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Dal 2017 il progetto “ESPRIMERE e RISCRIVERMI” continua… In questo Aprile 2022, Michele Leone ha pubblicato il suo quarto romanzo: “Coppia per caso. Ezy e Valentina”.L’autore stesso riporta nel suo ultimo libro: “Quante volte in attesa di un bus, ci è capitato di soffermarci sul nostro tran-tran quotidiano, riflettendo su come la nostra vita sarebbe stata diversa, se solo avessimo avuto un po’ più di coraggio. Invece ci siamo ritrovai a scegliere la strada più facile, in cambio di una vita semplice e lineare che, alla lunga, si è rivelata frustrante. A volte, però, è la vita stessa che modifica le nostre abitudini, procurandoci delle emozioni che ci fanno dubitare delle nostre certezze. È il caso di Ezy il protagonista di questo racconto che, suo malgrado, si trova coinvolto in una avventura più grande di lui e densa di pericoli che non avrebbe mai pensato di dover affrontare. L’autore ci accompagna in un viaggio fantasioso, dimostrando che, nella vita, è sempre possibile che cambi tutto, anche quando si è persa ogni speranza!”.
Nell’Antico Egitto i rituali di guarigione dovevano essere scritti su papiro e poi inghiottiti, perché le parole rituali avevano un effetto benefico.
La scrittura è una modalità per sublimare le proprie nevrosi, raccontare e raccontarsi. È un atto curativo e riparativo (Sigmund Freud).
La desomatizzazione dello stress viene favorita attraverso l’utilizzo del diario clinico (Demetrio, 2008).
Approfittando di questa uscita volevo ribadire ciò che è già noto e condividere quello che ho potuto anche osservare in modo diretto sul potere che la scrittura ha avuto sullo scrittore Michele Leone. È stato personalmente “accompagnato” e aiutato nella realizzazione del suo desiderio creativo/espressivo di scrivere e pubblicare i suoi romanzi. Dal 2017 ha già all’attivo 4 romanzi, pubblicati e venduti in tutto il mondo in tutti i formati, cartaceo ed ebook.
È noto che scrivere può dare tantissimi benefici. La letteratura scientifica evidenzia il valore terapeutico dei racconti autobiografici, della creatività, dell’uso del diario, dello scrivere poesie, del disegnare… ”.
Attraverso la scrittura noi creiamo significati e diamo forma e struttura agli accadimenti ed alle emozioni della nostra vita, che vengono concettualizzati mediante un atto cognitivo; Quando si scrive si mettendo in contatto in questo modo i due emisferi cerebrali (destro/sinistro; emozioni/cognizioni).
Quando scriviamo ci fermiamo e ci concentriamo su noi stessi, sui nostri pensieri, cogliendone nuovi significati, rilassandoci e facendo ordine nella mente, ci prendiamo cura di noi stessi.
In termini cibernetici lo scrivere comporta diversi livelli di elaborazione dell’informazione: I pensieri vengono tradotti in lettere che poi diventeranno parole, e successivamente frasi, paragrafi… e in un successivo “macro livello” di elaborazione, verranno riletti e quindi ritradotti in pensieri e così via.
Grazie a tutti questi processi di elaborazione e rielaborazione ciò che pensiamo diviene più chiaro e quindi viene tradotto in apprendimento.
Gli effetti benefici sono innumerevoli.
Scrivere calma la mente. Non importa cosa si scrive, un diario, un appunto, un blog, un libro, una poesia, una canzone, ogni traccia di “nero su bianco” ha il potere di calmare la mente dando un nuovo ordine ai pensieri creando nuovi o comunque più profondi significati. La prova diretta di questo beneficio la si può sperimentare scrivendo quello che si sta’ provando quando si è arrabbiati, immediatamente sperimenteremo l’effetto calmante.
Scrivere aiuta a stare con noi stessi. A seconda di cosa e come si scrive è richiesto del tempo, per scrivere dobbiamo fermarci e ascoltare i nostri pensieri pertanto passeremo del tempo dedicandoci a noi stessi.
Scrivere aiuta a gestire il pensiero ossessivo. Conosciamo bene l’inutilità e invasività dei pensieri che si sviluppano quando abbiamo un problema. Condizionati dal lato emotivo (preoccupazioni e pessimismo) ci affanniamo alla ricerca di una soluzione focalizzando soluzioni spesso ripetitive e inadeguate. In questi casi scrivere mette ordine, offre maggiore consapevolezza, riorganizza e aiuta a trovare nuovi significati riattivando il processo creativo di solving.
Qualsiasi cosa scriviamo e in qualsiasi modo lo facciamo, che sia un diario, una lettera, un romanzo, delle poiesie ecc. ha comunque un certo valore e comunque ci da la possibilita’ di esprimere, valorizzare e comprendere meglio noi stessi.
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FELICITA’ IN QUESTO MONDO Un viaggio alla scoperta del Buddismo e della felicità
Recensione di Simona De Pace
Autore: Giuseppe Cloza Editore: Giunti Editore Anno edizione: 2022. In stampa dal: 12 gennaio 2022 Pagine: 128 p., Brossura EAN: 9788809948464
“Niente va distrutto perché tutto si può trasformare”
Al di là della propria fede, questo testo può essere una lettura piacevole da cui trarre spunto e qualche conoscenza in più, cercando di adottare il concetto di “trasformazione”.
Io stessa ho subito una trasformazione lasciandomi oltrepassare dalle parole presenti nel libro di Cloza, e ho capito che nulla va distrutto perché possiamo trasformare tutto. Il problema è che, anche se ognuno di noi avrebbe la capacità di farlo, cioè di “trasformare”, a volte siamo troppo pigri o cerchiamo di aggrapparci a mille scuse e giustificazioni, rimandando al domani la cura delle ferite non cicatrizzate. Troppo spesso rimuginiamo sugli avvenimenti, o almeno nella vita è capitato a tutti di affrontare una situazione logorante, e anziché trasformare “quella cosa”, l’abbiamo legata a noi come una zavorra. Il punto cruciale del libro è proprio questo: “trasformare” è la parola chiave che può condurci sempre più verso una consapevolezza dell’essere.
QUALE FELICITÀ?
Tutti siamo alla ricerca della felicità o, almeno, aspiriamo ad essa, ma tendiamo a perderci facilmente, concentrandoci troppo sull’essere in linea con questa società e svilendo, talvolta, la nostra Unicità. Ci arricchiamo e circondiamo di beni materiali che, spesso, non servono a nulla. Il Buddismo ci spiega che la “lifefulness”, cioè la pienezza della vita, è dentro di noi. In realtà abbiamo già tutto ma non lo sappiamo, o diamo per scontato tante cose, come il fondamentale senso di gratitudine per il solo fatto di essere vivi. È importante, invece, porsi un obiettivo ogni giorno, dedicando del tempo alla cura spirituale e alla cura degli altri.
I MANTRA
I mantra nel buddismo rappresentano preghiere cariche di energia che vengono recitate armonizzando la voce, perché pervadano l’universo, consentendo a chi li recita di entrare in armonia con la legge dell’universo attraverso il suono. Oltre ogni scetticismo, bisogna pensare che la preghiera o la musica recitata possono generare armonia interiore. Le onde Alfa sono emesse dal cervello quando si è in un momento meditativo, di calma emotiva e rilassamento fisico, e l’effetto che danno è quello di una mente tranquilla ma piena di energia.
TRA SOFFERENZA E CONSAPEVOLEZZA
“Felicità in questo mondo. Un viaggio alla scoperta del Buddismo e della felicità”, vuole essere una guida iniziale per capire come affrontare la sofferenza, che è un evento inevitabile della vita ma dal quale è possibile riemergere maggiormente strutturati. William Blake scrisse: “Vedere il mondo in un granello di sabbia”, che ricorda l’intuizione del Buddismo: trovare tutta la vita in un istante.
LA MELODIA DEL KARMA
Un altro concetto tanto discusso è quello di Karma; un antico termine in sanscrito che significa Azione. Qualsiasi azione (causa) mentale, verbale o fisica, produce una reazione (effetto). Volendo proporre un esempio: se un individuo è dominato dall’emozione della collera, avrà la tendenza a trattare male la gente (causa), creando intorno a sé un ambiente di conflitto dove le persone gli risponderanno con la stessa modalità (effetto), entrando così in questo circolo vizioso che porta alla sofferenza.
ACCORDIAMOCI
Anche il musicista e compositore Beethoven, nei suoi diari, espresse un pensiero simile, parlando di risonanza e armonia: “La vita assomiglia al vibrare delle note e l’uomo a uno strumento a corde. Se l’uomo non ha l’intonazione giusta non può risuonare con ciò che lo circonda”.
Concludendo, come afferma l’autore stesso, “Felicità in questo mondo. Un viaggio alla scoperta del Buddismo e della felicità” è un libro che vuole diffondere una visione universale, che nella sua essenza è comune a tutti: la visone Buddista della pace e dell’amore.
Buona lettura!
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Se il rumore del mare sovrasta quello dei pensieri, sei nel posto giusto.
La vita è un gioco in cui la prima regola è far finta che non lo sia!! Alan Wilson Watts
L’oggi è un dono, per questo si chiama presente! Uno dei segreti della felicità e il riuscire a vivere bene il presente, visto che il passato è stato ed il futuro è mistero. Godiamoci il presente mentre camminiamo verso il futuro. Siamo già tutti fortunati oggi ad esserci!! …Cu ti divierti e no’tt’angosci!! (dr Ettore Zinzi )
Usa il cervello!! campagna di sensibilizzazione sui social network “USA/APRI IL CERVELLO 2018”
Usa il cervello!! AMATI Tu sei l’unico che dovrà prendersi cura di se per tutta la vita! Sappi coccolarti, divertirti, scherzare su te stesso, sdrammatizzare, essere amico quanto padre e figlio di te stesso!! In questo modo imparerai ad AMARE!! (dr Ettore Zinzi per la campagna social di sensibilizzazione “USA/APRI IL CERVELLO 2018”)
Usa il cervello!! ESPLORA!! (dr Ettore Zinzi per la campagna social di sensibilizzazione “USA/APRI IL CERVELLO 2018”)
Ogni volta che impariamo qualcosa di nuovo, noi stessi diventiamo qualcosa di nuovo. (Leo Buscaglia) Apri il cervello!! DOCUMENTATI, studia , cresci… TI CONVIENE! (dr Ettore Zinzi per la campagna social di sensibilizzazione “USA/APRI IL CERVELLO 2018”)
APRI il cervello!! VIAGGIA!! Un Viaggio è sempre una scoperta, prima di luoghi nuovi è la scoperta di ciò che i luoghi nuovi fanno alla tua mente e al tuo cuore. Viaggiare è sempre, in qualche forma, esplorare se stessi. (StephenLittleword) (dr Ettore Zinzi per la campagna social di sensibilizzazione “USA/APRI IL CERVELLO 2018”)
Usa il cervello!! Non ti rifugiare nel telefonino o computer o gioco… VIVI!!! (dr Ettore Zinzi per la campagna social di sensibilizzazione “USA/APRI IL CERVELLO 2018”)
Usa il cervello!! Le differenze ci completano …pensaci… (dr Ettore Zinzi per la campagna social di sensibilizzazione “USA/APRI IL CERVELLO 2018”)
Apri il cervello!! Socializza!! gusta la condivisione, abbiamo tempo per stare soli… (dr Ettore Zinzi per la campagna social di sensibilizzazione “USA/APRI IL CERVELLO 2018”)
Auguro a tutti di trascorrere questo nuovo anno con la consapevolezza che siamo noi a scegliere progetttare e realizzare i nostri desideri ed obiettivi (Dr Ettore Zinzi)
Cambia punto di vista !! Sii creativo!! (dr Ettore Zinzi)
Sforzati di non avere solo successo, ma piuttosto di essere di valore. (Albert Einstein)
Evita di pensare: sono fatto così, le ho provate tutte, non posso farci niente, non ce la faccio, non posso perchè… ecc. Questi sono i soliti pensieri che ci bloccano facendoci sentire anche giustificati (Ettore Zinzi)
BUGIA : Falsa affermazione, fatta intenzionalmente per trarre altri in errore, o per nascondere una propria colpa, per esaltare sé stesso, o anche per celia e sim.; è parola più fam. di menzogna e indica in genere mancanza meno grave (dal vocabolario Treccani)
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LA FOTOTERAPIA.
L’utilizzo delle foto in psicoterapia, utile strumento per rileggere la propria storia.
Avete notato quante emozioni vi suscita riguardare delle vostre vecchie foto? Quanti ricordi che pensavate di aver dimenticato affiorano? Talvolta riemergono gli odori, i suoni, i colori e tutto quello che esse rappresentano per noi!!
Abbiamo foto appese in camera, nei cassetti, abbiamo foto di famiglia incorniciate in salotto, smartphone pieni di attimi belli e brutti, momenti di vita ormai trascorsi e che comunque rimangono parte di noi. Sono tanti i significati che le fotografie hanno nella nostra vita così come sono tante le mutazioni che esse hanno nella società: Sembra buffo al giorno d’oggi pensare che un tempo, per avere un proprio ritratto bisognava ricorrere ad un ritrattista pittore, invece oggi grazie all’avvento delle macchine fotografiche digitali, ed ancor più dei telefonini il concetto di fotografia è radicalmente cambiato. Da quando la fotografia nacque nel XIX secolo, quando era chiamata “dagherrotipia” dal nome del suo inventore Louise Jacque Mondè Daguerre ad oggi, l’avvento e diffusione del digitale ha allontanato la fotografia del suo originario significato. Lo scopo iniziale delle fotografie era quello di essere il mezzo con il quale congelare degli attimi, delle emozioni, degli eventi importanti, dei ricordi, sono stata utilizzate anche in ambito clinico per vari scopi; oggi invece l’attuale significato della fotografia sembra essere più vicino al mondo dell’artefatto che a quello della realtà. E’ ovvio infatti dedurre e notare che le foto odierne dovendo essere utilizzate nella realtà virtuale e spesso nei social network vengono realizzate al fine di mostrarsi e quindi attirare “like”, “retweett”, “pin” ecc.[1], sembrando quindi appartenere ad un mondo illusorio. Data la diffusione degli smartphone ormai ovunque è possibile avere una macchina fotografica a portata di mano, infatti, se non si ha una corretta educazione nell’uso del telefonino in molti casi si può cadere in un atteggiamento compulsivo nell’utilizzo degli scatti fotografici.
In molte circostanze di vita quotidiana, assistiamo a scene in cui le persone utilizzano i loro obiettivi, spinti da personali bisogni, si sorride osservando le varie reazioni delle persone di fronte ad uno scatto: c’è chi insicuro scatta selfie in continuazione controllandone compulsivamente la riuscita; c’è chi più narcisista riguardando la foto con amici ripete più volte di essere venuto male attendendosi di essere contraddetto e gratificato; c’è chi di indole più evitante è convinto di essere venuto male in foto, pertanto non la guarda nemmeno; c’è chi più introverso e con più bassa autostima riguardando la fotografia in modo furtivo e imbarazzato chiede di cancellarla; c’è chi essendo ancora un bambino quindi con un sé ancora in evoluzione, ama rivedersi mostrandosi soddisfatto e divertito.
Ognuno di noi riguardando una foto ha una sua differente reazione e vissuto; per ognuno di noi la fotografia con il suo realismo e catarsi assume un senso simbolico unico e soggettivo e che spesso è dipendente al periodo di vita in cui la si guarda, dagli odori memorizzati, colori, ricordi… che ne riaffiorano.
[1] Aprendo una parentesi “leggera” per comprendere meglio l’uso e significato attuale delle foto ed in particolare dei selfie nei social network, è utile citare una comica e abbastanza satirica (anche se forse troppo scurrile nel linguaggio) serie amatoriale chiamata “Behind A Selfie”.e realizzata da uno “youtuber” di nome Federico Clapis
Spesso in un percorso di psicoterapia chiedo ai miei clienti di raccontarmi la loro storia. Oltre alla narrazione personale fatta di parole utilizzo anche quella per immagini. Chiedo di frugare negli album di famiglia, nei cassetti, nei telefonini, nei pc… e di cercare foto che possano aiutarci a raccontare e ricostruire la loro storia di vita. Chiedo di ordinare le foto partendo da quelle dei primi anni di vita sino al presente, in un racconto fatto di foto e ricordi che possano mettere ordine alla loro storia. Si possono scegliere le foto più significative, e se il cliente ne porta tante, verranno scelte alcune foto da conservare ed alcune da mettere in sfondo non utilizzandole e dando un senso al materiale scelto.
Il lavoro sugli album fotografici offre tanti spunti per lavorare. Nel raccontarsi emergono nuove consapevolezze su se stessi, sulla propria famiglia, sul proprio ruolo e modo di “essere” nei vari momenti di vita e durante la costruzione della propria identità personale.
Personalmente, ritengo che in Psicoterapia, l’utilizzo di questa tecnica è molto utile in tuttle le sue fasi:
Fase autonoma di scelta delle foto. Quando ci si troverà a casa soli, o nella casa dei propri genitori a frugare nei cassetti, album ecc. cercando foto, si potrà avere la possibilità di iniziare in modo intimo e personale a raccogliere le varie tracce di sè notandone nuove chiavi di lettura.
Fase di lavoro psicoterapeutico vero e proprio. Quando le foto verranno mostrate in seduta esse potranno offrire vari spunti di riflessione, potranno essere utilizzate come via per l’accesso a ricordi ed emozioni da esplorare e rielaborare assumendo un grande valore psicoterapeutico. L’atto del narrarsi offre la possibilità di rispecchiarsi nel terapeuta che a sua volta ne restituisce la sua “unicità”. Il compito principale del terapeuta è quello di facilitare e guidare il paziente nel percorso di scoperta e crescita personale attraverso l’esplorazione e interazione con le sue foto, cartoline, immagini di riviste, biglietti d’auguri, amuleti ecc. Le fotografie in terapia possono facilitare il cliente nel divenire più consapevole della propria identità fisica e psichica quindi rafforzare la propria autostima. A volte una foto viene considerata un’immagine definita e limitata con un suo significato preciso, altre volte banale o addirittura piena di significati nuovi e diversi.
BREVI CENNI DI STORIA dell’utilizzo DELLE FOTO in TERAPIA
Uno dei pionieri nell’utilizzo della fotografia in ambito psichiatrico fu Hugh Diamond, fotografo e psichiatra del “manicomio” del Surrey County Lunatic Asylum dal 1848 al 1858. Diammond fotografò tutti i suoi pazienti. Inizialmente provò ad utilizzare le foto a scopo diagnostico, egli cercava di catturare con l’obbiettivo tratti caratteristici delle varie psicopatologie quasi come fece Lombroso nei suoi studi di fisiognomica criminale. Successivamente si rese conto che i suoi pazienti quando si riguardavano in foto acquisivano maggiore consapevolezza di se stessi, presentando diversi progressi psico-fisici.
Negli stessi anni circa, Jacob Levi Moreno, ideatore dello Psicodramma, usava spesso le fotografie per iniziare delle sedute di gruppo. Lo Psicodramma di Moreno sembra essere stato un utile spunto per i successivi progetti di Fototerapia avviati negli anni 80’ da Jo Spence. Egli, altro pioniere della fototerapia consiglia di: “utilizzare la fotografia per curare noi stessi, prendendo sempre in considerazione la possibilità della trasformazione attiva”, in pratica suggerisce l’esplorazione delle proprie fotografie di vita come strumento per acquisire maggiore consapevolezza e quindi utilizzarle per modificare delle parti di sé, al fine di migliorarsi.
Carl Ramson Rogers, padre della psicoterapia ad approccio umanista, non-direttivo e centrato sul cliente, sempre intorno alla metà degli anni 40’, durante le sue terapie si serviva delle fotografie utilizzandole come stimoli introspettivo-esplorativi.
Già negli anni 60’, l’ideatrice della tecnica proiettiva dello “scenotest” Gerhild Von Staabs, nelle sue terapie utilizzava vari “oggetti simbolici” come bambole, corde, ecc., ma anche le fotografie al fine di far costruire ai suoi clienti delle scene che poi venivano analizzate.
Nel 1967 Marshall McLuhan, lamentava il fatto che nel 900 nonostante la fotografia avesse ormai preso piede “raccontando” l’esistenza di diverse persone e famiglie, essa era ancora poco utilizzata in psicologia e nel percorso di conoscenza del sé, ma non per questo era un mezzo meno potente di esplorazione interiore.
Negli anni 70’, lo psicoanalista Heinz Kohut, specialista in disturbi narcisistici di personalità, approfondiva grazie all’ausilio di fotografie portate dal paziente, lo studio anamnestico, di valutazione e di diagnosi del paziente potendone cogliere anche gli aspetti salienti della sua infanzia.
Era il 1975 quando la psicologa e arte-terapista, Judy Weiser, scrisse il primo articolo J. Weiser, Photography as a verb in “The BC photographer”, 1975, (disponibile al link: www.phototherapy-centre.com) nel quale utilizzando la parola “Fototerapia”, spiegava come appunto l’impiego della foto in psicoterapia potesse essere un utile strumento di comunicazione intima e interpersonale per comprendere meglio la propria storia personale attraverso la narrazione di sé . Dopo che nel 1979, negli Stati Uniti si svolse il primo convegno internazionale di Fototerapia la J. Weiser e nel 1982 aprì un “Photo Teraphy Centre” a Vancouver in Canada, archivio e sede dei corsi in cui venivano insegnate le tecniche da utilizzare in psicoterapia con l’ausilio delle foto.
Judy Weiser e Linda Berman (1993) hanno usato la “Fototerapia” in un setting di psicoterapia, al fine di facilitare la crescita e l’esplorazione del vissuto emotivo interiore mettendolo anche in rapporto al contesto famigliare.
Successivamente sia in letteratura che in pratica sono stati molti gli studiosi che si sono espressi favorevoli e convinti del potere terapeutico che hanno le foto. Oggi, sono davvero tante e varie le tecniche utilizzate in seduta a fini terapeutici. Gli scatti sono spesso usati all’interno del setting come stimolo psicoterapeutico, in quanto facilitante l’esplorazione del proprio mondo emozionale intimo, familiare ed anche del mondo extrafamigliare ristretto.
Bibliografia
Bermann L., La fototerapia in psicologia clinica. Metodologia e applicazioni. Edizioni Erikson, 1996
Carl Ramson Rogers, Terapia centrata sul cliente, Psycho (2000)
Demetrio D., Raccontarsi. L’autobiografia come cura di sé, Raffaello Cortina, Milano, 1996
Gerhild von Staabs, The Scenotest: A Practical Technique for Understanding Unconscious Problems and Personality Structure, Hogrefe & Huber (1991)
Heinz Kohut, Potere, coraggio e narcisismo, Astrolabio-Ubaldini (1986)
Jacob Levi Moreno, Manuale di Psicodramma: il teatro come terapia, Astrolabio (1985)
Jo Spence, Putting Myself in the Picture: a Political, Personal and Photographic Autobiography, Camden Press (1986)
Jung C. G., L’uomo e suoi simboli, Longanesi, Milano, 1980
Marshall McLuhan, The Medium is the Massage: An Inventory of Effects with Quentin Fiore, produced by Jerome Agel 1967; 1st ed. Random House; reissued by Gingko Press, 2001. ISBN 1-58423-070-3.
Piccini F., Ri-Vedersi, guida all’uso dell’autoritratto fotografico per la scoperta e la costruzione del sè, Red Edizioni, Milano 2008
Piccini F., Tra Arte e Terapia, utilizzi clinici dell’autoritratto fotografico, Cosmopolis, Torino 2010.
Terry Dennett, The Wounded Photographer: The Genesis of Jo Spence’s Camera Therapy, Afterimage nov-dec (2001)
Tucker J., ‘Diamond, Hugh Welch (1809–1886) ’, Oxford Dictionary of National Biography, Oxford University Press, 2004, accessed 2 Oct 2013
Terry Dennett, Jo Spence’s camera therapy: personal therapeutic photography as a response to adversity, European Journal of Psychotherapy & Counselling (2009)
Weiser J., PhotoTherapy Tecnique, exploring the secrets of personal snapshots and family albums, PhotoTherapy Centre Publischers, Vancouver 1999. (Fototerapia. Metodologia e applicazioni cliniche, Franco Angeli, 2013)
Weiser J., Photography as a verb in “The BC photographer”, 1975, disponibile al link: phototherapy-centre.com.
Permalink link a questo articolo: https://www.psicologo-taranto.com/2016/10/21/fototerapia/
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