Tag: inquinamento Taranto

L’esposizione agli inquinanti causa l’abbassamento del rendimento scolastico.

L’esposizione alle sostanze tossiche presenti nell’aria causa l’abbassamento del rendimento scolastico.

Questo è quanto emerge da una ricerca svolta studiando dei bambini delle scuole di El Paso in Texas, negli Stati Uniti d’America, spesso troppo esposti a inquinanti provenienti dal traffico veicolare:

Residential exposure to air toxics is linked to lower grade point averages among school children in El Paso, Texas, USA. Clark-Reyna SE1, Grineski SE2, Collins TW3.

ricerca-texas-inquinamento psiche zinzi-rendimento-scolastico-zinzi1Department of Sociology and Anthropology, University of Texas at El Paso, 500 W University Ave, El Paso, TX 79902, USA; seclarkreyna@miners.utep.edu.
2Department of Sociology and Anthropology, University of Texas at El Paso, 500 W University Ave, El Paso TX 79902, USA.
3Department of Sociology and Anthropology, University of Texas at El Paso, 500 W University Ave, El Paso TX 79902, USA; twcollins@utep.edu.

Lo studio frutto di una ricerca partita nel 2012 sulla salute respiratoria del bambini   “Residential exposure to air toxics is linked to lower grade point averages among school children in El Paso, Texas, USA” pubblicato su Population and Environment da un team di ricercatori dell’università del Texas – El Paso (Utep) evidenzia che i bambini che sono residenti e frequentano scuole in quartieri a basso reddito tendono ad essere sproporzionatamente esposti alle sostanze tossiche presenti nell’aria. Questo è motivo di preoccupazione, perché l’esposizione a inquinanti tossici ambientali incide negativamente sulla salute, lo studio svolto in Texas ha rilevato infatti un abbassamento del rendimento accademico. Fino ad oggi, non si conosceva la correlazione tra sostanze tossiche presenti nell’aria e rendimento scolastico. Gli studiosi dell’Utep hanno analizzato il rendimento scolastico e i dati socio-economici di 1.895  scolari dell’ El Paso Independent School District (EPISD) e hanno utilizzato il National Air Toxics Assessment (NATA) dell’ Environmental Protection Agency (Epa), per studiare l’esposizione dei bambini ai contaminanti tossici nell’aria, quali le emissioni di  diesel nei dintorni delle loro abitazioni. Il gruppo utilizzando il National Air Toxics Assessment ha effettuato un stima del rischio dell’esposizione al particolato presente nel diesel a carico dell’apparato respiratorio.
I dati individuali, raccolti attraverso un sondaggio fatto per posta elettronica, hanno per la prima volta evidenziato che i bambini esposti a sostanze tossiche presenti nell’aria, in particolare quelli provenienti da fonti mobili quindi veicolari, sono in associazione statisticamente significativa con l’abbassamento delle medie dei voti degli studenti che frequentano il quarto e quinto anno di 58 scuole elementari di El Paso (Texas, USA, distretto EPISD). Questa ulteriore ricerca lascia diversi spunti di riflessione.

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Ambiente e identità. Gli effetti psicologici dell’inquinamento

Ambiente e identità.
Gli effetti psicologici dell’inquinamento
Data la complessità dell’argomento verranno affrontati le seguenti tematiche:

1. Identità di sé
2. Identità sociale
3. Identità di luogo
4. Stress ambientale/Frustrazione
5. Stress e impotenza appresa
6. Effetti dovuti allo stress/inquinamento ambientale
sulla fisiologia
sulle relazioni interpersonali
sui compiti cognitivi
sui comportamenti
sulla psiche
7. -adattamento allo stress
8. -percezione del rischio

Ambiente e identità. Gli effetti psicologici dell’inquinamento.

“Il pensiero ecologico (…) rivela un sé nobilitato ed esteso, in quanto parte del paesaggio e dell’ecosistema, la bellezza e la complessità della natura sono in continuità con noi (…), dobbiamo affermare che il mondo è un essere, una parte del nostro proprio corpo” (Shepard, 2006). Per approfondire al meglio gli effetti psicologici dell’Ambiente inquinato, e, quindi, la connessione diretta che c’è tra psiche e ambiente, è opportuno conoscere prima la “psiche”, quindi i Processi di identità e successivamente comprendere i disturbi psicologici che l’inquinamento crea su di noi.
La maggior parte degli studi empirici sull’identità condotti fino ad ora hanno evidenziato l’importanza di tre principali aspetti dell’identità:

  1. Identità di Se’ (Teoria dell’identità, Stryker & Burke, 2000). I comportamenti che hanno maggiore probabilità di essere messi in atto sono quelli che hanno con l’identità in questione, una serie di significati sociali (Sparks & Shepherd, l992). L’identità delle persone infatti è legata anche agli ambienti che si “sperimentano”, poiché i processi psicologici che la strutturano e definiscono comprendono anche le relazioni con gli oggetti, le persone, i luoghi e i simboli.
    Es.: è molto probabile che chi “ama la vita”, se informato e quindi consapevole del male che l’ambiente sta subendo, assuma posizioni contrastanti con un grosso polo siderurgico che non rispetta le prescrizioni legislative italiane ed europee, che limitano le emissioni di inquinanti nell’ambiente.
  2. Identità sociale (Teoria dell`identità Sociale, Tajfel, 1981; Tajfel & Turner, 1979; Capozza & Brown, 2005). L’identificazione con un gruppo può predire la messa in atto di comportamenti volti a perseguire o a difendere gli interessi di tale gruppo (Terry, Hogg & White, 1999).
    Es. Se nel mio gruppo/famiglia ci sono casi di tumore io cercherò di difendere la salute combattendo le cause di tali incidenze.
  3. Identità di luogo. (Proshansky, Fabian & Kaminoff, 1983; Bonaiuto, Twigger & Breakwell 2004). Quando il comportamento pro-ambientale, connesso con un certo luogo, acquisisce un valore positivo per il gruppo, esso potrebbe essere visto come funzionale al mantenimento di un‘identità di luogo (e sociale) positiva (Uzzel et al. 2002).
    Le persone si dovrebbero impegnare per proteggere il proprio ambiente, in quanto parte integrante della propria identità.
    Secondo Proshansky, Fabian e Kaminoff (1983), l’identità di luogo è un costrutto centrale della Psicologia Ambientale, che recentemente è stato contemplato anche all’interno delle teorie dell’identità sociale (Bonaiuto et al., 2004). Con identità di luogo si intende una sub-struttura cognitiva dell’identità, che favorisce le funzioni integrative del Sé e che si alterna tra dimensione individuale e sociale. L’esperienza riguarda sempre ambienti fisici connotati da significati e credenze sociali A livello psicologico, riferendoci alla “Teoria dell’Attaccamento” di Bowlby (1969), che ha catalizzato l’interesse della Psicologia Ambientale sulla natura affettivo-emozionale del rapporto uomo\ambiente, possiamo parlare di “attaccamento di luogo” riferendoci a quei condizionamenti positivi, a volte inconsapevoli, che si acquisiscono nel tempo, grazie ai legami comportamentali, affettivi e cognitivi tra gli individui e/o i gruppi e i loro ambiente socio-fisico (Brown e Perkins, 1992). Dunque, i sentimenti che noi sentiamo nei riguardi dei “nostri” luoghi (e delle relative comunità di cui facciamo parte) definiscono meglio la nostra identità, e danno un significato alla nostra esistenza (Giuliani, 2003).
    L’ attaccamento di luogo ha importanti funzioni, come dare stabilità, sicurezza e difesa all’identità personale; questo è un processo dinamico, in quanto le trasformazioni dei luoghi, delle persone e delle attività causano cambiamenti nelle modalità di attaccamento, le quali si creano e ricreano continuamente.
    L’ambiente residenziale è tra i luoghi con cui una persona sviluppa una relazione di attaccamento, senza subbio il più importante (e quindi il più studiato), per la sua salienza relazionale e temporale nell’arco di vita di una persona. Cosi come per la soddisfazione residenziale, anche l’attaccamento residenziale, può riferirsi ad un continuum su scala territoriale sempre più esteso, andando dalla propria abitazione alla propria città e assume significati sempre più sociali quando investe territori di scala più ampia (la propria regione e il proprio stato; cfr. Mura, 2005).
    L’identità di luogo ha un effetto di attenuazione sulla percezione della pericolosità di una fonte inquinante locale, infatti ci sono studi empirici che hanno messo in evidenza come l’ identificazione regionale (un`identità di luogo specifica) sia in grado di mediare la percezione dell’inquinamento del proprio ambiente: i soggetti più identificati con la propria regione hanno una minore percezione di inquinamento, mostrando una tendenza simile a quella dell’identità sociale, percependo soprattutto gli aspetti positivi del proprio gruppo, per mantenere un livello elevato di autostima (Bonaiuto et al., 1999).
    Identificarsi fortemente o essere particolarmente attaccati ad un determinato luogo porta le persone a mettere in atto comportamenti protettivi verso quel luogo… A livello psicologico si può parlare anche di difesa, al fine di rendere meno terrificante la realtà e difenderci quindi dalle “somatizzazioni”. Le persone si impegnerebbero a proteggere il proprio ambiente in quanto parte integrante della propria identità (Bonnes, Carrus & Passafaro, 2006; Carrus et al. 2005; Stedman, 2002). Da quanto detto si può quindi ipotizzare che la popolazione di Taranto sottostimi l’inquinamento prodotto dai grossi insediamenti come ILVA, Cementir, Inceneritori, Cantieri Navali della Marina Militare, Eni ecc., non ribellandosi a questa ingiusta situazione, anche a causa dell’effetto delle “difese interne” che agiscono per mantenere una adeguata identità di luogo e proteggono l’individuo dalla “frantumazione dell’io”.
    Nonostante i cittadini mettano in atto delle difese, comunque l’inquinamento atmosferico può effettivamente causare uno stato ansioso e di paura, in quanto esso attacca i processi di percezione “sana” dell’identità. La percezione di una minaccia, che non è ben chiara o che non viene adeguatamente spiegata pubblicamente, può determinare alcune malattie psicosomatiche e forme maniacali. Queste malattie, tra 1’altro, dovrebbero avere maggiore frequenza (a causa dell’effetto “impotenza appresa” che approfondiremo in seguito) in città in cui, soprattutto per scelta politica od economica, si tende a nascondere un eventuale pericolo o addirittura dei dati di fatto, al fine di tutelare la posizione di pochi piuttosto che l’intera comunità. Questo avviene perché tali scelte politiche, sbagliate, mettono il cittadino nella condizione di avvertire maggiore senso di “malessere” a causa della sua impotenza. Vedi il caso il caso ILVA: nonostante gli elevati valori degli inquinanti emessi, si tende ad insabbiare la reale situazione del territorio. A tal proposito appare emblematico ricordare come lo stesso dirigente dell’azienda ILVA, Emilio Riva, in una intercettazione telefonica abbia definito il suo addetto alle pubbliche relazioni, Girolamo Archinà, “maestro degli insabbiamenti”.
  4. E’ ormai di uso comune parlare di stress ambientale, per definire una “condizione ambientale fisica e sociale che la persona percepisce come attualmente o potenzialmente rischiosa dannosa o deprivante” (Lepore & Evans, 1996, p.350).Esempi di stressors sono l’Inquinamento cronico dell`aria, il rumore, l’affollamento, il cambiamento climatico, gli incidenti, i disastri ambientali (Lepore & Evans, 1996).Peron e Saporiti, nel 1995 individuano 5 stressori principali dovuti all’ambiente urbano:1. rumore2. affollamento3. traffico4. variazioni di temperatura5. inquinamento dell’ariaSi stanno diffondendo nei paesi industrializzati e nelle grandi città, manifestazioni di panico da parte delle persone che si trovano costrette ad inalare area rarefatta, sostanze tossiche ecc. Basta immaginare luoghi molto affollati come metro, autobus, treni ecc. In queste situazioni la causa degli attacchi di panico è da attribuire senza dubbio a tanti fattori, ma soprattutto all’inquinamento atmosferico, in particolare alla presenza di anidride carbonica e polveri sottili in quantità eccessive, che influisce sui chemiorecettori cerebrali, responsabili dell’eccessiva stimolazione del sistema nervoso attraverso i sensi e quindi degli attacchi di panico.Lo stress ambientale ha diversi effetti psicologici negativi.
  5. Seligman già nel 1975 parlava di “Stress e impotenza appresa” proprio per descrivere quella situazione in cui, persone o animali sperimentano un evento che non sono in grado di controllare e quindi sviluppano l’aspettativa di una mancanza di controllo in situazioni analoghe.
    Oggi è possibile parlare di “frustrazione”: essa viene definita come reazione a quelle situazioni in cui viene a trovarsi una persona quando è ostacolata, temporaneamente o in modo permanente, rispetto alla possibilità di soddisfare i suoi bisogni. Le caratteristiche fisiche del contesto di vita possono influenzare la soddisfazione dei bisogni di singoli individui o di interi gruppi. L’incontrare ostacoli al soddisfacimento dei bisogni è solitamente da considerarsi la normalità nel corso dell’esistenza, ma esistono dei casi, vedi l’inquinamento di Taranto che causa continui decessi, in cui tale condizione non può essere definita “normale”.
    Riveste un ruolo fondamentale quindi la percezione di controllo o la self efficacy. Per self efficacy si intende la convinzione che le persone hanno circa la loro efficacia personale di organizzare e dirigere le loro abilità e risorse per mettere in atto un`azione che li condurrà alla conseguenza desiderata (Bandura, 1977).
    Se il rischio è quindi imposto dall’esterno, vedi l’inquinamento di Taranto, esso è percepito come più intollerabile e grave, rispetto ad un rischio a cui ci si espone volontariamente (per esempio il fumare sigarette).
    L’impotenza appresa assume quindi il significato di Incapacità acquisita (Learned helplessness), cioè esposizione incontrollata agli stimoli negativi. L’andamento dei fenomeni non desiderati viene considerato del tutto indipendente dalle azioni, quindi vi è un abbassamento nella motivazione, con evidenti ripercussioni a livello di stress cognitivo e quindi con conseguenti effetti (Seligman, 1975) sull’umore.
  6. In base a quanto teorizzato e spesso rilevato sino ad oggi in letteratura e ricerca sul campo, si possono ipotizzare, e in molti casi confermare, diversi

    effetti dovuti allo stress/inquinamento ambientale:

    sui compiti cognitivi
    • diminuzione dell’attenzione nei compiti di vigilanza (Hockey,1979; Herzog, 1997);
    • diminuzione della memoria nei compiti cognitivi che coinvolgono l’attenzione, la memoria a breve termine, la memoria incidentale (Hockey,1979);
    sulle relazioni interpersonali
    • altruismo e cooperazione (unirsi per difendere la causa);
    • aggressività (Herzog, 1997). Le conseguenze dello stress si estendono poi anche alle relazioni interpersonali e agli affetti. In particolare è stato dimostrato che in condizioni di stress spesso recede il livello di altruismo e di cooperazione tra gli individui e si registra un incremento delle condotte aggressive (Cohen,1980);
    sulla fisiologia:
    • mutazioni genetiche;
    • cambiamento dei livelli ormonali a causa di sostanze tossiche o come semplice conseguenza del1’alterazione del benessere psicofisico (aumento delle catecolamine e corticosteroidi, sviluppo di cellule tumorali);
    • attivazione del sistema nervoso autonomo (aumento della pressione sanguigna, della conduttanza cutanea, della frequenza respiratoria, della tensione muscolare, variazione del battito cardiaco) (Evans e Cohen,1987);
    • malattie respiratorie acute e croniche, neoplasie, compromissione di altri organi (vedi tabella 2,3,4), disfunzioni varie all’apparato cardiovascolare, apparato gastroenterico, sistema neuro-immunoendocrino, sistema nervoso centrale, apparato respiratorio, altri organi e apparati;
    • aumento di probabilità nel contrarre il raffreddore, l’influenza, e le infezioni batteriche (Cohen,Tyrrell e Smith, 1991; Cohene Williamson, 1991);
    sui comportamenti:
    • comportamenti malsani;
    • riduzione delle ore di sonno;
    • mancanza di attività fisica;
    • poca attenzione e rispetto della natura (grazie all’acquisizione del “modello negativo”);
    sulla psiche:
    la sintomatologia psicosomatica conseguente si sviluppa per stadi progressivamente sempre più gravi, mano a mano che si è sottoposti agli stressors ambientali;
    • disturbi dell’attenzione e della memoria, quindi autopercezione di non essere all’altezza delle situazioni;
    • stress;
    • sindrome da impotenza;
    • rabbia/paura (nervosismo, ansia, attacchi di panico…);
    • nevrosi e idee ossessive;
    • depressione, rassegnazione;
    Il tempo di durata e l’intensità dello stress ambientale fanno sì che, cosi come accade con tutti gli stimoli continui ed incontrollabili subiti dall`uomo/bersaglio, a seconda delle qualità dello stimolo, si tende ad avere risposte differenti.

  7. Abbiamo infatti visto la reazione di “impotenza appresa”, ma si potrebbe anche avere una risposta di adattamento allo stress. L’effetto di adattamento è comunemente riscontrabile in tutte le ricerche che si sono occupate di rischio tecnologico (nelle ricerche sul nucleare, per esempio effettuate da Melber, Nealey, Hammersla e Rankin, 1977; Van der Pligt, 1992). E’ di estrema importanza sottolineare che nelle specifiche ricerche sul nucleare questo effetto è spiegato in termini di assenza di esperienze negative immediatamente riscontrabili come conseguenti all’installazione della centrale, quindi di riduzione della dissonanza cognitiva o di adattamento cognitivo. In breve, l’adattamento è molto più difficile quando si assiste alla presenza di esperienze negative, come tumori conseguenti ad esposizione prolungata agli inquinanti (vedi il caso di Marghera in Veneto o l’Ilva a Genova e Taranto). Nella ricerca di Lima (2004), sull’installazione di un inceneritore, si osserva l’effetto di adattamento sul livello di percezione del rischio, ma allo stesso tempo un aumento dei sintomi psicologici (ansia, depressione e stress) riportati dai residenti. Questi risultati sono interpretati dall’autrice come conseguenza delle continue “suggestioni” prodotte da danni derivanti dal vivere nei pressi dell’istallazione nucleare.
    Pensando al caso Taranto, quindi, è possibile ipotizzare che le persone, essendo consapevoli che l’aria che respirano non è sana, quindi consapevoli di essere continuamente sottoposti ad inquinanti, presentino un aumento di sintomi psicologici, come stress e depressione.
    Riassumendo schematicamente, l’adattamento allo stress, che spesso ha effetti di conservazione della specie, ha in questi casi conseguenze negative, quali:
    abitudine. Quindi abbassamento della sensibilità allo stress e relativa conseguente esposizione agli stressors, senza corretta valutazione del rischio, sottostimando il pericolo;
    generalizzazione della risposta. L’individuo adotta la modalità di adattamento (per es. abbassa la sensibilità a quello stress) anche in altre situazioni, per esempio in assenza dello stimolo o difronte a stimoli simili anche se nocivi;
    disturbi fisici e psichici a lunga durata quindi sensibilità alle malattie e abbassamento delle difese immunitarie;
    comportamenti aggressivi e vandalici (Moser, 1992) a causa del senso di impotenza nel controllo della fonte di inquinamento, processo di pensiero altamente frustrante a livello psichico.
  8. Bisogna anche considerare, in questo panorama di effetti e cause dell’inquinamento atmosferico, l’importante influenza che ha livello psicologico la percezione del rischio.
    Lazarus e Folkman (1984) hanno osservato che, in generale, le conseguenze sulla salute psichica delle persone che vivono in un ambiente stressante dipendono in primo luogo dalla valutazione della minaccia e in secondo luogo dalle risorse che le persone hanno per affrontarla.
    In questa prospettiva, la percezione del rischio delle persone che vivono nei pressi di un impianto industriale è collegata a un basso senso di controllo e a una bassa conoscenza della minaccia esistente. Questo porterebbe, di conseguenza, ad un aumento dello stress psicologico e psicofisico (Lima, 2004) e una modificazione della qualità della vita delle persone (Spedden, 1998). Se prima il concetto di rischio era inteso solo in termini di eventi di origine esclusivamente naturale (inondazioni, terremoti…), sin dal diciassettesimo secolo si include anche la responsabilità umana agli eventi di origine naturale; durante il periodo illuminista il concetto è stato affiancato a quello di probabilità di esiti negativi o positivi (Lupton, 2003). Attualmente il termine rischio viene legato a parole come pericolo, minaccia, azzardo e danno, quindi oggi non è più associato, come in epoca illuminista, ad eventuali esiti positivi, ma quasi esclusivamente a quelli negativi. Deplano G. in “la percezione del rischio” (2011) evidenzia come il rischio è elaborato dal nostro sistema cognitivo attraverso due vie:a) la via analitica (logica);
    b) la via esperienziale (emotiva).a) La via analitica, situata nella neocorteccia, ci permette di elaborare le informazioni in maniera logica. Questa forma di elaborazione è lenta e richiede un grande impegno cognitivo, quindi non è adatta quando si deve prendere una decisione velocemente (come accade nella maggior parte dei nostri comportamenti quotidiani), ma è più indicata quando si vuole valutare e ponderare con calma un rischio che si deve affrontare (per esempio nel caso di impatto ambientale delle industrie nella propria città).b) La via esperienziale è, invece, veloce ed automatica. Secondo alcune ricerche sembrerebbe che questa via funzioni tramite le reazioni emotive che sono associate al rischio; se la reazione è positiva allora l’oggetto non è rischioso. Gli individui creano con l’esperienza una serie di connessioni in memoria; esse sono il frutto del rapporto tra il rischio e le emozioni associate: in questo modo si dà vita ad un processo automatico di reazione al rischio. Spesso queste reazioni sono veicolate da immagini che possediamo nella nostra mente: “le informazioni sul rischio hanno un impatto sul nostro comportamento solo se riescono a creare nella nostra mente immagini cariche di emotività” (Savadori, 2003, pag.233). Questo processo di creazione di immagini è quindi influenzato dalle caratteristiche che il rischio stesso possiede.Sulla base di quanto detto si può affermare che se una tecnologia mette in pericolo la vita a breve termine, in particolare dei bambini, questa è percepita dalla gente comune come più rischiosa rispetto ad una tecnologia che invece può colpire più lentamente, in tarda età.
    Per questa ragione, lo studio di come le persone percepiscono un rischio diventa centrale, al fine di comprendere come gli individui lo affrontano. I primi studi scientifici sulla percezione del rischio sono stati condotti da Starr nel 1969. Slovic e colleghi, a partire dal 1978 (Fischoff et al. 1978, 1983; Slovic et al. 1980, 1985; Slovic et al. 2005; Slovic & Peters, 2006) hanno sviluppato il paradigma psicometrico. Lo scopo principale di questo ambito di ricerca è quello di identificare le strategie mentali, o euristiche, che i cittadini comuni utilizzano per formulare i giudizi sul rischio (Slovic, 1987). Attraverso questo paradigma sono state individuate una serie di caratteristiche variabili del rischio (vedi tabella 1) che esercitano un impatto sui processi di codifica e sui conseguenti comportamenti, come la distinzione fra rischi comuni e terrificanti, oppure cronici e catastrofici.
    TABELLA-le-caratteristiche-del-rischio-de-planoTabella 1 (modificata Deplano G. La percezione del rischio, 2011) (Fischoff et al. 1978, 1983; Slovic et al., 1980, 1985; Slovic et al., 2005; Slovic & Peters, 2006) .
    Approfondendo il concetto di “percezione del rischio” i dati Istat del report “popolazione e ambiente” (si veda successivamente nel capitolo “ricerche”) hanno evidenziato, attraverso percentuali precise, “come e cosa” gli Italiani nel 2012 consideravano pericoloso per la loro salute. La popolazione percepiva come rischioso ai primi posti l’emergenza “inquinamento dell’aria, acqua, suolo, produzione e smaltimento rifiuti, cambiamenti climatici ecc., emergenze queste dovute tutte al comportamento dell’uomo e quindi da esso dipendenti.
    Anche una equipe di studiosi Cinesi e Nederlandesi (per approfondimenti si rimanda a Zhengtao Lia, Henk Folmera, Jianhong Xueb nel capitolo “ricerche”) nel loro costrutto teorico considerano cruciale, per essere felici, una bassa percezione del rischio ambientale.
    Danon (2006) parla di casi di depressione, evidenziandoli come risultato della “sensazione di mancanza del futuro indotta dall’emergenza ambientale” e anche a causa dei “lutti non riconosciuti e non superati, relativi a disastri ambientali: come è successo a volontari in Galizia, dove le spiagge sono diventate nere di petrolio; operatori umanitari in Amazzonia, rimasti sconvolti dallo scempio; operatori antincendio in Liguria: situazioni in cui non si è riuscito ad evitare la distruzione dei territori che si amano (molte persone vivono con sofferenza la sostituzione di boschi, campi e natura incontaminata con distese di cemento) .
    Come afferma quindi anche Perussia:” L’immagine della natura che portiamo dentro di noi influenza le nostre scelte e i nostri comportamenti, determina il nostro stile, si riflette sugli stati d’animo e interagisce con le dinamiche profonde della personalità” (1989, p. 7).
Bibliografia INQUINA-MENTE
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Scarica l’EBOOK:
INQUINA-MENTE-copertina-dr-Zinzi-NARCISSUS“INQUINAMENTE”. Psiche ed inquinamento. Immaginazione o realtà?
“Ipotesi” sulle cause ed effetti psicologici dell’inquinamento.  Stimoli ed eventi traumatici subiti e “possibili” reazioni psicologiche dei cittadini.
ISBN: 9786050369953

Editore: Narcissus Self Publishing
Data di pubblicazione:  2015

Per approfondimenti sulla possibile connessione tra la psiche e l’inquinamento leggi anche gli articoli:

1 – Psicologia Ambientale. Interdipendenza tra ambiente e uomo.
2 – Ambiente e identità. Gli effetti psicologici dell’inquinamento

  1. Identità di sé
  2. Identità sociale
  3. Identità di luogo
  4. Stress ambientale/Frustrazione
  5. Stress e impotenza appresa
  6. Effetti dovuti allo stress/inquinamento ambientale
    -sulla fisiologia
    -sulle relazioni interpersonali
    -sui compiti cognitivi
    -sui comportamenti
    -sulla psiche
  7. adattamento allo stress
  8. percezione del rischio Ambiente e identità. Gli effetti psicologici dell’inquinamento.

3 – Ecco qui di seguito una raccolta delle poche ricerche scientifiche sull’argomento:

4 – Il Caso (ILVA e non solo) Taranto (INQUINA-MENTE)

Immaginazione o realtà? “Ipotesi” sulle cause ed effetti psicologici dell’inquinamento a Taranto.  Stimoli ed eventi traumatici subiti e “possibili” reazioni psicologiche dei cittadini.

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Psicologia Ambientale. Interdipendenza tra ambiente e uomo.

La Psicologia Ambientale.
Interdipendenza tra ambiente e uomo.

La scintilla che diede vita alla nascita della “Psicologia ambientale”, che studia le connessioni tra mondo interno (psichico) e mondo esterno (ambiente), sembra essere scoppiata in USA e risale agli anni ’50; ha poi trovato più consenso agli inizi degli anni settanta, venendo definita “environmental psychology”.

Ponendo meno attenzione alla psicologia del profondo e più alla ricerca empirica, si evince che le ricerche di psicologia sociale hanno, soprattutto negli Stati Uniti, indagato sul modo in cui la vita urbana può avere effetti negativi sulle relazioni sociali e sul comportamento degli individui, quindi sul loro benessere. In questa direzione alcuni studiosi, come gli americani Barker e Wright (1951), alla metà degli anni ‘50, hanno messo a punto delle indagini di «psicologia ecologica» incentrate sul modo in cui i diversi contesti di vita, o contesti comportamentali, presenti nello spazio urbano, influenzano il comportamento degli individui.
Nel 1958 a New York è stato avviato uno studio, finanziato dall’US National Institute of Mental Health, sugli effetti dell’assetto spaziale/architettonico dell’ospedale psichiatrico e il relativo comportamento dei Pazienti.
Il pensiero della psicologia ambientale, partendo dagli USA, si è traferito ben presto in Europa, passando dapprima in Svezia e Inghilterra, luoghi in cui, nelle facoltà di architettura, si creano gruppi di lavoro multidisciplinari per lo sviluppo di strumenti da utilizzare nella progettazione urbana, che quindi tengano conto anche del possibile impatto psicologico delle strutture.
Su tale esempio la psicologia ambientale si è fatta sempre più strada soprattutto in Olanda, Unione Sovietica, Germania e Francia.
Molti studiosi hanno concettualizzato diverse teorie sui processi psicologici connessi a determinate situazioni ambientali. In merito possono essere distinti due indirizzi principali, quali la:

  1. psicologia della percezione, vedi Kohler (1929,1940), Koffka (1935), Wertheimer (1945), J.J. Gibson (1950,1966,1979), Ittelson (1974) ecc. Essa ha definito l’ambiente in termini fisico-percettivi;
  2. psicologia sociale, vedi Kurt Lewin (1951), successivamente Roger Barker (1990), Wright (1951), Stokols e Altman (1987) ecc. Questo indirizzo si è interessato non solo delle caratteristiche costituzionali dell’ambiente e dell’uomo, ma anche, e, soprattutto, della loro interconnessione a livello di reciproche relazioni e forze. È proprio dalla psicologia sociale che vengono estrapolati gli strumenti concettuali e metodologici più appropriati per sviluppare gli studi di psicologia ambientale.

Kurt Lewin (1951) sosteneva che l’ambiente possiede sia qualità fisiche che psicologiche. Anche il concetto di “personalità”, che proviene dal termine latino “persona” e il cui significato etimologico è “maschera”, deve essere interpretato come un intreccio dinamico tra fattori costituzionali e fattori esperienziali, che si sviluppano in un ecosistema ambientale e che quindi ha la sua influenza (Zanichelli, 2012). Il paesaggio urbano è il risultato di una ricostruzione percettiva fatta da parte dell`osservatore; questa percezione può quindi essere sostenuta, facilitata o inibita, tanto dagli elementi fisico-spaziali, quanto dagli aspetti psicologici di natura cognitiva e affettiva, che, insieme ai processi comunicativi e simbolici, concorrono a costruire la sua rappresentazione sociale. Quanto detto sin qui avvalora la concezione che la percezione qualitativa dell’ambiente è influenzata sia dal mondo fisico palpabile che dagli aspetti di natura psicologica individuali e di condivisione collettiva. In letteratura esistono diverse concettualizzazioni di tipo fenomenologico-gestaltista che appaiono particolarmente indicate per meglio spiegare il legame tra la percezione e la rappresentazione dell’ambiente. Come sosteneva Kanizsa, (1978, pp. 45-46) “le proprietà del tutto non sono il risultato della somma delle proprietà delle sue parti”, mentre “La proprietà di una parte dipende dal tutto nel quale è inserita”. In “ecopsicologia/psicologia ambientale” i risultati sperimentali sulla percezione e sulla rappresentazione cognitiva dell’habitat e la teoria confluiscono in un principio indicatore generale, secondo il quale si può sostenere che esistono:
Strutture generali e ricorrenti, che tendono a dare una “buona forma” (Gestalt) alle percezioni contemporanee elementari stimolate dall’ambiente fisico. In altre parole: anche nel caso di ‘oggetti’ molto complessi, come le strutture industriali (ma anche nel caso delle città, delle aree regionali, dello stato dell’ambiente nel suo complesso, ecc.), esistono in qualche modo delle “gestalt” percettive e cognitive ricorrenti, che vanno al di là della semplice somma degli stimoli e delle conoscenze elementari che le compongono nelle loro parti. Ad esempio: un’industria a forte impatto ambientale, come l’Ilva S.p.a di Taranto, oltre ad essere percepita dalla somma delle sue parti (operai, altoforni, ciminiere, strade, reparti, rifiuti, scarichi in mare, tubi ecc.) viene percepita anche in base agli aspetti di natura psicologica individuali e di condivisione collettiva (inquinamento, denaro, morte, lavoro, tumore, malcontento, ricoveri, sofferenza, corruzione, manipolazione dell’informazione, ecc.), che poi diventano esperienza.
La preoccupazione ecologica, dagli anni 50 ad oggi, è diventata un tema molto sentito, sia per l’effettiva gravità della compromissione ambientale, che, in base a quanto teorizzato da Kanizsa (1978, pp. 45-46), per la sua forte capacità evocativa (in termini di simbologie psicologiche profonde) e per l’immagine attuale dell’ambiente sul piano culturale. E’ ormai chiaro che gli esseri umani sono influenzati dalle “atmosfere” ambientali, sia a livello simbolico che motivazionale. Molti sono infatti gli studiosi che si occupano della progettazione e costruzione di spazi di vita esteticamente piacevoli e confortevoli, in cui vi siano presenti elementi naturali, privi di forti agenti stressanti. Gli studi relativi a questa dimensione, hanno messo in evidenza la preferenza per ambienti urbani in cui siano presenti spazi e aree verdi, proprio per l’impatto positivo che hanno sulla vita delle persone, aumentando la salubrità dell’aria e permettendo il recupero psicofisiologico dello stress (restorativeness; cfr. Ulrich, 2001, Simons, Losito, Fiorito, Miles e Zelson, 1991. Korpela, Hartig Kaiser e Fuhrer, 2001), favorendo lo sviluppo del sé e facilitando la socializzazione (Taylor, Wiley, kuo, Sullivan, 1998), soprattutto di bambini e anziani (Wells, 2000).

Tuttavia uno studio condotto da Carrus, Bonnes e Passafaro (2004) ha individuato due dimensioni di atteggiamento:

  1. dimensione di Integrazione;
  2. dimensione di Opposizione.

Tali dimensioni indicano la presenza di una sostanziale ambivalenza:
all’atteggiamento positivo conservativo dell’ambiente si accompagna, spesso, una avversione, vissuta più come un problema che come un`opportunità. James Hillman, filosofo e psicoterapeuta di formazione junghiana, ha ideato una psicologia “archetipica”, rivendicando la necessita di riportare la riflessione sulla psiche nel suo rapporto con il mondo esterno. Egli evidenzia il legame fra anima e città e individua nella città i luoghi dove maggiormente riecheggiano le dimensioni psichiche dell’interiorità (Milano, 2004). Hillman infatti sostiene fortemente che in psicoterapia il compito di un buon psicoterapeuta è di ricondurre le sofferenze psichiche individuali alla realtà ambientale in cui gli individui sono inseriti. Per offrire un ulteriore e più attuale sostegno a quanto detto sin ora sul condizionamento che l’ambiente ha sul comportamento e la psiche dell’uomo, è utile notare che negli ultimi tempi si sta imponendo il “marketing olfattivo”. I clienti vengono condizionati da odori specifici atti a modificare l’umore, allo scopo di renderli meglio disposti, o meno diffidenti, verso i prodotti da prendere. Passeggiando, mentre si fa shopping, è quindi possibile che una parte degli odori invitanti dei negozi provengano da diffusori elettronici, caricati con sostanze chimiche odorose specifiche. Vale l’esempio di quel che avveniva a Taranto, in una via centrale: veniva diffuso davanti ad una pasticceria “Il Principe” un piacevole odore di cannella, che invitava ad acquistare le sfogliate calde, sfornate in quel momento.
È evidente quindi che l’ambiente condiziona il modo di percepire la realtà, influenzando a sua volta l’assetto psichico dei suoi “fruitori”. Qui la nostra attenzione si sposta agli insediamenti industriali di grosse dimensioni, ormai sparsi in tutto il mondo (vedi Ilva Spa, Eni, Cementir, inceneritori vari ecc…) e ci si domanda quanto essi influiscano sulla psiche dei cittadini. Le città spesso, e a discapito della popolazione, sono molto vicine a tali obsoleti “diffusori ultratecnologici”; sono bombardate da cattivo odore, rumore, emissioni di sostanze tossiche (varie), che spesso sforano i limiti imposti. Barker e Wright, con il concetto di “penetrazione”, distinguono i contesti accessibili da quelli inaccessibili; essi portano la psicologia allo studio dell’esperienza che l’uomo ha del suo ambiente e che quindi influenza le sue rappresentazioni interne, in quanto spazio fisico in cui si muovono e vivono. Si potrebbe ipotizzare che, un territorio come Taranto, da tempo devastato dall’industrializzazione selvaggia, risulti inaccessibile proprio a causa delle rappresentazioni interne originate da tale condizione. Questo condizionerebbe, in senso negativo, anche la percezione delle sue bellezze (mare, archeologia, cittadini, ecc) Lewin (1936), avvicinandosi molto alla psicologia ambientale e quindi al concetto di rappresentazione dell’ambiente, ha sviluppato un modello topologico, identificando lo spazio di vita con il concetto di campo, a sua volta orientato da una struttura cognitiva dinamica, quindi da bisogni, forze, tensioni e spostamenti.

Kurt Lewin, formulò la famosa equazione:

C =f`(PxA)

In essa C, cioè il comportamento umano, con i relativi processi psicologici che lo accompagnano, è funzione (f) sia delle caratteristiche della persona (P), che di quelle dell’ambiente (A) in cui si realizza (Lewin, 1951). Tra gli studiosi “classici” che si sono occupati di percezione e psicologia ambientale emerge Ittelson (1973 p.62), che, nonostante riscopra le componenti qualitative gestaltiche, quindi il concetto di spazio di vita, di struttura organizzata e di fisiognomica del campo percettivo, ignora Lewin e gli psicologi gestaltisti. Ittelson afferma che tutti gli ambienti hanno una loro “atmosfera”, ed, anche se essa è di difficile definizione, ha un forte peso ed importanza sull’uomo. Per questo autore l’ambiente e vissuto come parte di un’attività sociale e appare costituito da delle qualità estetiche specifiche e ben determinate; egli infatti sostiene che non esistono ambienti neutri e, soprattutto, che ogni ambiente ha sempre qualità sistemiche, quindi le varie componenti ed eventi sono in relazione reciproca. In breve, uomo ed ambiente non sono mai indipendenti, ma si influenzano reciprocamente e tutte le parti di questa diade sono attive.
Ogni suggestione sensoriale, interessando diversi sensi, ha quindi un effetto di attrazione o repulsione all’interno della psiche; l’ambiente quindi condiziona il campo percettivo, rendendo difficile per l’uomo prendere decisioni realmente autonome (come riportano gli autori Fornara F. e Mura M.). Un allievo di Lewin, Roger Barker, definì le unità ambientali come composte da caratteristiche fisiche e sociali dell’ambiente, infatti egli identifica gli spazi di vita (setting) come strutture semistabili tra comportamento e ambiente in cui sono individuabili attributi sia fisici che comportamentali, frutto dell’adattamento reciproco (Barker, l969).
La struttura fisica degli spazi di vita, è quindi in combinazione con la pressione sociale e al conformismo; attiva la selezione dei frequentatori e il programma comportamentale da applicare in quello specifico contesto. Quindi lo spazio di vita, sia fisico che relazionale, contribuisce nello sviluppo di quell’insieme di sequenze comportamentali prescritte e ordinate nel tempo, utili per le attività e gli scambi tra le persone e gli oggetti che i soggetti vivono nel corso della socializzazione e che riaffermano e modificano la percezione sulla realtà. In conclusione, si sostiene che l’individuo dà forma e modifica l’ambiente, mentre l’ambiente offre vincoli e possibilità che ne influenzano le scelte.
Una volta assodata l’interdipendenza tra ambiente ed individuo, 1’attenzione di alcuni studiosi si è spostata sulla possibilità di distinguere tra percezione vera e propria e processo immaginativo. Masini (1979) evidenzia la continuità tra immagini e percezione in termini costruttivistici, convergendole attraverso il concetto di “sintesi figurale”. Kanizsa (1979) parla di processi percettivi primari e secondari, affermando che i processi immaginativi hanno grossa rilevanza, quasi maggiore dei processi percettivi: sia il “vedere” che il “pensare” vanno al di là della informazione data secondo leggi e modi differenti. Anche Downs, Stea (1973) e Perussia (1986) approfondiscono il concetto di “immagine” utilizzato in ecopsicologia; essi identificano la strutturazione cognitiva del1`ambiente come il frutto di un processo interpretativo dei dati percettivi (Downs e Stea, 1973; Perussia, 1986 b), quindi ciò che percepiamo, essendo interpretato, subisce le influenze dell’esperienza dell’osservatore. Bartlert (1932) definisce l’immagine come il risultato di tutta la conoscenza accumulata con l’esperienza che l’individuo ha di se stesso e del mondo. L’immagine quindi non è costituita dalla sola rappresentazione, ma anche dai valori, dalle relazioni e da tutto ciò che ha costituito l’individuo e i suoi apprendimenti. Gibson nel 1979, riporta che le modalità transattive di base si articolano in quattro dimensioni interconnesse:

  1. rappresentazione spaziale“, ossia la percezione dell’ambiente
  2.  “valutazione ambientale”, quindi atteggiamenti o preferenze individuali e condivise
  3.  “reazioni” o risposte all’impatto dell’ambiente, cioè stress, emozioni ecc.
  4.  “azioni”, quindi il comportamento spaziale

La stessa configurazione fisico-spaziale dei setting (il layout), a livello percettivo-sensoriale, è qualcosa di dotato di specifiche “affordances” (qualità), ovvero di oggetti/caratteristiche le cui proprietà di “invarianza funzionale”, permanenti e specie-specifiche (lo sono solo in relazione ad osservatori appartenenti ad una specie), sono percepite come utili per il soddisfacimento di bisogni specifici, in pratica lo scopo della percezione è l’adattamento (Gibson 1979). Sono tante le evidenze a favore della interdipendenza uomo-ambiente. Tutto questo appare ancora più evidente se si pensa alle grandi “forze di campo” offerte dall’ambiente sull’uomo. Come sostiene Kohler (1947, pp. 160-161) “sono ben pochi i soggetti in grado di udire il rombante “crescendo” di un tuono lontano come un fatto sensoriale neutro; alla massima parte di noi esso suona “minaccioso”. In sede di percezione, le varie condizioni del tempo meteorologico risultano analogamente compenetrate di caratteristiche psicologiche. Allo stesso modo parliamo di giorni tranquilli, agitati, tetri e lieti. Aggettivi consimili si attribuiscono a paesaggi naturali, a vedute di città e via dicendo”. Anche Ash (1952, pp. 195-196) evidenzia quanto l’ambiente porti sempre un “tono espressivo di base”: “il cielo, le montagne e il mare, la terra stessa esprimono gioia, potenza e minaccia. Queste qualità danno un carattere di drammatica realtà alla nostra esperienza ambientale e determinano il nostro modo di affrontare le cose. Parrebbe che le caratteristiche che noi chiamiamo espressive siano tra le prime che osserviamo e alle quali rispondiamo”. Proprio da questa connessione tra uomo ed ambiente l’ecopsicologia ha fatto derivare uno dei più importanti suoi postulati: “noi ci vediamo come radicati nell’ambiente circostante” (Ash, 1952, p. 318). Gli uomini vogliono che il mondo abbia per loro un significato, vogliono sentirsi in rapporto significativo con il loro ambiente.
Come abbiamo già detto, negli ultimi anni la psicologia ambientale ha preso sempre più piede, spostando la sua attenzione dagli interessi per la realizzazione architettonica ad un più globale costrutto di teorie che vanno dalle scienze bio-fisiche a quelle ecologiche, che mirano allo sviluppo umano sostenibile. Quindi che si chiami psicologia ambientale, o anche eco-psicologia, o come la chiama Pol nel 1993 utilizzando il termine di “psicologia verde”, o vedi Bonnes e Bonaiuto, che nel 2002 utilizzano il termine di “psicologia ambientale dello sviluppo sostenibile”, appare evidente quanto importante sia amare e rispettare il proprio ambiente, proprio come estensione di noi stessi.

Per approfondimenti sulla possibile connessione tra la psiche e l’inquinamento leggi anche gli articoli:

1 – Psicologia Ambientale. Interdipendenza tra ambiente e uomo.
2 – Ambiente e identità. Gli effetti psicologici dell’inquinamento

1. Identità di sé
2. Identità sociale
3. Identità di luogo
4. Stress ambientale/Frustrazione
5. Stress e impotenza appresa
6. Effetti dovuti allo stress/inquinamento ambientale
-sulla fisiologia
-sulle relazioni interpersonali
-sui compiti cognitivi
-sui comportamenti
-sulla psiche
7. adattamento allo stress
8. percezione del rischio Ambiente e identità. Gli effetti psicologici dell’inquinamento.

3 – Ecco qui di seguito una raccolta delle poche ricerche scientifiche sull’argomento:

4 – Il Caso (ILVA e non solo) Taranto (INQUINA-MENTE)

Immaginazione o realtà?

“Ipotesi” sulle cause ed effetti psicologici dell’inquinamento a Taranto.  Stimoli ed eventi traumatici subiti e “possibili” reazioni psicologiche dei cittadini.

Bibliografia INQUINA-MENTE
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Scarica l’EBOOK: INQUINA-MENTE-copertina-dr-Zinzi-NARCISSUS“INQUINAMENTE”. Psiche ed inquinamento. Immaginazione o realtà?
“Ipotesi” sulle cause ed effetti psicologici dell’inquinamento.  Stimoli ed eventi traumatici subiti e “possibili” reazioni psicologiche dei cittadini.
ISBN: 9786050369953

Editore: Narcissus Self Publishing
Data di pubblicazione:  2015

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In che misura l’inquinamento atmosferico influisce sulla felicità?

In che misura l’inquinamento atmosferico influisce sulla felicità?
La riduzione dell’inquinamento atmosferico è una importante iniziativa politica per migliorare la felicità.


To what extent does air pollution affect happiness? The case of the Jinchuan mining area, China

Articolo Originale della Ricerca: “Ecological Economics”, Volume 99, March 2014, Pages 88-99    Zhengtao Li (1), , Henk Folmer (1,2), Jianhong Xue (2),

  1. Department of Economic Geography, Faculty of Spatial Sciences, University of Groningen, Landleven 1, 9747 AD Groningen, The Netherlands
  2. Department of Agricultural Economics, College of Economics and Management, Northwest A&F University, 3 Taicheng Road, Yangling, Shaanxi 712100, China. Received 23 February 2013, Revised 15 December 2013, Accepted 27 December 2013, Available online 5 February 2014

In che misura l'inquinamento atmosferico influisce sulla felicità.pngIn questo studio ricercatori dell’università del Nederland e della Cina presentano un modello di equazione strutturale della felicità; come questa sia influenzata principalmente da fattori endogeni, come la percezione dell’inquinamento, a sua volta dipendente dalle conoscenze effettive dell’ambiente; dalla sua percezione e da fattori generati dall’esterno, come intensità di esposizione all’aria inquinata e pericolosità degli inquinanti. Inoltre altri fattori determinanti importanti della felicità sono le dimensioni della famiglia, l’età, la vicinanza alla fonte di inquinamento, all’ambiente di lavoro e la condizione di salute attuale personale e familiare (vedi tabella qui di seguito).

In che misura l'inquinamento atmosferico influisce sulla felicità 2 taBELLASulla base dei risultati della ricerca, gli studiosi concludono dicendo che la riduzione dell’inquinamento atmosferico è una importante iniziativa politica per migliorare la felicità. Inoltre la conoscenza dell’ambiente è una importante determinante di rischio percepito, quindi le politiche di riduzione devono essere accompagnate dalla divulgazione dello stato di qualità dell’aria, al fine di aumentare il bene.

Bibliografia INQUINA-MENTE

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“Ipotesi” sulle cause ed effetti psicologici dell’inquinamento.  Stimoli ed eventi traumatici subiti e “possibili” reazioni psicologiche dei cittadini.

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9786050369953

Editore: Narcissus Self Publishing
Data di pubblicazione:  2015

Per approfondimenti sulla possibile connessione tra la psiche e l’inquinamento leggi anche gli articoli:

1 – Psicologia Ambientale. Interdipendenza tra ambiente e uomo.
2 – Ambiente e identità. Gli effetti psicologici dell’inquinamento

  1. Identità di sé
    2. Identità sociale
    3. Identità di luogo
    4. Stress ambientale/Frustrazione
    5. Stress e impotenza appresa
    6. Effetti dovuti allo stress/inquinamento ambientale
    -sulla fisiologia
    -sulle relazioni interpersonali
    -sui compiti cognitivi
    -sui comportamenti
    -sulla psiche
    7. adattamento allo stress
    8. percezione del rischio Ambiente e identità. Gli effetti psicologici dell’inquinamento.

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L’inquinamento nuoce gravemente al cervello e alla memoria

L’inquinamento nuoce gravemente al cervello e alla memoria

Air pollution impairs cognition, provokes depressive-like behaviors and alters hippocampal cytokine expression and morphology
Fonken LK, Xu X, Weil ZM, Chen G, Sun Q, Rajagopalan S and Nelson RJ: Air pollution impairs cognition, provokes depressive-like behaviors and alters hippocampal cytokine expression and morphology. Molecular Psychiatry 16: 987–995 (2011).

L'inquinamento-nuoce-gravemente-al-cervello-e-alla-memoriaLa ricerca pubblicata su Molecular Psychiatry dai ricercatori della Ohio State University, negli Usa, coordinati dalla dottoressa Laura Fonken, ha dimostrato che l’inalazione delle polveri sottili, PM 2.5, può danneggiare gravemente le normali funzioni celebrali e neurologiche del cervello:Altri studi hanno messo in luce gli effetti dannosi dello smog su cuore e polmoni – ha dichiarato la Fonken – ma questo è il primo lavoro scientifico a mostrare un impatto negativo sul cervello.

Le particelle sottili PM 2.5 danneggiano le funzioni celebrali e neurologiche. L’inquinamento atmosferico, insomma, oltre a danneggiare la salute del corpo, nuoce gravemente al cervello. In particolare colpirebbe l’ippocampo e le ramificazioni dei dendriti, che trasportano il segnale nervoso, provocandone un accorciamento e una riduzione della loro densità. A causa dell’inquinamento, in pratica, si può diventare più ansiosi, più depressi, meno rapidi nell’apprendimento e si possono avere problemi di memoria.

 Il metodo della ricerca e stato quello scientifico di laboratorio. I ricercatori hanno sottoposto all’inalazione di aria inquinata un gruppo di topi per sei ore al giorno per 5 giorni a settimana (lo stesso tempo di esposizione di un normale lavoratore che vive in città), in un arco di tempo di 10 mesi.

I topi sottoposti ai test mostravano comportamenti ansiosi, depressione, un grado di apprendimento piuttosto scarso e deficit di memoria, infatti avevano grosse difficoltà ad uscire dai labirinti che già conoscevano, cosa che in condizioni normali non si verifica.

Questo studio fa parte di una più ampia ricerca in corso, si cerca di conoscere la vera entità dei problemi causati dall’inquinamento. Tra gli studi ne è presente anche uno focalizzato sul particolato fine emesso dai tubi di scarico delle automobili.

Ci allarma immaginare noi italiani, costretti a respirare un’aria piena e densa di particelle sottili, concentrate in quantità superiori ai limiti imposti dall’UE, è anche questa una prova del fatto, che siamo di fronte all’ennesimo allarme sui gravissimi danni provocati dall’inquinamento.

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Data di pubblicazione:  2015

Per approfondimenti sulla possibile connessione tra la psiche e l’inquinamento leggi anche gli articoli:

1 – Psicologia Ambientale. Interdipendenza tra ambiente e uomo.
2 – Ambiente e identità. Gli effetti psicologici dell’inquinamento

  1. Identità di sé
    2. Identità sociale
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Ansia, l’aria inquinata scatena reazioni di paura

Ansia, l’aria inquinata scatena reazioni di paura
(Inhalation of 7.5% Carbon Dioxide Increases Threat Processing in Humans)

Matthew Garner1,2, Angela Attwood3, David S Baldwin1, Alexandra James3 and Marcus R Munafò3

  • 1Clinical Neuroscience Division, School of Medicine, University of Southampton, Southampton, UK
  • 2School of Psychology, University of Southampton, Southampton, UK
  • 3School of Experimental Psychology, University of Bristol, Bristol, UK

Ansia,-l’aria-inquinata-scatena-reazioni-di-pauraCorrespondence: Dr M Garner, Clinical Neuroscience Division, School of Psychology, University of Southampton, Highfield, Hampshire, Southampton SO17 1BJ, UK, Tel: , Fax: +44 (0) 23 8059 4597, E-mail: m.j.garner@soton.ac.uk

Received 9 November 2010; Revised 15 December 2010; Accepted 17 December 2010; Published online 13 April 2011.

L’nquinamento scatena reazioni di ansia e paura.
In uno studio effettuato da un’équipe di ricercatori provenienti dalle due università di Bristol e Southampton, nel Regno Unito, pubblicato a giugno del 2011 dalla rivista di divulgazione scientifica Neuropsychopharmacology, sono emersi dati interessanti sull’impatto dell’inquinamento atmosferico sul benessere della nostra mente.

Respirare aria inquinata, oltre ad avere effetti negativi sul nostro corpo come lo sviluppo di malattie respiratorie, di asma, allergie, e maggiore incidenza di patologie cardiovascolari genera ansia e mette in agitazione il nostro equilibrio psichico.

L’equipe di ricercatori sulla base degli studi effettuati sostiene che:
essere immersi in un ambiente eccessivamente saturo di emissioni di anidride carbonica (dal 7,5% di CO2 in su) genera nella nostra mente degli stati emotivi ansiogeni, generando una serie di comportamenti solitamente associati alla paura.

I nostri sistemi di controllo e autoconservazione a livelli elevati di CO2 ci pongono in una condizione psicologica di allerta da pericolo, alzando i livelli d’ansia sino ad arrivare al Panico e a conseguenti reazioni di difesa da ciò che consideriamo pericolo. I ricercatori hanno calcolato che la percentuale di anidride carbonica capace di creare ansia è pari al 7,5%.

Gli studiosi Britannici asseriscono che i risultati ottenuti dalle loro ricerche, supportano l’evidenza che alti livelli di anidride carbonica scatenano comportamenti che si inseriscono nel circuito di difesa dalla paura.

Questa è l’ennesima prova, di come l’inquinamento ambientale mini la qualità della vita, la salute pubblica, l’equilibrio psicofisico oltre che, ovviamente, procuri ingenti danni agli ecosistemi.

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  1. Identità di sé
    2. Identità sociale
    3. Identità di luogo
    4. Stress ambientale/Frustrazione
    5. Stress e impotenza appresa
    6. Effetti dovuti allo stress/inquinamento ambientale
    -sulla fisiologia
    -sulle relazioni interpersonali
    -sui compiti cognitivi
    -sui comportamenti
    -sulla psiche
    7. adattamento allo stress
    8. percezione del rischio Ambiente e identità. Gli effetti psicologici dell’inquinamento.

3 – Ecco qui di seguito una raccolta delle poche ricerche scientifiche sull’argomento:

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L’esposizione dei neonati all’inquinamento atmosferico può causare Autismo e Schizofrenia.

L’esposizione precoce post-natale al particolato ultrafine causa alterazioni cerebrali: ingrossamento persistente dei Ventricoli e alterazione neurochimica.
Queste alterazioni gliali avvengono soprattutto nelle cavie maschio dei topi (e sono evidenziate nei disturbi di Autismo e Schizofrenia).

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Early Postnatal Exposure to Ultrafine Particulate Matter Air Pollution: Persistent Ventriculomegaly, Neurochemical Disruption, and Glial Activation Preferentially in Male Mice.

Joshua L. Allen,1 Xiufang Liu,1 Sean Pelkowski,1 Brian Palmer,1 Katherine Conrad,1 Günter Oberdörster,1
Douglas Weston,1 Margot Mayer-Pröschel,2 and Deborah A. Cory-Slechta1
1-Department of Environmental Medicine
2-Department of Biomedical Genetics, University of Rochester School of Medicine,
Rochester, New York, USA
Inquinamento atmosferico & rischio di autismo e schizofrenia_Page_1Questo è quanto emerge da una ricerca effettuata da un gruppo di studiosi e pubblicata sulla rivista scientifica “Environmental Health Perspectives” (volume 122, pag 939-945, numero 9, Settembre 2014 http://ehp.niehs.nih.gov/1307984/) qui di seguito la traduzione dell’abstract della ricerca:

Background: L’inquinamento atmosferico è stato associato a effetti negativi sulla salute neurologica e comportamentale nei bambini e negli adulti. Recenti studi collegano l’esposizione degli inquinanti atmosferici a risultati negativi sullo sviluppo neurologico, tra cui un aumento del rischio per l’autismo, declino cognitivo, ictus ischemico, la schizofrenia e la depressione.

Obiettivi: Si è cercato di indagare il meccanismo (s) attraverso il quale l’esposizione in ambienti con alta concentrazione di particelle ultrafini (CAPs) influisce negativamente sullo sviluppo del sistema nervoso centrale (SNC).

Metodi: Sono stati esposti topi a particolati (C57BL6/J) ultrafini( < 100nm) CAPs, utilizzando il sistema “Harvard University Concentrated Ambient Particle System” inserendo le particelle inquinanti nell’aria filtrata nei giorni dopo la nascita [( PND) 4-7 e 10-13] , gli animali sono morti dopo 24 ore o 40 giorni dopo la cessazione dell’esposizione. Un altro gruppo di maschi è stato esposto a “PND270”, e sono state calcolate le concentrazioni nella zona del ventricolo laterale, l’attivazione gliale, le citochine (CNS) del sistema nervoso centrale, le monoamine, gli aminoacidi e i neurotrasmettitori.

Risultati: E’ stata osservata la dilatazione del ventricolo laterale preferenzialmente nei topi maschi esposti a CAPs , tale dilatazione è duratura dalla giovane età sino all’età adulta. Inoltre, l’esposizione di maschi al particolato (CAPs) in generale ha mostrato una diminuzione, evolutivamente significativa, delle citochine del sistema nervoso centrale, mentre l’esposizione delle femmine al particolato (CAPs) ha evidenziato una risposta neuroinfiammatoria come conseguenza dell’aumento delle citochine del sistema nervoso centrale. Si sono rilevati anche cambiamenti nei neurotrasmettitori del sistema nervoso centrale e nell’attivazione gliale su più regioni cerebrali in maniera sesso-dipendente, inoltre è aumentato anche il glutammato ippocampale in maschi esposti al particolato ultrafine.

Conclusioni: Sono state provate, per zone del cervello, le alterazioni sesso -dipendenti di citochine e neurotrasmettitori , per topi esposti alle particelle ultrafini CAPs sia di sesso maschile che di sesso femminile. La dilatazione del ventricolo laterale (vale a dire, ventricolomegalia) è stata osservata solo nei topi maschi esposti all’inquinante. Da notare che la dilatazione dei ventricoli è una neuropatologia che è correlata a uno scarso sviluppo neurologico che causa l’autismo e la schizofrenia.
I risultati suggeriscono che l’alterazione delle sostanze neurochimiche e la dilatazione laterale del ventricolo creano mutazioni evolutivamente importanti ed esse sono in stretta correlazione all’esposizione ambientale degli inquinanti atmosferici, dimostrando quindi che gli inquinanti inficiano lo sviluppo neurologico.

Bibliografia INQUINA-MENTE

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“Ipotesi” sulle cause ed effetti psicologici dell’inquinamento.  Stimoli ed eventi traumatici subiti e “possibili” reazioni psicologiche dei cittadini.

ISBN:
9786050369953

Editore: Narcissus Self Publishing
Data di pubblicazione:  2015
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Per approfondimenti sulla possibile connessione tra la psiche e l’inquinamento leggi anche gli articoli:

1 – Psicologia Ambientale. Interdipendenza tra ambiente e uomo.
2 – Ambiente e identità. Gli effetti psicologici dell’inquinamento

1. Identità di sé
2. Identità sociale
3. Identità di luogo
4. Stress ambientale/Frustrazione
5. Stress e impotenza appresa
6. Effetti dovuti allo stress/inquinamento ambientale
-sulla fisiologia
-sulle relazioni interpersonali
-sui compiti cognitivi
-sui comportamenti
-sulla psiche
7. adattamento allo stress
8. percezione del rischio Ambiente e identità. Gli effetti psicologici dell’inquinamento.
3 – Ecco qui di seguito una raccolta delle poche ricerche scientifiche sull’argomento:

4 – Il Caso (ILVA e non solo) Taranto (INQUINA-MENTE)

Immaginazione o realtà?

“Ipotesi” sulle cause ed effetti psicologici dell’inquinamento a Taranto.  Stimoli ed eventi traumatici subiti e “possibili” reazioni psicologiche dei cittadini.

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“Ipotesi” sulle cause ed effetti psicologici dell’inquinamento.  Stimoli ed eventi traumatici subiti e “possibili” reazioni psicologiche dei cittadini.

ISBN: 9786050369953
Editore: Narcissus Self Publishing
Data di pubblicazione:  2015


1 – Psicologia Ambientale. Interdipendenza tra ambiente e uomo.

2 – Ambiente e identità. Gli effetti psicologici dell’inquinamento

1. Identità di sé
2. Identità sociale
3. Identità di luogo
4. Stress ambientale/Frustrazione
5. Stress e impotenza appresa
6. Effetti dovuti allo stress/inquinamento ambientale:

3 – Ecco qui di seguito una raccolta delle poche ricerche scientifiche sull’argomento:

4 – Il Caso (ILVA e non solo) Taranto (INQUINA-MENTE)
    – Immaginazione o realtà? “Ipotesi” sulle cause ed effetti psicologici dell’inquinamento a Taranto.  Stimoli ed eventi traumatici subiti e “possibili” reazioni psicologiche dei cittadini.

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