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I benefici della vela, “VELATERAPIA”

Neologismo presente nella Treccani (2008):Velaterapia s. f. Terapia che si propone di inserire il paziente in un piccolo gruppo di velisti, con un obiettivo operativo, per ricondurlo all’equilibrio psicofisico.Questa immagine ha l'attributo alt vuoto; il nome del file è velaterapia-Zinzi-Ettore-psicologo-taranto.jpg

Prima di approfondire l’articolo è importante tenere in considerazione che la Velaterapia in barca a vela, come dal nome si potrebbe dedurre, non è una forma di “terapia vera è propria” quindi sostitutiva alla psicoterapia. La vela può essere utilizzata come complemento ad altre forme di terapia tradizionale.

La scienza spiega bene che andare in barca a vela e praticare qualsiasi altra attività in cui ci si immerge nella natura, ha un grosso potere riequilibrante sia sulla mente che sul corpo; ancora più intense sono le esperienze immersive in cui bisogna anche seguire ritmi e tempi della natura. La vela è un buon “setting” per un “lavoro interiore” che uno psicoterapeuta può rendere ancor più terapeutico (Velaterapia). I vari ed ufficiali programmi riabilitativi e terapeutici che si svolgono a bordo sulle barche di tutto il mondo dimostrano l’efficacia terapeutica di questa attività.

L’uomo ormai si trova costretto a vivere in un ambiente innaturale, artificiale e disturbato da rumori, luci, ritmi, comportamenti che poco hanno a che fare con l’ecosistema e il bioritmo naturale.

Ritornando a vivere in modo più naturale e organizzato seguendone i suoi tempi, ci sono tanti i benefici. 

I BENEFICI DELLA VELA, “VELATERAPIA”

  • Vivere nel “qui ed ora!”
  • Sviluppare le capacità di adattamento.
  • Attenzione selettiva focale e problem solving
  • Sviluppare la Conoscenza e Comprensione dell’ambiente
  • Identificazione del Se
  • Sviluppo del Se corporeo
  • Locus of control
  • Abitudini sane e cura del se
  • Autostima
  • Intelligenza emotiva
  • Relazioni interpersonali
  • Qualità del sonno ed equilibrio ormonale

 

Approfondendo nello specifico:

  • VIVERE NEL “QUI ED ORA!”

La navigazione a vela richiede concentrazione e attenzione, il che può aiutare a liberare la mente dalle preoccupazioni quotidiane e a concentrarsi sul presente (qui ed ora).

  • SVILUPPARE LE CAPACITA’ DI ADATTAMENTO.

Sia a livello corporeo che psichico si è più stimolati ed impegnati nell’affrontare velocemente nuove situazioni trovando il “nostro equilibrio”.  Una bella metafora circa l’adattamento del corpo la troviamo nel lavoro fatto dal nostro sistema vestibolare che ci aiuta a mantenere l’equilibrio e a non cadere; monitorando la posizione spaziale del corpo e i movimenti della barca, il sistema vestibolare si adatta immediatamente al dondolio delle onde facendoci stare in piedi. Stessa cosa accade a livello psichico bisogna riadattarsi alle situazioni, bisogna trovare un ruolo, un nostro spazio, anche il semplice non essere di intralcio ai marinai nelle varie manovre è un lavoro di “coping”. Anche a livello relazionale e intrapsichico bisogna adattarsi e integrarsi nell’equipaggio, e quindi bisogna imparare a seguire il leder quindi il capitano e ancor più in alto la natura. La gestione dei conflitti e la frustrazione del dover convivere in luoghi piccoli è un bel lavoro offerto alla nostra psiche.

  • ATTENZIONE SELETTIVA, FOCALE E PROBLEM SOLVING.

Tra i mille stimoli presenti su una barca bisogna selezionare quelli utili e quindi sviluppare le capacità di “attenzione selettiva”. E’ sempre il sistema vestibolare la nostra metafora, nella coclea i canali semicircolari devono adattarsi durante il dondolio del mare a selezionare l’informazione utile per il mantenimento dell’equilibrio. A bordo ci sono molti stimoli per la nostra attenzione, bisogna spiegare le vele, timonare, fare le manovre, gestire la cambusa, l’equipaggio e tanto altro… ogni singolo compito stimola l’uso “dell’attenzione focale” richiedendoci la concentrazione sul compito. Una buona attenzione focale e selettiva aumenta la nostra efficacia nel “problem solving”. A bordo ci possono essere tanti imprevisti e problemi da risolvere velocemente selezionando nel minor tempo possibile le migliori decisioni da prendere e quindi agire.

  • SVILUPPARE LA CONOSCENZA E COMPRENSIONE DELL’AMBIENTE

La navigazione a vela richiede una conoscenza approfondita dei venti, delle correnti e delle condizioni meteorologiche, il che può aiutare a sviluppare la conoscenza e la comprensione della natura e dell’ambiente circostante.

  • IDENTIFICAZIONE DEL SE

In barca bisogna darsi da fare e quindi esporsi, essendo in un gruppo e in uno spazio ristretto ogni nostra azione ha degli effetti sull’ “ambiente”. Si è stimolati e a volte costretti in modo diretto a considerare i nostri pregi e difetti, e dover riflettere su ciò che si è sbagliato e fatto bene. Bisogna identificarsi e scegliere e definire il nostro spazio e ruolo.    

  • SVILUPPO DEL SE CORPOREO

Nello spazio limitato bisogna meglio calibrare i nostri movimenti, bisogna usare la nostra corporeità senza potercene tirare indietro. Si pensi al semplice uso del winch, quindi l’uso della sua manovella che serve a tendere le cime moltiplicandone la forza, ci aiuta a padroneggiare nell’uso del nostro corpo, della nostra forza e prestazione.

  • LOCUS OF CONTROL

A bordo veleggiando ci si trova responsabili delle nostre azioni e ciò che esse comportano, bisogna comprendere quali sono le nostre e le altrui responsabilità e quindi ciò che è nel nostro controllo o meno, questa consapevolezza vale sia a livello psichico, che prettamente fisico…

  • ABITUDINI SANE E CURA DEL SE

La vita in barca impone ritmi e ruoli che si ripetono. La semplice cura della barca come le pulizie, il tenere in ordine le cime, la cambusa, le vele, il sottocoperta ecc. è routine: la costanza che certi lavori richiedono diviene una abitudine, e sono proprio le abitudini a dare un senso di sicurezza e stabilità contrapponendosi alle incertezze e difficoltà di tutti i giorni. Per l’armatore la barca diviene una estensione del proprio se, qualcosa di intimo che lo definisce, pertanto il prendersi cura della barca diviene un modo per prendersi cura di se.

  • AUTOSTIMA

Riuscire nelle manovre come nel tendere una vela, come anche il gestire le relazioni, le frustrazioni o il padroneggiare situazioni di pericolo ci aiuta nello sviluppo della consapevolezza della nostra efficacia ed efficienza e quindi ci favorisce a meglio sviluppare e padroneggiare la nostra auto stima.

  • INTELLIGENZA EMOTIVA

  In barca bisogna capire, saper controllare e gestire le proprie ed altrui emozioni. Anche il semplice infinito dell’orizzonte può fare un certo effetto emotivo. Durante la navigazione entrano in gioco molte emozioni si spazia da quelle intime e personali a quelle interpersonali. Bisogna capirsi e capire gli altri, fare squadra e raggiungere gli obiettivi. La corretta gestione delle emozioni è fondamentale, la si utilizza per riuscire a orientare il proprio comportamento, la paura ad esempio, se ben gestita è molto utile per tenerci in allerta e non permetterci di compiere errori.         

  • RELAZIONI INTERPERSONALI

Come già evidenziato la convivenza in barca richiede competenze relazionali, per funzionare è obbligatorio che l’equipaggio comprenda e rispetti ruoli, regole, diritti e doveri. Le inclinazioni e attitudini relazionali individuali a bordo emergono velocemente visto che non ci si può sottrarre dall’essere partecipi e pronti all’azione per fronteggiare le incombenze della navigazione.

  • RITMO CIRCADIANO E OROLOGIO BIOLOGICO

Una delle più utili conseguenze della navigazione in barca riguarda la necessità di regolare i nostri ritmi e quindi l’orologio biologico interno con quello della natura. Seguire l’alternanza del giorno con la notte è fondamentale per la nostra salute, ed in barca la natura ci impone questi ritmi, a differenza di quanto ormai accade nella vita quotidiana moderna.

  • QUALITA’ DEL SONNO E RIEQUILIBRIO DELLE FUNZIONI ORMONALI

 Il nostro corpo dovendo sottostare alle leggi della natura ed ascoltandone i suoi cicli regola automaticamente il ciclo del sonno e anche le funzioni ormonali.

Concludo ribadendo che, qualunque sia la ragione per la quale ci si trova su una barca a veleggiare, i benefici sono innumerevoli; ancor più se ne avranno facendolo con consapevolezza e sotto la guida di uno psicoterapeuta che dia un a spinta maggiore alla crescita personale. Una guida che aiuti a trasformare i vissuti che se ne ricavano in nuovi e importanti apprendimenti sia emotivi che cognitivi, utili strumenti per il benessere psicofisico.

 

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PESSIMISMO, la profezia che si auto avvera!!

PESSIMISMO, la profezia che si auto avvera!!
Per vivere meglio è possibile cambiare il pensiero negativo in positivo!!

L’enciclopedia della lingua Italiana TRECCANI così riporta:

Pessimismo s. m. [dal fr. pessimisme, der. del lat. pessĭmus «pessimo» (in contrapp. a optimisme «ottimismo»)]. – disposizione di spirito a considerare la realtà nei suoi aspetti peggiori.
Disfattismo (s.m.), catastrofismo (s.m.), scetticismo (s.m.), diffidenza (s.m.), sfiducia (s.m.), scoraggiamento (s.m.)

Il pessimismo come l’ottimismo è una delle strategie difensive agite dall’uomo per garantirsi la sopravvivenza. Precisando che come si parla di “ottimismo realista” così bisogna parlare di “pessimismo realista” quindi usato con moderazione e cognizione di causa. Il pessimismo portato all’eccesso culmina nella depressione quindi alla vera e propria e totale mancanza di speranza nel futuro, immobilità e isolamento, proprio come anche rilevato dai vari studi di Seligman sulla impotenza appresa.

Come evidenzia Edoardo Giusti (2016, pag.34), “i pensieri angosciosi possono mantenere il sistema nervoso in uno stato di attivazione persistente che provoca un eccesso di produzione di adrenalina, cortisolo ed altri ormoni analoghi fino alla comparsa di svariati sintomi.”

Il pensiero negativo ad alta intensità di pessimismo è caratterizzato da diversi ingredienti:

  1. Sensazione di Si tende a rimanere in una posizione di immobilità, passività, senza combattere con la giustificazione che tanto non c’è alcuna via di uscita.

  2. Bassa autostima e quindi poca fiducia nella propria capacità di risolvere le situazioni (problem solving), scoraggiamento, paura…

  3. Overload of negative information/accumulo di informazioni negativo. Si raccolgono tante prove negative che confermano le proprie paure, tanto da scoraggiarsi nell’agire e nel cercare di risolvere affrontando la realtà.

  4. Bassa motivazione. A causa del pessimismo non si è motivati ad agire e quindi si rimane immobili.

  5. Confronto con chi ha di più. Si paragona la propria vita a persone che stanno meglio, ottenendo il risultato di scoraggiarsi.

  6. Mancanza di speranza in questo modo ogni comportamento viene pensato come inutile e quindi si smette di cercare soluzioni alternative.

  7. Mancanza di fiducia in se stessi e negli altri.

  8. Paranoia. Ci si sente schiacciati dagli eventi negativi e quindi perseguitati.

 “È meglio essere ottimisti ed avere torto piuttosto che pessimisti ed avere ragione.”
Albert Einstein

Come già detto senza il pessimismo il genere umano non sarebbe sopravvissuto, se l’uomo non avesse previsto le catastrofi non si sarebbe preparato ad affrontarle. Senza quel pizzico di pessimismo non ci prepareremmo ai momenti di crisi.

Grazie al pessimismo, la paura e l’ansia ci preparano a situazioni di pericolo. Ci allertano e quindi si ha la possibilità di organizzare delle risposte veloci, rapide ed adattive.

È chiaro quindi che il livello di pessimismo deve essere realista, ben moderato, altrimenti indossando lenti molto scure tutto apparirà più buio, cupo, più grigio di quanto realmente è, ottenendo una visione del mondo poco realistica quindi distorta.

Seligman individuò nella consapevolezza, di potere o non potere controllare l’ambiente, la base della differenza tra pensiero pessimistico e ottimistico. Quella consapevolezza di esercitare un certo controllo sul proprio futuro e sulle proprie azioni. Il modo in cui ci si spiega gli avvenimenti. È ovvio che se si crede di non avere controllo sul proprio destino ci si adagia passivamente al flusso degli eventi della vita senza provare minimamente a darle una direzione, vivendo con molta insoddisfazione.

La differenza importante che c’è tra l’ottimista e il pessimista riguarda l’attribuzione delle cause dei propri insuccessi, o attribuzione esterna (mi hanno fatto sbagliare!) o interna (ho sbagliato!).

Ovviamente quando i pessimisti si attribuiscono le cause dei loro insuccessi avranno un abbassamento della loro autostima e quindi della fiducia in se stessi, non confidando tanto nelle loro possibilità e capacità.

Seligman ha confermato che è possibile utilizzare delle strategie per cambiare il proprio stile di pensiero da pessimista a ottimista. Esercitarsi a pensare positivo, ci aiuta nella soddisfazione dei nostri bisogni, a stare bene fisicamente e con delle alte difese immunitarie.

Istruzioni per i PESSIMISTI cronici per diventare più Ottimisti, i passi per cambiare il proprio pensiero da pessimista ad ottimista:

  1. Essere consapevoli di caricare negativamente la realtà, trasformandola in più catastrofica di quanto lo è.

  2. Distogliere l’attenzione dai pensieri pessimistici cercando di focalizzare l’attenzione su nuove soluzioni e spiegazioni più ottimistico realistiche.

  3. Focalizzarsi sulle proprie fortune, sulle cose belle della vita e sulle possibilità del futuro.

  4. Guardarsi allo specchio e sorridere ogni giorno.

  5. Visualizzare la nostra percentuale di pessimismo da 1 a 100. Es. Solitamente carico un 60% di negatività alla realtà vedendola sempre più catastrofica del reale, quindi procedendo con un ragionamento di tipo cognitivo alla mia visione; dovrò sempre effettuare un aggiustamento levando il 60% del pessimismo. Per esempio quindi, 100% che non ce la faccio cioè non ce la posso fare, diventa 40% che non ce la faccio cioè potrei anche farcela.

  6. Non catastrofizzare generalizzando ma circoscrivere l’insuccesso all’evento nefasto in termini sia temporali che causali.

  7. Imparare dai propri errori, essi intrinsecamente possono avere una valenza positiva se utilizzati come una risorsa, ossia come apprendimento che ci permette di capire cosa non ci conviene fare.

  8. Ricordare che la visione che l’uomo ha del mondo, dell’ambiente e della vita è una visione prettamente soggettiva, quindi costruita da noi stessi e dalle nostre esperienze. Partendo da questo assunto, è ovvio dedurre che, se la vita ci appare bella, dipende molto da noi e dal nostro modo di vedere le esperienze della vita.

Non bisogna dimenticare che i pensieri negativi diventano profezie che si autoavverano.
Sta quindi a noi decidere se voler essere ottimisti quindi attivi e pronti a combattere, oppure se si preferisce la chiusura nel pensiero pessimistico inattivo cadendo nella disperazione e privandoci “del rischio” di poter godere delle cose della vita??
Ricordiamo che il pessimismo abbassa la motivazione e le aspettative rendendoci immobili, e nel vuoto.

 

BIBLIOGRAFIA

  • Daniel Goleman. Intelligenza emotiva. Rizzoli, Milano 1996.
  • Edoardo Giusti Passione e saggezza: la serenità psichica tra ottimismo e realismo. Sovera Edizioni, 14 giu 2016.
  • Chiara Ruini, Marta Scrignaro, Marta Bassi, Andrea Fianco. Le partiche della psicologia positiva: Strumenti e prospettive. Strumenti per il lavoro psico-sociale ed educativo. Franco Angeli 2017
  • H. Maslow, Motivazione e personalità, Astrolabio 1973
  • Abraham Maslow, Verso una psicologia dell’essere, Astrolabio 1971
  • Carl Rogers, Un modo di essere, Martinelli 1983
  • Seligman, M.E.P. (1990). Imparare L’Ottimismo (Learning Optimism). New York: Knopf. (reissue edition, 1998, Free Press)
  • Seligman, M.E.P. (1996). Come crescere un bambino ottimista (The Optimistic Child: Proven Program to Safeguard Children from Depression & Build Lifelong Resilience). New York: Houghton Mifflin. (Paperback edition, 1996, Harper Paperbacks)
  • Seligman, M.E.P. (2002). La costruzione della Felicità (Authentic Happiness: Using the New Positive Psychology to Realize Your Potential for Lasting Fulfillment). New York: Free Press. (Paperback edition, 2004, Free Press)

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AUTOSTIMA

AUTOSTIMA , una marcia in più !!!
9 CONSIGLI per migliorare la propria autostima e sentirsi a proprio agio.

Sentirsi inferiori agli altri è sintomo di bassa autostima. Essere brutti, essere bassi, essere grassi, essere condizionati dall’aspetto estetico di una parte del nostro corpo concentrandoci sui brutti e strani piedi, mento, collo, capelli ecc….  è invalidante e condiziona il nostro modo di vivere queste nostre “differenti” caratteristiche.
L’autostima si sviluppa nel corso della nostra vita grazie a una serie di vissuti avuti nei vari contesti di vita; Bracken ha sviluppato il Modello Multidimensionale dell’Autostima”:

“L’autostima si evolve in svariati contesti ambientali in cui i bambini e gli adolescenti si trovano ad agire più o meno attivamente: relazioni interpersonali, controllo sull’ambiente, emotività, successo scolastico, vita familiare, vissuto corporeo” (Bracken, 1992, p. 19).

“L’autostima si evolve in svariati contesti ambientali in cui i bambini e gli adolescenti si trovano ad agire più o meno attivamente: relazioni interpersonali, controllo sull’ambiente, emotività, successo scolastico, vita familiare, vissuto corporeo” (Bracken, 1992, p. 19)La bassa autostima induce al complesso d’inferiorità che è quella condizione psichica che non permette di accettarsi come si è, con le proprie particolarità e differenze. In quest’ottica tutti gli altri sono migliori e più capaci di raggiungere determinati obbiettivi, quindi ci si mette al secondo posto svalutandosi e premettendo agli altri di fare la stessa cosa.

La BASSA AUTOSTIMA induce diverse sintomatologie come:

  • Insoddisfazione cronica. Non si è mai in grado di attribuire a se stessi le proprie vittorie dando importanza maggiore alle sconfitte, impedendo di gioire ed essere appagati da quello che si fa.
  • Aggressività. . La frustrazione porta a prendersela anche con gli altri e a reagire in modo aggressivo tentando di mascherare l’insicurezza.
  • Competitività. Svalutandosi ci si mette nella condizione a volte anche inconscia e celata di voler dimostrare il contrario confrontando in continuazione se stessi con gli altri e cercando quindi di mostrarsi migliori di chiunque.
  • Dipendenza. Viste le difficoltà nel auto-gratificarsi si dipende spesso dagli atri cercando in loro il modo per trovare gratificazione, conferma, consenso.
  • Paura di rischiare. Si tende ad essere passivi con scarso spirito di iniziativa per paura di sbagliare o essere giudicati incompetenti.
  • Agitazione continua. Spesso come sfogo dell’insoddisfazione si cerca sempre di fare di più non fermandosi mai e quindi si è irrequieti e non ci si riesce a rilassare.
  • Solitudine. Non essendo soddisfatti nel rapporto con gli altri ci si sente soli e non si è mai contenti delle attenzioni ricevute dagli amici e famigliari.
  • Esagerazione, ansia. Spesso si esagera cercando ad esempio di essere perfetti, cosa assolutamente sbagliata oltre che impossibile in quanto la perfezione non esiste. Spesso accade che si fanno diverse ore di esercizio fisico cercando di rendere il proprio corpo perfetto.
  • Ostentazione. Può accadere che in pubblico si evidenziano delle proprie particolarità o status proprio come difesa e per compensare il personale vissuto di inferiorità.

La bassa autostima condiziona il pensiero. Gli insuccessi infatti vengono vissuti come gravi carenze personali, spesso infatti ci si illude di dover essere perfetti e visto che ci si concentra nei propri difetti non si riescono a vedere le proprie qualità e potenzialità. In questa ottica, gli insuccessi lavorativi vengono vissuti come carenza di competenze; ad esempio un relazione terminata viene vissuta come la prova dell’avere problemi, di essere bassi, di essere brutti, dell’avere un brutto carattere ecc..
Se non ci si apprezza da soli è ovvio che anche gli altri siano autorizzati a non farlo, è inoltre piuttosto difficile migliorare se non ci si vuole bene e non si accettano i propri difetti e limiti.  
Albert Einstein diceva “E’ da folli aspettarsi risultati diversi facendo le stesse cose e nello stesso modo!”

COSA FARE per migliorare la propria autostima e sentirsi a proprio agio?

La chiave per vivere bene con noi stessi ed in armonia con l’esterno è proprio quella capacità di conoscere ed accettare i propri limiti valorizzando i personali punti di forza.
E’ molto utile contestualizzare i propri difetti chiedendosi rispetto a chi e a cosa si è penalizzati? e soprattutto perché, a chi e cosa abbiamo da dimostrare?
Una persona con una sana autostima non ha alcuna necessità e bisogno di dimostrare continuamente quanto vale, in quanto conosce ed accetta i propri limiti, valorizza i propri punti di forza e non ha bisogno di approvazione e riconoscimento da parte degli altri. Quando si valorizzano i propri punti di forza infatti, si ottengono dei risultati eccellenti con quello che si ha superando i propri limiti.

9 CONSIGLI per MIGLIORARE L’AUTOSTIMA e sentirsi a proprio agio:

  1. Amarsi. Abbiamo tutti il dovere di volerci bene e riuscire a coccolarci da soli. E’ opportuno spendere del tempo a prenderci cura di noi, vestendo come ci piace, pettinandoci, profumandoci, andando dal dentista ecc.
  2. Accettarsi. Piacersi anche con difetti, aiuta ad essere liberi e spontanei in ogni situazione.
  3. Valorizzarsi. E’ molto utile ricordare le proprie qualità e i propri successi.
  4. Essere ottimisti. E’ utile guardare “il mezzo bicchiere pieno”, è utile focalizzarsi sul lato positivo delle situazioni.
  5. Essere Assertivi. Sviluppando l’abilità di affermare se stessi in modo costruttivo, essendo attivi, poco aggressivi e facendo scelte responsabili. Esprimendo quindi la capacità di autoaffermazione soggettiva autentica ed efficace.
  6. Vivere nel “qui ed ora”. E’ opportuno essere concentrati sul presente per godere delle piccole mete raggiute e fare in modo che gli insuccessi vengano vissuti nel momento in cui avvengono e non oltre. Il passato ci è utile come base di apprendimento al fine di non ripetere errori già commessi; il futuro invece ci è utile per avere una direzione, ambizione, scopo ecc.; il presente per costruire e godere dei successi che si ottengono.
  7. Dare importanza al linguaggio corporeoAssumere una mimica positiva, di apertura, sorriso, posizione eretta, aiuta a sentirci anche psicologicamente meglio e soprattutto a rimandare nell’altro una immagine buona di noi stessi quindi predisporlo a noi.
  8. Coltivare le Aree di Vita. Il Modello Multidimensionale dell’autostima (vedi figura sopra) evidenzia che essa è composta da vari contesti in cui viviamo pertanto essi vanno stimolati e coltivati al fine di essere vivi e attivi nella nostra vita. Quindi è molto utile:
    -mantenere buone relazioni famigliari, amicali, sociali; -coltivare i propri interessi impegnandosi nel lavoro, scuola, tempo libero;
    -dare importanza e valorizzare le proprie emozioni e vissuto corporeo;
    – imparare a gestire le varie realtà e contesti.

  9. Psicoterapia. Capita di non riuscire da soli a risolvere le proprie difficoltà è consigliabile in quei casi rivolgersi quanto prima possibile ad uno psicoterapeuta che attraverso un percorso di psicoterapia possa aiutare a correggere le insicurezze e le proprie distorsioni cognitive (errori di valutazione). Ci sono casi in cui la marcata bassa autostima può portare a veri e propri disturbi di personalità come: dipendenza affettiva, disturbo narcisistico di personalità (con autostima ipertrofica finalizzata a mascherare l’insicurezza), disturbi dell’alimentazione, disturbi dell’umore o disturbi d’ansia. La Psicoterapia ad approccio Umanistico Integrato essendo eclettica e centrata sulla persona risulta molto utile per risolvere tale difficoltà

BIBLIOGRAFIA

  • Bracken, B.A. (1992). MSCS-Multidimensional Self-Concept Scale. Austin (Texas): RP_ED. Trad. it. Testi di valutazione multidimensionale dell’autostima. Trento: Edizioni Erickson, 2003
  • Bandura, (2000). Il senso di autoefficacia, Trento, Casa editrice Centro Studi Erickson.
  • Branden (2004). I sei pilastri dell’autostima, Milano, Casa editrice Corbaccio
  • Giusti E.; Testi A. (2006) L’ autostima, 224 p., brossura, Sovera Edizioni (collana Psicoterapia e counseling)

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