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Robin Norwood “DONNE CHE AMANO TROPPO” recensione di Simona De Pace.

DONNE CHE AMANO TROPPO di Robin Norwood, recensione di Simona De Pace

Amare troppo è calpestare, annullare se stesse per dedicarsi completamente a cambiare un uomo “sbagliato” per noi che ci ossessiona, naturalmente senza riuscirci. Amare in modo sano è imparare ad accettare e amare prima di tutto se stesse, per potere poi costruire un rapporto gratificante e sereno con un uomo “giusto” per noi.

Donne che amano troppo è un saggio scritto da Robin Norwood, psicoterapeuta americana specializzata in terapia della famiglia, che ha lavorato per decenni nel campo delle tossicodipendenze e dell’alcolismo. Il libro viene pubblicato nel 1985 dalla casa editrice Feltrinelli. L’autrice narra delle vicende di alcune sue pazienti affette da diverse dipendenze e paure, come la dipendenza affettiva o la paura dell’abbandono.

Donne che si aggrappano disperatamente ad un uomo pur vivendo una situazione sbagliata che spesso può sfociare nella sindrome da croce rossina, o in una costante umiliazione e violenza fisica e verbale frequentando uomini patologici e compromessi spesso dipendenti dall’alcool o dalle sostanze stupefacenti o ancora affetti dalla sindrome di Peter Pan.

Spesso noi donne ci imbarchiamo in amori difficili complicandoci l’esistenza e vivendo ogni giorno questo rapporto come una continua sfida con il mondo ma soprattutto con noi stesse.

Pensiamo, lui cambierà, non lo farà più, mi ha dato uno schiaffo ma era arrabbiato, è colpa mia, o me lo meritavo, frasi che se una donna è in equilibrio e armonia, amando prima di tutto se stessa non pensa assolutamente, anzi, rimane incredula davanti a codeste parole soffermandosi sulle motivazioni che spingono alcune donne nelle cosiddette relazioni sbagliate o amori malati.

“Molte donne commettono l’errore di cercare un uomo con cui sviluppare una relazione senza prima avere sviluppato una relazione con se stesse; corrono da un uomo all’altro, alla ricerca di ciò che manca dentro di loro…
La ricerca deve cominciare a casa, all’interno di sé…
Nessuno può amarci abbastanza da renderci felici se non amiamo davvero noi stesse, perché quando nel nostro vuoto andiamo cercando l’amore, possiamo trovare solo altro vuoto”

Ci si innamora di qualcuno perché pensiamo che lui ha bisogno del nostro aiuto e incoraggiamento per sviluppare le sue capacità al meglio e se magari è un uomo pieno di problemi crediamo di poterglieli risolvere tutti noi da sole. Queste relazioni sbagliate portano ad annullarsi completamente e a svuotarci dentro, inconsapevolmente ci si ammala pian piano e se non si interviene in tempo si può ricadere in gravi patologie oltre che depressive anche legate ad esempio a disturbi alimentari. Noi donne siamo portate, storicamente, a pensare “male” di noi stesse. Perché cresciute convinte di essere fragili quasi inferiori, deboli, e di conseguenza bisognose di protezione. Molte donne sono attratte da uomini difficili e quasi quasi un uomo gentile e romantico potrebbe risultare noioso, ma quando la donna guarisce, capisce che l’amore vero può essere trovato solo se si ama prima se stesse. Se si riesce ad uscire da certe dinamiche, si avrà un rapporto alla pari, una relazione sana, dove il ruolo della donna e del partner si sintonizzeranno sulle stesse frequenze. Una relazione sana si costruisce da entrambi le parti, stando al fianco dell’uomo e non certo dietro rischiando di diventarne l’ombra.

“Se un individuo è capace di amare positivamente, ama anche se stesso; se può amare solo gli altri, non può amare affatto.”      Erich Fromm

Ma quali sono i motivi che spingono una donna a trascinarsi e trascinare una storia negativa?
Spesso capita che all’origine di questo ci possa essere un trauma, una famiglia problematica, un ruolo genitoriale assente, presenza di familiari malati psichici cronici, quindi le donne inconsciamente ricreano e rivivono aspetti significativi della loro infanzia; un’altra situazione potrebbe essere quella di crescere in una famiglia in cui le piccole donne si sono dovute prendere cura di qualcuno e per cui dovevano anche sacrificare le proprie esigenze e il proprio benessere.
R. Norwood fa intendere che le donne cresciute in queste situazioni da adulte tendono a barcamenarsi in storie problematiche rivestendo nelle relazioni di coppia la stessa funzione che svolgevano all’interno della famiglia.
Sia durante l’infanzia, che nelle relazioni attuali si tende a negare la sofferenza che si vive per poterla affrontare, spesso da sola la donna non può uscire da certe situazioni e cerca di tenere tutto sotto controllo. La psicoterapeuta nel libro spiega che già dalla tenera età i modi di reagire tra maschi e femmina sono differenti; la reazione di un bambino che vive una situazione familiare di abbandono e disagio cambia dunque dalla reazione di una bambina nella medesima condizione.
Il bambino potrebbe trasformare il suo disagio diventando un uomo violento. Una bambina invece concentrerà tutte le sue attenzioni sul suo giocattolo preferito, che sia un peluche di orsetto o una bambola non cambia la sua funzione, la bambina se ne prenderà cura, la cullerà penserà ai suoi bisogni. Cresciuta, farà la stessa cosa, si prenderà cura di qualcuno questa volta di un uomo, ma con un uomo che avrà necessità di compassione, soccorso, aiuto e richieste di attenzioni che spesso sfociano nel vittimismo. Questo tipo di relazione non aiuterà nessuno dei due della coppia, anzi potrà rischiare di peggiore la situazione, in quanto un rapporto di coppia necessità di equilibrio, amore reciproco e stima, che porti sia ad una crescita individuale e personale sia ad una crescita relazionale.

“Se mai vi è capitato di essere ossessionate da un uomo, forse vi è venuto il sospetto che alla radice della vostra ossessione non ci fosse l’amore ma la paura; (…) paura di restare sole, paura di non essere degne d’amore e di considerazione, paura di essere ignorate, o abbandonate o annichilite. Offriamo il nostro amore con la speranza assurda che l’uomo della nostra ossessione ci proteggerà dalle nostre paure; invece le paure e le ossessioni si approfondiscono, finché offrire amore con la speranza di essere ricambiate diventa la costante di tutta la nostra vita”,

 Il problema principale nel ritrovarsi in un amore malato, parte dalla donna stessa. Deve comprendere i problemi interiori che la spingono a rifugiarsi in una sofferenza che non può che generare altra sofferenza smettendo di prendersi cura di se stessa.
Dall’amare troppo si può guarire, è un percorso lungo e doloroso ma possibile. L’aiuto da parte di una figura professionale (uno Psicoterapeuta) e del conseguimento di un percorso guidato è fondamentale.

La psicoterapia può essere un ottimo punto di partenza per scavare nel passato e comprendere meglio noi stesse. Non si può più ricadere in relazioni sbagliate una volta che si comprendono le cause delle scelte inadeguate alla nostra vita e benessere, che portano ad uno svuotamento piuttosto che ad un arricchimento dell’animo. Bisogna arricchirsi di bellezza e circondarsi di relazioni sane e autentiche.

“Invece di una donna che ama qualcun altro tanto da soffrirne, voglio essere una donna che ama abbastanza se stessa da non voler più soffrire”

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AUTOSTIMA

AUTOSTIMA , una marcia in più !!!
9 CONSIGLI per migliorare la propria autostima e sentirsi a proprio agio.

Sentirsi inferiori agli altri è sintomo di bassa autostima. Essere brutti, essere bassi, essere grassi, essere condizionati dall’aspetto estetico di una parte del nostro corpo concentrandoci sui brutti e strani piedi, mento, collo, capelli ecc….  è invalidante e condiziona il nostro modo di vivere queste nostre “differenti” caratteristiche.
L’autostima si sviluppa nel corso della nostra vita grazie a una serie di vissuti avuti nei vari contesti di vita; Bracken ha sviluppato il Modello Multidimensionale dell’Autostima”:

“L’autostima si evolve in svariati contesti ambientali in cui i bambini e gli adolescenti si trovano ad agire più o meno attivamente: relazioni interpersonali, controllo sull’ambiente, emotività, successo scolastico, vita familiare, vissuto corporeo” (Bracken, 1992, p. 19).

“L’autostima si evolve in svariati contesti ambientali in cui i bambini e gli adolescenti si trovano ad agire più o meno attivamente: relazioni interpersonali, controllo sull’ambiente, emotività, successo scolastico, vita familiare, vissuto corporeo” (Bracken, 1992, p. 19)La bassa autostima induce al complesso d’inferiorità che è quella condizione psichica che non permette di accettarsi come si è, con le proprie particolarità e differenze. In quest’ottica tutti gli altri sono migliori e più capaci di raggiungere determinati obbiettivi, quindi ci si mette al secondo posto svalutandosi e premettendo agli altri di fare la stessa cosa.

La BASSA AUTOSTIMA induce diverse sintomatologie come:

  • Insoddisfazione cronica. Non si è mai in grado di attribuire a se stessi le proprie vittorie dando importanza maggiore alle sconfitte, impedendo di gioire ed essere appagati da quello che si fa.
  • Aggressività. . La frustrazione porta a prendersela anche con gli altri e a reagire in modo aggressivo tentando di mascherare l’insicurezza.
  • Competitività. Svalutandosi ci si mette nella condizione a volte anche inconscia e celata di voler dimostrare il contrario confrontando in continuazione se stessi con gli altri e cercando quindi di mostrarsi migliori di chiunque.
  • Dipendenza. Viste le difficoltà nel auto-gratificarsi si dipende spesso dagli atri cercando in loro il modo per trovare gratificazione, conferma, consenso.
  • Paura di rischiare. Si tende ad essere passivi con scarso spirito di iniziativa per paura di sbagliare o essere giudicati incompetenti.
  • Agitazione continua. Spesso come sfogo dell’insoddisfazione si cerca sempre di fare di più non fermandosi mai e quindi si è irrequieti e non ci si riesce a rilassare.
  • Solitudine. Non essendo soddisfatti nel rapporto con gli altri ci si sente soli e non si è mai contenti delle attenzioni ricevute dagli amici e famigliari.
  • Esagerazione, ansia. Spesso si esagera cercando ad esempio di essere perfetti, cosa assolutamente sbagliata oltre che impossibile in quanto la perfezione non esiste. Spesso accade che si fanno diverse ore di esercizio fisico cercando di rendere il proprio corpo perfetto.
  • Ostentazione. Può accadere che in pubblico si evidenziano delle proprie particolarità o status proprio come difesa e per compensare il personale vissuto di inferiorità.

La bassa autostima condiziona il pensiero. Gli insuccessi infatti vengono vissuti come gravi carenze personali, spesso infatti ci si illude di dover essere perfetti e visto che ci si concentra nei propri difetti non si riescono a vedere le proprie qualità e potenzialità. In questa ottica, gli insuccessi lavorativi vengono vissuti come carenza di competenze; ad esempio un relazione terminata viene vissuta come la prova dell’avere problemi, di essere bassi, di essere brutti, dell’avere un brutto carattere ecc..
Se non ci si apprezza da soli è ovvio che anche gli altri siano autorizzati a non farlo, è inoltre piuttosto difficile migliorare se non ci si vuole bene e non si accettano i propri difetti e limiti.  
Albert Einstein diceva “E’ da folli aspettarsi risultati diversi facendo le stesse cose e nello stesso modo!”

COSA FARE per migliorare la propria autostima e sentirsi a proprio agio?

La chiave per vivere bene con noi stessi ed in armonia con l’esterno è proprio quella capacità di conoscere ed accettare i propri limiti valorizzando i personali punti di forza.
E’ molto utile contestualizzare i propri difetti chiedendosi rispetto a chi e a cosa si è penalizzati? e soprattutto perché, a chi e cosa abbiamo da dimostrare?
Una persona con una sana autostima non ha alcuna necessità e bisogno di dimostrare continuamente quanto vale, in quanto conosce ed accetta i propri limiti, valorizza i propri punti di forza e non ha bisogno di approvazione e riconoscimento da parte degli altri. Quando si valorizzano i propri punti di forza infatti, si ottengono dei risultati eccellenti con quello che si ha superando i propri limiti.

9 CONSIGLI per MIGLIORARE L’AUTOSTIMA e sentirsi a proprio agio:

  1. Amarsi. Abbiamo tutti il dovere di volerci bene e riuscire a coccolarci da soli. E’ opportuno spendere del tempo a prenderci cura di noi, vestendo come ci piace, pettinandoci, profumandoci, andando dal dentista ecc.
  2. Accettarsi. Piacersi anche con difetti, aiuta ad essere liberi e spontanei in ogni situazione.
  3. Valorizzarsi. E’ molto utile ricordare le proprie qualità e i propri successi.
  4. Essere ottimisti. E’ utile guardare “il mezzo bicchiere pieno”, è utile focalizzarsi sul lato positivo delle situazioni.
  5. Essere Assertivi. Sviluppando l’abilità di affermare se stessi in modo costruttivo, essendo attivi, poco aggressivi e facendo scelte responsabili. Esprimendo quindi la capacità di autoaffermazione soggettiva autentica ed efficace.
  6. Vivere nel “qui ed ora”. E’ opportuno essere concentrati sul presente per godere delle piccole mete raggiute e fare in modo che gli insuccessi vengano vissuti nel momento in cui avvengono e non oltre. Il passato ci è utile come base di apprendimento al fine di non ripetere errori già commessi; il futuro invece ci è utile per avere una direzione, ambizione, scopo ecc.; il presente per costruire e godere dei successi che si ottengono.
  7. Dare importanza al linguaggio corporeoAssumere una mimica positiva, di apertura, sorriso, posizione eretta, aiuta a sentirci anche psicologicamente meglio e soprattutto a rimandare nell’altro una immagine buona di noi stessi quindi predisporlo a noi.
  8. Coltivare le Aree di Vita. Il Modello Multidimensionale dell’autostima (vedi figura sopra) evidenzia che essa è composta da vari contesti in cui viviamo pertanto essi vanno stimolati e coltivati al fine di essere vivi e attivi nella nostra vita. Quindi è molto utile:
    -mantenere buone relazioni famigliari, amicali, sociali; -coltivare i propri interessi impegnandosi nel lavoro, scuola, tempo libero;
    -dare importanza e valorizzare le proprie emozioni e vissuto corporeo;
    – imparare a gestire le varie realtà e contesti.

  9. Psicoterapia. Capita di non riuscire da soli a risolvere le proprie difficoltà è consigliabile in quei casi rivolgersi quanto prima possibile ad uno psicoterapeuta che attraverso un percorso di psicoterapia possa aiutare a correggere le insicurezze e le proprie distorsioni cognitive (errori di valutazione). Ci sono casi in cui la marcata bassa autostima può portare a veri e propri disturbi di personalità come: dipendenza affettiva, disturbo narcisistico di personalità (con autostima ipertrofica finalizzata a mascherare l’insicurezza), disturbi dell’alimentazione, disturbi dell’umore o disturbi d’ansia. La Psicoterapia ad approccio Umanistico Integrato essendo eclettica e centrata sulla persona risulta molto utile per risolvere tale difficoltà

BIBLIOGRAFIA

  • Bracken, B.A. (1992). MSCS-Multidimensional Self-Concept Scale. Austin (Texas): RP_ED. Trad. it. Testi di valutazione multidimensionale dell’autostima. Trento: Edizioni Erickson, 2003
  • Bandura, (2000). Il senso di autoefficacia, Trento, Casa editrice Centro Studi Erickson.
  • Branden (2004). I sei pilastri dell’autostima, Milano, Casa editrice Corbaccio
  • Giusti E.; Testi A. (2006) L’ autostima, 224 p., brossura, Sovera Edizioni (collana Psicoterapia e counseling)

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