevo chiedere: in un rapporto di amicizia frasi come “se sei davvero mia amica come dici, fai così”, “se mi vuoi bene, fai così/torna la persona che mi piace tanto”, “mi stai deludendo,pensavo mi volessi più bene di così”, “io non ho mai detto di esser perfetta, però”, “pensa come vuoi, visto che non mi credi” e dopo che tu rispondi “posso anche crederti ma vedo i fatti, che non sono molto diversi da come ho scritto”, sentir dire “non meriti altre risposte”… e simili come possono essere considerati?
Precisando che questo avveniva sempre quando cercavo di dire cosa non mi andava, mentre l’altra persona diceva sempre cosa non le andava di me, e asseriva di voler io facessi altrettanto…
Autore
Salve Alessandra, le frasi elencate sono molto forti; sembrano esprimere un giudizio ed hanno un grande potere nell’evocare il senso di colpa…
emerge un bisogno di attenzione che potrebbe anche essere manipolatorio ma il tutto va contestualizzato al rapporto e al tema della conversazione…
Buonasera.
Una persona di famiglia, ormai ex fidanzato e dai tratti caratteriali insicuri e ingenui da una parte e dall’altra prepotente e aggressivo e che ormai, a una certa età, si appoggia ancora ai genitori per trovare tutto già pronto, è diventato col tempo un peso. I genitori non godono di buona salute, hanno fatto molto e sono ad una età in cui vorrebbero e dovrebbero vivere serenamente, ma nonostante abbia le possibilità di stare solo, il figlio approfitta abbondantemente senza essere d’aiuto in alcun modo. I suoi problemi sembrano più importanti di tutto, non vede altro che sé stesso e non ha attenzione verso la condizione altrui. Simula attenzione nel momento in cui deve portare qualcuno dei membri dalla sua parte, cerca di mettere gli uni contro gli altri quando qualcuno lo mette alle strette perché faccia delle scelte per vivere in autonomia. Ad ogni contraddizione o limitazione tira fuori e mette avanti fatti a lui non inerenti e li usa per mettere in cattiva luce i genitori e fare leva emotiva su ciò che nella loro vita non è andato bene. In buona sostanza, tramite paragoni e vessazioni agisce su di loro fino a metterli a disagio e in condizione di impotenza rispetto alle loro richieste. E’ arrivato ad alzare le mani e a calunniarli e diffamarli tra i conoscenti, probabilmente per giustificare i propri limiti, forse dovuti all’insicurezza e dunque alle scelte che non ha mai saputo fare per vivere una situazione di tranquillità. In buona sostanza, ha applicato un opportunismo a 360 gradi. Naturalmente, le conseguenze nell’atmosfera che respirano a casa sono quotidiane già nel tono e nell’aria che si respira. Cerca di creare situazioni nelle quali possa passare per vittima, come ad esempio chiedere il permesso per andare in bagno per poi raccontare in giro o accusare di dover chiedere il permesso per farlo. Avendo collaudato un metodo attraverso il quale girare la frittata per poter vendicarsi, oramai sembra impossibile poter continuare a trattenere rapporti, anche per evitare di dare adito ad altre strumentalizzazioni. Ovviamente, questo modo parassitario di persistere nella vita altrui lo è anche a livello materiale. La presunzione di avere diritto implicito sui familiari passa quasi in silenzio. Peraltro, compie dei gesti, di nascosto, che forse mette in atto per controllare l’ansia, o qualcosa che la genera, come stringere i denti a bocca aperta con contrazioni del volto e a scatti portarsi le mani in viso, “strofinandoselo” (sono gesti tanto particolari che ho difficoltà a descriverli)
Ora, al concretizzarsi di un trasferimento nella casa immediatamente accanto, mi chiedo quale sia il modo migliore per evitare incursioni e ulteriori vessazioni.
Grazie e spero di essere stato esauriente
A.
Autore
Salve A.
chiaramente non esistono manuali per certe situazioni, capirsi e comprenderle tramite un messaggio è difficile…
mi è sembrato di capire che lei scrive della sua paura di trasferirsi nella casa affianco a quella della persona di cui parla,
mi sembra di capire che si tratta di un ex… pare stia parlando di invasioni “prepotenti e aggressive”…
le consiglio di riflettere sulla difesa dei propri spazi e la rinegoziazione delle distanze …
Lei ha una sua vita immagino, avrà una sua casa, una sua porta che dovrà scegliere a chi aprire …
non è facile immagino, la vita ci mette spesso di fronte alla gestione delle distanze …
Le linko un articolo che può essere un utile spunto sulle distanze inrterpersonali:
i-confini-nelle-relazioni-interpersonali-umane-la-giusta-distanza-tra-vicinanza-e-lontananza
Purtroppo – dispiace dirlo – non si tratta di un ex ma di un fratello. Da quando si è lasciato è tornato a cercare riferimento nella famiglia, pur consapevole del fatto che, quando il perno era la propria ragazza, ci trattava male. Ha sempre mangiato a casa e quindi non è stato possibile tenerlo fuori per non tuebare la quiete familiare, benché io lo abbia fatto spostare a casa mia e io stesso mi sia trasferito dai miei per stargli vicino e aiutarli (non stanno bene dal punto di vista della salute). Ovviamente, nella mediazione tra la falsa vittima e le vere vittime (che comunque lo hanno a cuore come figlio), ho risentito pesantemente del suo libero arbitrio nel fare buono e cattivo tempo. Non ha mai dato un aiuto, vive i propri problemi come tragedie, noncurante del fatto che le faccia pesare su persone che stanno affrontando situazioni davvero problematiche, di cui egli stesso non si cura. Vorrebbe imporre e fare le cose a modo proprio a scapito delle necessità altrui, non si è assunto la responsabilità di avere un ruolo collaborativo e in pratica ha fatto ciò che a voluto. Ora, all’età che ha, pensa di potersi fare ancora mantenere, e su questo cerca di far pesare su di noi il fatto di essere un figlio e che un figlio nonnsi tratta così.
Buongiorno, volevo chiedere: in un rapporto di amicizia frasi come “se sei davvero mia amica come dici, fai così”, “se mi vuoi bene, fai così/torna la persona che mi piace tanto”, “mi stai deludendo,pensavo mi volessi più bene di così”, “io non ho mai detto di esser perfetta, però”, “pensa come vuoi, visto che non mi credi” e dopo che tu rispondi “posso anche crederti ma vedo i fatti, che non sono molto diversi da come ho scritto”, sentir dire “non meriti altre risposte”… e simili come possono essere considerati? Precisando che questo avveniva sempre quando cercavo di dire cosa non mi andava, mentre l’altra persona diceva sempre cosa non le andava di me, e asseriva di voler io facessi altrettanto…
E frasi come “hai libero arbitrio con me ma ricorda che tutto ha una conseguenza” oppure “per te vengo già al mare/faccio già questo” (in quest’ultimo caso senza che io le avessi chiesto nulla). Grazie
Autore
Sandrina, molte delle frasi da lei riportate possono essere considerate cariche di giudizio e di richieste ad es.: “se sei davvero mia amica come dici, fai così” quindi anche “utili” nell’istigare il senso di colpa qualora non ci si comportasse come richiesto… anche ad es. frasi come: “se mi vuoi bene, fai così/torna la persona che mi piace tanto” hanno stesse caratteristiche ed emerge anche come la persona che le formula si descriva come parte lesa, infatti rendendo più eplicito il messaggio si potrebbe dire: non mi vuoi bene, non sei più la persona che mi piaceva tanto…
P.S. Sandrina mi aveva già posto questa domanda un anno fa (26/10/2020 alle 17:22) e le avevo già risposto:
“Salve Alessandra, le frasi elencate sono molto forti; sembrano esprimere un giudizio ed hanno un grande potere nell’evocare il senso di colpa…
emerge un bisogno di attenzione che potrebbe anche essere manipolatorio ma il tutto va contestualizzato al rapporto e al tema della conversazione…”
chi non prova certe cose non puo’ capirle. anch io esperienza analoga…. io ho iniziato a vivere quando la persona in questione e’ morta di tumore( stronza fino alla fine) ma quel che e’ peggio nel mio caso e’ che spesso le persone non si comportano come davvero sono con tutti e le persone non ti credono o fanno finta di non crederti. poi se una muore diventa santa !