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Nel 1935 sulla rivista Modern Mechanix veniva presentato “the notificator”, una speciale macchinetta a monete che mostrava per un arco di tempo stabilito sulla sua bacheca dei messaggi, che le persone si scambiavano per prendere appuntamenti.
Fig. 1 The Notificator… ‘To aid persons who wish to inform friends of their whereabouts.’
Aiutava le persone a lasciarsi messaggi su dove e quando incontrarsi
Photograph: Guardian
Oggi abbiamo i social network che ci offrono bacheche su cui lasciare messaggi e tutto questo può avvenire in ogni dove, sul “palmo della nostra mano” con gli smart phone, tablet, pc ecc. Per essere romantici e pensando in particolare a Twitter, possiamo addirittura dire che, il “social dell’uccellino” ha la stessa “mission” del Notificator del ’35, cioè offre la possibilità di comunicare ai nostri conoscenti dove siamo, cosa facciamo e quando.
In una ricerca effettuata all’Università della California da Larry Rosen, presentata nel 2011 alla convenction annuale dell’American Psychological Association, si evidenzia che l’uso eccessivo dei social network attiva e si innesta con alcuni disturbi di personalità quali:
Disturbi dell’attenzione
Depressione
Disturbo Ossessivo Compulsivo (DOC)
Disturbo Narcisistico di Personalità
Ipocondria
Disturbo schizoafettivo e schizotipico
Dismorfismo corporeo
Voyeurismo
Dipendenza
Già nel 1984 Craig Broad affermava che l’utilizzo eccessivo di strumenti tecnologici crea diversi disturbi causati dallo stress e genericamente definiti come “Tecnostress” pertanto è molto possibile che anche con l’uso eccessivo dei social network si possono avere i seguenti disturbi:
ansia, attacchi di panico
insonnia
mal di testa
ipertensione
calo della concentrazione
disturbi gastrointestinali e cardiocircolatori
depressione
disfunzioni ormonali
-nell’uomo abbassamento del testosterone con calo del desiderio sessuale -nelle donne sindrome premestruale.
Inoltre, può favorire:
alterazioni comportamentali
l’isolamento relazionale
E’ importante notare che, la rete e la condivisione alimentano i vari disturbi o tendenze di personalità già presenti in società, e spesso aggravandoli, basti pensare ai Selfie, essi si sono diffusi grazie a due principali assetti di personalità:
il narcisista che grazie alla condivisione del suo “autoscatto” facilmente cerca e ottiene ammirazione e gratificazione,
L’ insicuro che guardando le “foto della vita degli altri” compromette sempre di più la propria autostima, indebolendola e abbassandola.
E’ possibile immaginare quanto negativo possa essere per una persona con disturbi alimentari, avere la possibilità di confrontare la propria fisicità con migliaia di contatti, solamente cliccando sulle loro foto. Ultimamente si parla tanto di questa nuova “ansia social” che è stata chiamata FOMO, acronimo di Fear Of Missing Out, ovvero paura di essere tagliati fuori a causa dell’essersi persi qualche post o Twit,… un evento, una festa, una situazione importante.
Questi mezzi di comunicazione essendo “social”, riprendono molto la nostra società, è quindi ormai, molto facile parlare di bullismo e cyberbullismo, stress e tecnostress, dipendenze e net-addiction, overload information addiction ecc. quindi è molto importante non sottovalutare che mantenendoci sempre più lontani dal nostro corpo e dai veri contatti fisici, queati disturbi possono grazie alla rete essere accentuati. I social network hanno cambiato il modo in cui si comunica e in cui si condividono o si ricercano informazioni, facendo emergere nuove dinamiche di interazione (Ellison NB, Steinfield C, Lampe C ,2007).
In tutto questo scenario sin qui descritto brevemente non bisogna comunque dimenticare che se da un lato ci sono persone che a causa dei social network accentuano le proprie difficoltà e disturbi; dall’altro ci sono anche tante altre persone che traggono beneficio da essi, utilizzando questi mezzi di comunicazione in modo costruttivo, pubblicizzando la loro azienda, aprendo reali confronti con i suoi “amici”, avviando campagne sociali di informazione, raccogliendo consensi e mobilitazioni sociali, ritrovando i propri reali amici ecc.
La conclusione che si può trarre a mio avviso è che sicuramente il mezzo “social network” ha la tendenza ad accentuare e facilitare alcune condotte negative di uso sbagliato dello strumento ed anche disturbi di personalità, ma se ben usato allarga i confini ed offre nuove possibilità di evoluzione. Sulla base di quanto detto in questo ariticolo appare evidente che ancora diversi studi sui Social Network vadano effettuati , tanto da poter informare meglio i propri fruitori dei pro e contro che essi stessi contengono.
Riferimenti bibliografici:
• Craig Broad “Technostress: the uman cost of computer revolution” edito nel 1984 da Addison Wesley
• Ellison NB, Steinfield C, Lampe C (2007) The benefits of Facebook “friends”: Social capital and college students’ use of online social network sites. Journal of Computer-Mediated Communication, 12 (4), article 1.
• Larry D. Rosen, “Poke Me: How Social Networks Can Both Help and Harm Our Kids” ricerca presentata alla Convenction annuale dell’American Psychology Association di Washington D.C., August 4-7 2011 (http://www.fenichel.com/pokeme.shtml)
Ogni anno il dr. Zinzi partecipa al mese(ottobre) del benessere psicologico in Puglia.
Psicologo Psicoterapeuta a Taranto e a Palagiano, Psicoterapia Umanistico integrata A.S.P.I.C. , Studio clinico di psicologia e psicoterapia, ansia, stress, depressione, problemi di coppia, attacchi di panico, Psicologia Taranto, psicoterapia taranto
Permalink link a questo articolo: https://www.psicologo-taranto.com/2012/10/09/partners/
E’ proprio nella prima metà degli anni ’80 che compare in rete un sito denominato di BIT-NET Psycology Newsletter (chiamato originariamente PsichNet) che ha fornito agli psicologi americani la possibilità di scambiare le loro esperienze dalle proprie scrivanie disposte a migliaia di chilometri (Zgodzinski D., Cybertherapy, Internet World 96: 50-53, 1996), Stava nascendo la ” psicologia on-line “.
Non più tardi di un anno fa, in occasione di un congresso nazionale, molti studiosi (Fabrizio Mancini, Tonino Cantelmi, Sergio Tartaglione in Cantelmi T.,M.Talli,C.Del Miglio,La mente in internet,psicopatologie delle condotte on-line. Padova, Piccin, 2000) concludevano i loro interventi affermando che al momento non era ancora possibile effettuare delle psicoterapia on-line a causa di problemi legati sia alla natura del “setting virtuale ” sia per l’esistenza di problematiche etiche (vedremo dopo pro e contro).
Da quel giorno, specie negli Stati Uniti, si sono moltiplicati, gli psicoterapeuti che offrono le loro prestazioni via Internet.
Si è generato un fenomeno che si sta allargando a macchia d’olio e che lentamente, inizia a far breccia anche nel Europa, notoriamente diffidente nei confronti delle novità provenienti dall’altra parte dell’oceano.
Non a caso oggi si parla sempre più spesso di “psicoterapia on-line”, definibile ( nella sua accezione più ampia ) come quel trattamento e cura non farmacologica dei disturbi della psiche conseguibile all’interno di una relazione terapeutica priva di presenza fisica dei due partner(Psicologia Contemporanea, rivista luglio-agosto 2000).
Sono ormai numerosi i siti nati da iniziative di psicologi e psicoterapeuti professionisti, che si propongono di fornire, attraverso Internet, informazioni è consulti su argomenti e problemi di tipo psicologico. Le modalità di interazione tra terapeuta e paziente in internet sono principalmente due: Web-counseling e E-therapy.
Nell’ambito della salute mentale si è soliti distinguere tra intervento di “Counseling” ( consulenza) e intervento di psicoterapia, intendendo, col primo tutte quelle azioni volte a sostenere il paziente nel suo disagio e a fornirgli utili informazioni alla definizione del problema e, col secondo, la realizzazione di interventi mirati a risolvere, o quantomeno attenuare, il problema responsabile del disagio.
psicologia on-line
Per quanto riguarda il counseling, gli utenti hanno così modo di fare delle domande, anche in forma anonima, agli operatori della salute mentale, che provvedono a rispondere (sia indirettamente che direttamente). Per dire il vero, un servizio di questo tipo non costituisce affatto una novità: molte riviste cartacee (specialistiche e non) danno spesso ai lettori l’opportunità di scrivere a un esperto (un luminare della psicanalisi; più spesso, un personaggio noto dello spettacolo), mantenendo comunque celata la propria identità. Se non sono poche le critiche al web counseling, non bisogna tuttavia tacere dei vantaggi e degli orizzonti di sviluppo, suscettibili di accrescere e di potenziare questa modalità di aiuto offerta dalla rete.
Per il counseling gli strumenti Internet principali sono essenzialmente l’e-mail, le newsnet, le mailing list e newsgroup.
E-mail
È il mezzo più facile e più usato per la consulenza psicologica on-line. Il paziente invia un messaggio al terapeuta, che gli risponde fornendo di indicazioni e suggerimenti al riguardo.
Dato il particolare tipo di comunicazione asincrona, paziente e terapeuta si “inseguono” senza stabilire un rapporto dotato di reciprocità, potendosi configurare più come una serie di monologhi che come scambi preposizionali. Mancano, tra l’altro, le interpunzione in costituite da escavazioni, lapsus, pause, ecc.. Elementi, questi, presenti nella comunicazione “faccia a faccia” e in una certa misura rintracciabile nello scambio di messaggi effettuati in chat. Per il terapeuta, quindi può risultare non facile valutare le caratteristiche di personalità del paziente, soprattutto quelle inconsce, e circoscrivere i vari interventi entro spazi di tempo definiti, così come accade nelle sedute tradizionali.
Come si è detto, al terapeuta che si confronta con i messaggi per e-mail è richiesta una particolare competenza nella valutazione degli aspetti anche formali, testuali e ritmici dei messaggi. La decodifica di questi ultimi aspetti può consentire una valutazione più accurata del “messaggio” e surrogare la mancanza al degli elementi paraverbali e non verbali della comunicazione. La possibilità di comunicare senza vincoli di tempo( come invece accade in un interazione reale) dà però la possibilità agli interlocutori di approfondire meglio i propri pensieri, per fornire così informazioni e riflessioni più accurate e puntuali. Ciò caratterizza l’e-mail come uno strumento utile e facile da usare per l’intervento di consulenza. La maggior parte dei centri di consulenza psicologica on-line mette a disposizione dei propri utenti la possibilità di accedere al servizio sia per via gratuita sul sito, sia per via privata; in quest’ultimo caso, le risposte sono trasmesse direttamente, entro breve tempo, alla casella e-mail dell’utente, previo pagamento( per lo più con carta di credito sul sito) della cifra pattuita(er esempio vedi Center of on-line Addiction http://www.Netaddiction.com).
Newsnet
Nello stile Question&Answer, essi sono pubblicati su alcuni siti, sotto forma di elenchi di domande( in genere, quelle inviate con maggior frequenza) e relativa risposta. La struttura a “bacheca” di questo servizio implica lo stesso un tipo di comunicazione asincrona, dato che i vari messaggi che gli interlocutori inviano possono essere letti dagli interessati anche molto tempo dopo; in tal modo, avendo a disposizione una banca dati sempre più ricca, si può ottenere una consulenza gratuita in forma anonima semplicemente consultando, senza farne esplicita richiesta, sia i sentimenti espressi da altri utenti in merito a una particolare condizione patologica, sia le risposte fornite dagli specialisti, infatti spesso le newsnet vengono impiegate per la formazione di gruppi di supporto. Anche in questo caso dunque, il servizio di newsnet, altro non è che l’evoluzione di quelle rubriche pubblicate in molte riviste di largo consumo denominate “risposte dell’esperto”.
Newsgroup e mailing-list. Sono gruppi di discussione finalizzati a fornire informazioni a persone che soffrono di disturbi specifici o vittime di problemi di varia natura. Essi non hanno grandi differenze con le newsnet tranne che sono a tema specifico e possono essere autogestite o coordinate da un moderatore.
E-therapy (psicoterapia on-line)
Come per tutte le innovazioni una serie di pro ed i contro si pongono all’interno di un’interessante banca a cavallo tra la psicoterapia e l’informatica, dove, nulla, si può dare per scontato (dato l’esiguo numero di ricerche svolto).
Negli anni 60 Joseph Weizenbaum, ricercatore del MIT( Massachusetts Istitute of Technology) pensò di realizzare un programma interattivo di psicoterapia che simulasse il comportamento di un terapeuta in carne e ossa: i pazienti avrebbero semplicemente acceso il computer di casa per ricevere tutte quelle risposte che, fino ad allora, potevano ottenere solo recandosi da un professionista. Il sogno si concretizzò in parte, con la nascita di Eliza, software che, nei proponenti dell’ideatore avrebbe dovuto essere in grado di valutare il disagio del paziente secondo un approccio psicologico di tipo Rogersoniano: alle espressioni e alle domande degli utenti, Eliza, rispondeva con semplici tecniche di consulenza, come focalizzazioni, riflessioni, chiarificazione. Eliza fu perfezionata in molte versioni successive( l’ultima versione per Mac si trova archiviata al sito http:// hyperarchive.lcs.mit.edu/HyperArchive/Archivi/game/word/eliza60.hqx), tuttavia presentò sempre limitazioni notevoli come ad esempio non essere empatica evidenziando lacune nella “comprensione” della personalità umana può ad esempio mal funzionando nelle risposte date all’utente. In realtà il sogno di Weizenbaum rimase un sogno, facendo rimanere questo progetto solo come un interessante esperimento dell’intelligenza artificiale, piuttosto che una psicoterapia vera e propria.
Gli psicoterapeuti e gli psichiatri stanno dunque oggi esplorando nuovi metodi on-line per fornire aiuto alle persone con problemi psicologici o relazionali: consulenza via e-mail, chat in tempo reale, conferenze audio video, newsletter…
Quindi per quanto riguarda lo sviluppo della E-therapy, non avendo la pretesa di diagnosticare o curare disturbi mentali( né tanto meno, di imporre trattamenti farmacologici), dati inoltre -come vedremo- i suoi limiti pratici e oggettivi, sarebbe inappropriato collocarla sullo stesso piano della tradizionale psicoterapia vis-à-vis; come altre forme di assistenza( biblioterapia, musicoterapia, e-se vogliamo-yoga, training autogeno, tecniche di rilassamento e di massaggio), essa aiuta la persona a confrontarsi con le proprie difficoltà di natura psicologica o relazionale sotto la guida di un professionista oppure può affiancare una psicoterapia già in corso oppure può essere il primo passo per decidere di intraprenderne una: in breve, la e-therapy è finalizzata a promuovere il benessere dell’individuo e a potenziarne le risorse.
Nella psicoterapia in rete a differenza di quanto avviene nella consulenza psicologica, è proprio il tipo di relazione-che terapeuta e paziente costituiscono in un continuo di comportamenti sempre più reciproci e coinvolgenti-a essere centrale è a conferire potenzialità più concrete; a parte lo scopo precipuo di ogni intervento, è proprio grado di reciprocità( o di interattività) della relazione a differenziare maggiormente la
e-therapy dal counseling e a discriminare quindi gli strumenti più adatti, dei quali i principali sono: e-mail. Come si è detto che essa consente di realizzare una comunicazione asincrona tra terapeuta e paziente: un paziente on-line può scrivere al suo terapeuta on-line nel momento che desidera ed il terapeuta può rispondere senza essere vincolato dall’obbligo di immediatezza, ma spandendo le risposte secondo un ritmo valutato come opportuno e comunicato sin dall’inizio al paziente.
Quindi la modalità di comunicazione asincrona differenzia la comunicazione on-line da una tradizionale situazione psicoterapica in rapporto ai parametri di tempo, spazio, visibilità. Manca, come sappiamo, la presenza di messaggi paraverbali è non verbali che caratterizzano l’incontro “faccia a faccia”.
Questi “paramessaggi”, nella situazione tradizionale, consentono o facilitano al terapeuta l’inferenza della situazione semi conscia e inconscia del paziente. In assenza di questi elementi, è richiesta al terapeuta che si confronta con la comunicazione solo testuale una attenzione aggiuntiva ed una specifica competenza.
Il terapeuta quindi, ponendo una particolare attenzione al testo non soltanto per decifrarne il significato/senso, ma anche per decodificare gli aspetti formali, testuali e ritmici del messaggio ( punteggiatura, sequenza,ecc..).
La valutazione di questi elementi consente di cogliere ulteriori implicazioni rispetto al messaggio testuale e consente di cogliere longitudinalmente, nel dipanarsi progressivo delle comunicazioni, il percorso anche inconscio del paziente.
Inoltre l’anonimato consentito dalla modalità psicoterapeutica per e-mail viene sentito dal paziente come fattore facilitante una più aperta narrazione disse. Le e-mail può essere indicata per psicoterapia individuali allorquando non sia possibile istituire una terapia tradizionale per problematiche legate a vari impedimenti( distanza, è indicato fisico del paziente, ecc..). Questa modalità può anche costituire un “ponte” verso una terapia tradizionale o consentire, in taluni casi, l’ “uscita” da una terapia tradizionale che è giunta al termine.
chat. Essa, diversamente dai servizi precedenti, consente un tipo di comunicazione sincrona, dato che gli interlocutori possono conversare in tempo reale.
La chat può che essere indicata sia per psicoterapie individuali (impiegando la modalità “privata” o “bisbigliata”), sia per psicoterapia di gruppo( da uno a cinque persone) con la supervisione del terapeuta; gli incontri si tengono a intervalli regolari( ad esempio, ogni settimana) è per un tempo definito (ad esempio, due mesi) in base all’obiettivo condiviso. E’ utile in questi casi impiegare accorgimenti (ad esempio, l’uso di una password) o programmi specifici che consentono la selezione mirata delle persone che possono accedere alla chat.
La sincronicità rende il rapporto in chat simile a una conversazione psicoterapeutica vera, ma con qualche particolarità: non essendovi la possibilità di vedere e sentire l’interlocutore, vengono meno le informazioni di natura non verbale( gesti, espressioni del viso, modulazione della voce,ecc.). Tali informazioni sono strettamente connesse alla sfera inconscia e di questa potenzialmente rivelatrici, proprio in quanto automatiche e spontanee. Il terapeuta può quindi incontrare difficoltà nel valutare correttamente il tipo di personalità del proprio paziente on-line.
Nonostante questo, la conversazione in charter può risultare tutt’altro che razionale e fredda, in virtù di un considerevole abbassamento delle difese coscienti. Ciò in quanto il paziente, potendo mantenere anche in questo caso l’anonimato, e meno propenso a fornire e mantenere un immagine di sé positiva e può, in tal modo, riferire propri pensieri modo aperto e senza censure. Inoltre, la possibilità di visualizzare l’intera sessione della seduta consente al terapeuta di rileggere in ogni momento i passaggi più significativi sino ad allora esperiti con il proprio interlocutore.
Chat con collegamento audio/video (videoconferenza)
L’introduzione delle videocamere (o Web-cam) e dei dispositivi acustici( microfoni, cuffie, o casse acustiche) può davvero rendere le sedute terapeutiche in chat molto vicine a quelle reali. Si viene a configurare una condizione altamente interattiva dove gli interlocutori possono cogliere, reciprocamente, sia gli aspetti di contenuto della comunicazione, sia quelli non verbali. L’unica difficoltà, peraltro superabile con la nuovissime tecnologie, può essere costituita da brevi tempi di latenza delle immagini, che possono non sincronizzarsi con quanto riferito a voce. Inoltre per ridurre gli elementi di distrazione insiti nel “setting casalingo”: il paziente è “costretto” a guardare in faccia lo psicoterapeuta escludendo l’ambiente circostante.
Chat con elaborazione audio/video. L’elaborazione delle informazioni audio-visive mediante software specifici, in futuro, potrebbe notevolmente accrescere la capacità interpretativa dello psicoterapeuta on-line.
Si parla della possibilità, ancora inesplorata, di operare inferenze psicologiche ” obiettivi ” sulla base di alcuni correlati, non verbali( come per esempio, il timbro della voce o la frequenza dei movimenti oculari del paziente); un’indicazione in questo senso è venuta dall’elaborazione di “Trustef”, software in grado di rilevare lo “stress vocale” dell’interlocutore sulla base delle alterazioni del flusso sanguigno: maggiore e lo stress vocale riscontrato, più elevate sono le possibilità che il soggetto stia mentendo oppure subendo un diverso conflitto emozionale. “Trustef”-già ribattezzato “macchina della verità”-riconosce il grado di veridicità di una affermazione (dal falso al vero) con alcuna attendibilità pari al 85%. A prescindere da ciò, potrebbe consentire di rilevare l’emotività connessa a una data affermazione, con interessanti risvolti interpretativi.
Comunque in queste ultime due modalità di e-therapy tramite chat, bisogna considerare l’eliminazione del fattore facilitante di apertura da parte del paziente, costituito dall’anonimato.
Un’innovazione come quella della psicoterapia on-line non può non tener conto delle differenze tra la normale comunicazione umana e quella virtuale, e nemmeno esimerci dal riflettere sui possibili rischi connessi a questa nuova modalità terapeutica, oltre alla necessità di risolvere i diversi problemi etici connessi all’utilizzo di Internet da parte di psicologi e psichiatri.
Potenziali svantaggi della psicoterapia on-line
Fra i possibili svantaggi (che tratteremo qui di seguito) se ne possono segnalare alcuni dei più importanti come: assenza di setting neutro, bassa reciprocità (assenza di contatto visivo ed uditivo), scarsa riservatezza, deprivazione empatica, problemi di competenza, gestione della crisi.
1. Assenza di un setting neutro: col termine “setting” si fa riferimento alle condizioni fisiche in cui avvengono le sedute terapeutiche. In teoria l’ambiente dovrebbe essere privo di stimoli di strumenti è neutro, cioè specifico per contenuti ideologici, interessi, gusti, ecc.. questo per non influenzare negativamente il comportamento del paziente. Il setting di una psicoterapia on-line, diversamente da quello tradizionale, non può essere controllato e ciò può rappresentare potenzialmente una variabile di disturbo.
2. Assenza di contatto visivo e uditivo. L’assenza di contatto visivo ed uditivo crea diversi problemi professionisti che tentano di attuare interventi psicologici grazie all’uso di Internet:
2a) cambiamento delle basi teoriche dell’intervento terapeutico: le teorie basate su una relazione terapeutica di tipo “faccia a faccia”, non possono essere applicate ad una relazione basata su una comunicazione esclusivamente testuale. Prima di mettere in atto interventi on-line di tipo testuale, si dovrebbero studiare nuovi modelli di relazione terapeutica più adeguati ad un media quale Internet che considerino, tra l’altro, l’esistenza di una diversa forma di transfert( vedi oltre).
2b) Limiti nella diagnosi: la comunicazione testuale limita la possibilità di formulare una diagnosi corretta è, di conseguenza, un trattamento adeguato( dati i problemi già trattati di mancanza di makers meta-comunicativi, postura,ecc..)
2c) Mascheramento dell’identità: la comunicazione testuale rende spesso impossibile al professionista la verifica dell’identità del paziente con ripercussioni medico-legali( ad esempio, il trattamento di un minore senza il consenso dei genitori, il rilascio di dati falsi, ecc..).
2d) Aumento dell’incomprensione: l’assenza di un rapporto visivo ed uditivo aumenta il rischio che si possano instaurare incomprensioni tra il terapeuta e paziente, con conseguente distruzione del rapporto. Questo anche a causa dell’assenza di un “feedback” visivo e/o uditivo che potrebbe facilitare il riconoscimento di eventuali incomprensioni.
3. Scarsa riservatezza: la garanzia della riservatezza rappresenta il limite più significativo nella relazione terapeutica condotta attraverso internet. La violazione della riservatezza può venire a tre livelli: trasmissione, terminale del terapeuta a terminale del paziente.
3a) trasmissione. In internet le informazioni viaggiano sotto forma di messaggio elettronico con alta possibilità di intercettazione. Si stanno mettendo a punto sistemi di cifratura di messaggi con aumento del livello di sicurezza; la salvaguardia dei dati non è tuttavia assoluto a causa degli “hackers” in grado spesso, di individuare il codice di lettura.
3b) terminale del terapeuta. Il terapeuta deve utilizzare l’accortezza di non salvare le comunicazioni su disco rigido, in quanto, gli “hackers” potrebbero accedervi con facilità. È infatti necessario quantomeno salvare i fare il assegnando loro una protezione( ad esempio, una parola chiave) per non renderli leggibili a persone non autorizzate. E anche buona norma effettuare frequentemente dei “back-up” al fine di preservare i contenuti delle sedute terapeutiche da eventuali danni al computer.
3c) terminale del paziente. Si deve tenere presente la possibilità che altre persone( famigliari, colleghi, ecc.) Possano accedere ai dati presenti nel computer del paziente. Negli Stati Uniti, ad esempio, gli impiegati hanno il diritto di accedere alle informazioni registrate nel computer d’ufficio. Se paziente comunica con il terapeuta dal posto di lavoro è molto probabile che gli altri colleghi possano leggere i contenuti dei colloqui. Anche la cancellazione dei file infatti non rappresenta una sicurezza in quanto, quando si esegue questa operazione, il file non viene in realtà cancellato bensì viene reso disponibile alla sovrascrittura lo spazio occupato da esso. Fino a quando tale spazio non verrà sovrascritto il file sarà comunque recuperabile e leggibile.
4. Deprivazione empatica. Facendo riferimento agli insegnamenti Winnicottiani, si può ragionevolmente supporre che per taluni pazienti (come non per tutti) le funzioni di sostegno “ holding” e di contenimento “containing” siano così importanti da costituire una base fondamentale per lo sviluppo di un Sè integrato. Quindi in alcuni casi una psicoterapia come quella on-line, del privato del calore empatico è di uno spazio fisico condiviso, difficilmente può assolvere a tali funzioni.
5. Problemi di competenza. L’assenza di un training adeguato, basato sulla comunicazione testuale può avere delle ricadute importanti sul livello di competenza del terapeuta che tenta di condurre un intervento on-line. Una scarsa competenza del terapeuta nei confronti di Internet, può in definitiva avere delle ripercussioni negative sulla qualità dell’intervento terapeutico e può incrementare la possibilità di esporsi a procedimenti legali e/o deontologici correlati cavallo di lavoro on-line.
6. Gestione della crisi. Le difficoltà di far fronte a situazioni di crisi derivano, sia dall’anonimato del paziente, sia dall’eventuale scarsa conoscenza delle strutture sanitarie disponibili in una regione geografica distante anche migliaia di chilometri. Inoltre, negli Stati Uniti, le leggi che impongono al terapeuta di comunicare agli organi competenti informazioni riguardanti un reato( abuso sessuale, maltrattamento di minori, ecc.) variano da stato mostrato. Nel caso in cui il paziente ed il terapeuta risiedano in due stati con diversa legislazione, non ancora chiaro alla legge a quale stato si debba fare riferimento. Il problema diventa ancora più complicato quando la psicoterapia si svolge tra le persone appartenenti a due nazioni diverse.
Potenziali vantaggi della psicoterapia on-line
Così come ci sono degli svantaggi ci sono anche dei vantaggi per quanto riguarda la psicoterapia on-line, ad esempio, la facilità di accesso, abbassamento delle difese coscienti, aumento della confidenza e da altri vantaggi esclusivi offerti dalla comunicazione on-line che ora vedremo di seguito.
1. Screening. La presenza di una rete di servizi di salute mentale in internet rappresenta una possibilità alternativa di accesso per tutte le persone che possono giovarsi di specifici interventi terapeutici ma che, per svariati motivi, non hanno mai avuto contatti in precedenza.
2. Trattamento di problemi non clinici. In internet rappresenta un mezzo idoneo per interloquire con tutte quelle persone che hanno problemi non clinici e che possono beneficiare di un consulto psicologico, ma che non si sono mai rivolte allo psicologo per paura di essere “etichettati” dalla società o per problemi economici.
3. Vantaggi e esclusivi offerti dalla comunicazione on-line. La comunicazione testuale su Internet (chat, e-mail, newsgroup…), offre vantaggi unici rispetto alla psicoterapia tradizionale:
3a) Facilità di accesso. Le offerte di accesso gratuito alla rete per l’abbattimento delle tariffe telefoniche stanno contribuendo considerevolmente alla diffusione di internet presso la popolazione. Concepire un servizio di psicoterapia on-line significa per permettere a persone che non possono accedere fisicamente alle strutture territoriali di salute mentale( anziani, portatori gravi di handicap fisici, lavoratori con scarso tempo libero, persone che abitano in zone mal collegate ai centri urbani,ecc.) di usufruire ugualmente di un intervento di psicoterapia.
3b) Comunicazione asincrona. La comunicazione “in differita” attraverso e-mail consente, sia al terapeuta che al paziente di potere affrontare la comunicazione con grande attenzione e livello di elaborazione. La conseguenza sarà una maggiore chiarezza di contenuti e di concetti e quindi una maggiore precisione dell’intervento terapeutico .
3c) Abbassamento delle difese coscienti. Le persone tendono con più facilità a fornire informazioni personali e quando possono celare la propria identità. Nel caso di una psicoterapia on-line questo comporterà una maggiore profondità del rapporto terapeutico, con risvolti positivi sul paziente. Inoltre, l’anonimato che e possibile realizzare in rete può superare lo stigma che spesso accompagna le persone che richiedono un trattamento psicoterapeutico: ciò può favorire l’avvicinamento di un maggior numero di persone.
3d) Trasfert. Il fenomeno del transfert su Internet, potrebbe assumere delle caratteristiche notevolmente diverse rispetto a quanto accade nel rapporto tradizionale. In effetti si viene a generare un “trasfert multiplo” paziente-computer-terapeuta. Con lo sviluppo di specifici modelli teorici il “trasfert multiplo” e potrebbe essere sfruttato al meglio per il trattamento dei pazienti in internet.
5. Uso di Internet in aggiunta alla psicoterapia tradizionale. È internet come supporto alla psicoterapia uno degli utilizzi più diffusi oggi. Vedremo per quali ragioni:
4a) Approfondimento dei problemi correlati all’intervento di psicoterapia faccia a faccia. Il paziente una volta tornato a casa o dopo giorni dall’ultima seduta, può utilizzare lo strumento del Web per chiedere chiarimenti o comunque comunicare col proprio psicoterapeuta. Inoltre l’utilizzo di internet per estendere una relazione terapeutica di tipo tradizionale potrebbe condurre al superamento di alcuni problemi internet correlati come, ad esempio, anonimato, accuratezza diagnostica, gestione di una crisi ecc…
4b) Esperienza e miglioramento della competenza del terapeuta. L’uso di internet da parte di un terapeuta esperto, in aggiunta alla psicoterapia faccia a faccia, potrebbe migliorare la quantità dell’intervento ed incrementare la competenza del terapeuta.
4c) Controllo del lavoro compiuto a casa dal paziente. Lo strumento inter net può migliorare la valutazione del lavoro assegnato dal terapeuta, ad esempio, nel caso di una terapia comportamentale, il paziente può ricevere maggiori contatti col terapeuta rispetto alla normale caducità degli incontri( chiarimenti, confronti ecc..)
4d) Aumento della confidenza. Internet può favorire la comunicazione di informazioni “coperte” durante le sedute di tipo tradizionale. Il paziente può continuare ad elaborare i contenuti di una seduta al di fuori dell’ora terapeutica e può comunicare al terapeuta i risultati di questo lavoro prima dell’inizio della seduta successivo. Il terapeuta alla così modo per maggior tempo per riflettere su quanto comunicato e per mettere a punto un piano da attuare nella seduta successiva.
4e) Termine della psicoterapia. Internet può essere utilizzato per ridurre gradualmente il contatto ” reale” terapeuta-paziente al termine di un trattamento, dando ad esempio, la possibilità di sentire meno il distacco. Questo può favorire il rinforzo dell’autostima e/o della fiducia del paziente nei confronti dei propri sistemi naturali e di supporto.
Intanto l’Ordine Nazionale degli Psicologi ha vietato la psicoterapia e la psicodiagnosi on-line (vedi delibera del 23 marzo 2002, tratta dal sito dell’Ordine Nazionale degli Psicologi).Considerando fattori come l’elemento affaristico/commerciale, la pratica psicologica per via elettronica, e la complessità dei processi psicologici coinvolti. Non esiste una parola che comprende questa pratica professionale: il commercio elettronico è adatto quando si considera la natura dell´offerta, ma la parola “tele-salute” può essere adatta solo, per i problemi della salute e non è soddisfacente, per esempio, per lassessment educativo e professionale. Di conseguenza, il riferimento preferito è: “Offerta di servizi psicologici via Internet e/o altri mezzi non-diretti”.
Rimane quindi da porsi ancora molte domande, come ad esempio se raggiungendo risultati apprezzabili, la psicologia on-line può essere considerata sia counseling e sia psicoterapia? E se ci sono differenze quali ? Le differenza sostanziale è che una consulenza è focalizzata su una specifica problematica sulla quale lo psicologo non fa un vero e proprio intervento psicoterapeutico ma, ridefinendo il problema, può fornire nuovi spunti di riflessione, può allargare il campo visivo dell’interessato. Inoltre, perché no, se l’utente ne fa precisa richiesta il professionista può dare consigli, ad esempio nell’ambito dei processi decisionali, ma sempre contribuendo nei termini di allargare la visuale. (Persone più o meno qualificate che distribuiscono consigli, ce ne sono anche troppe.)
Tutto questo è terapeutico? La risposta è si, certamente è terapeutico, ma tutto quello che è terapeutico non vuol dire che lo si possa chiamare psicoterapia. Una psicoterapia, almeno nell’accezione psicoanalitica, cerca e tende di modificare le strutture interne, cerca nuovi equilibri interni non si limita alla ridefinizione di un problema e alla sua soluzione.
Rimangono quindi ancora molte riflessioni sul fenomeno che si sta diffondendo in internet, le consulenze,le terapie e le comunità di auto aiuto on-line comunque si fanno sempre più numerose quindi, non si può negare l’utilità che i fruitori dimostrano con il loro utilizzo. Sicuramente c’è da effettuare ancora molti studi sull’argomento, per poter dare agli psicologi più padronanza nell’utilizzare un setting con caratteristiche sostanzialmente diverse da quelle in cui ha sempre agito. Di certo fenomeni come abbattimento delle distanze, anonimato, differenza di banda nella comunicazione e altri componenti vanno saputi gestire in questo variegato e differente “nuovo mondo” virtuale.
Problemi etici delle psicoterapia on-line
Diversi sono i problemi etici, in parte ancora irrisolti, secondari all’utilizzo di internet da parte di psichiatri e psicologi che offrono psicoterapie on-line. Attualmente infatti sono in fase di elaborazione linee guida di condotta sulla psicologia forense e la testimonianza degli esperti, l’insegnamento della psicologia ai non psicologi, le raccomandazioni per la valutazione e le prestazioni psicologiche via Internet e/o con in mezzi a distanza. Le associazioni professionali hanno quindi pubblicato linee guida etiche rivolte alle organizzazioni che offrono servizi sanitari in rete ad esempio, American Psychological Association (American Psychological Association, services by telephone, teleconferencing, and internet: a stateament by ethics committee of the American Psychological Association, 1997 http://www.apa.org/ethics/stmnt01.html Board of Certifield Counselor ( http://www.nbcc.org/ethycs/wcstandars.htm , 1997) o ad esempio, in Italia, l’ordine degli psicologi dell’Emilia Romagna (http://www.ordpsicologier.it). Queste linee guida hanno il compito primario di definire gli standard di cura.
Le questioni aperte rispetto alle prestazioni psicologiche via internet sono le stesse anche per altri tipi di comunicazione, quali le consulenze psicologiche via telefono, fax, la radio, televisione e le relazioni scritte.
È stato proprio lo sviluppo veloce di Internet con aumento delle offerte di servizi psicologici e distanza ad accentuare la necessità di rivedere la pratica professionale dello psicologo riguardo ai principi etici. uno dei principali problemi etici riguarda la necessità di esaminare e certificare il providers a contenuto psicologico che offrono terapie, consulti, test o semplici informazioni.
Lloyd e Uecker, in un’articolo intitolato “Psychodynamic conciderations of on-line counseling” (Mental Healt Magazine gen-feb, 1997 http://www.cmhc.com/prospectives/articles/art01971.htm ), scrivevano di aver osservato la fragilità di Internet, in quanto è molto semplice trovare in rete dei veri e propri ciarlatani o leggere testimonianze di persone che si sono sentite danneggiate da alcuni psicoterapeuti on-line. Il rischio, che in definitiva si corre, è di screditare l’intera classe di professionisti della salute mentale.
Una soluzione al problema della verifica delle credenziali degli psicoterapeuti on-line è proposta da Ainsworth e Grohol (Credential check, http//www.cmhc.corn/check, 1997), rappresentanti delle due più importanti organizzazioni di psicologi on-line. Essi offrono la possibilità agli psicoterapeuti di sottoporre all’esame del provider le proprie credenziali per poter ottenere l’autorizzazione ad inserire il proprio indirizzo all’interno del sito dell’organizzazione. L’utente, dal canto suo, ha la possibilità di contattare il provider in qualsiasi momento per ottenere informazioni riguardanti il curriculum del terapeuta.
Stricker e Bloom invocano in due riviste scientifiche(Ethics and behavior 6;175-177, 1996 e British Journal of Guidance and Conseling 26;53-59;1998) la pubblicazione di linee guida molto rigide che impongano al terapeuta on-line una specifica preparazione, l’obbligo del segreto professionale e il mantenimento del massimo livello di riservatezza possibile. Abbiamo già descritto in precedenza le caratteristiche tecniche che rendono vulnerabili le informazioni trasmesse attraverso internet. Anche se alcuni provider hanno adottato sistemi di cifratura, numerosi sono ancora i terapeutica che basano i loro interventi su una comunicazione non protetta.
Internet Addiction Disorder (dipendenze da internet)
E’ ormai condiviso che la tecnologia ed in particolar modo Internet ormai occupa un ruolo fondamentale all’interno della nostra società. Così come il mondo della rete si è evoluto, allo stesso modo questo media ha iniziato a coinvolgere l’individuo in tutta la sua essenza. C’è sempre più certezza ormai nell’affermare che le patologie sociali stanno cominciando ad affacciarsi nel cyberspazio, come per esempio la “dipendenza tecnologica” (net addiction, gioco d’azzardo patologico, cibersex addiction, in generale Internet Addiction Disorder in italiano dipendenze da internet ) . Essa è definita operativamente come appartenente alle dipendenze non chimiche (comportamentali), che comportano interazione tra uomo e macchina. Le dipendenze tecnologiche possono essere sia passive (televisione), che attive (videogiochi), ed in genere hanno la proprietà di induzione e rinforzo, che possono contribuire e favorire tendenze alla dipendenza (Talli, Del Miglio, Cantelmi, D.andrea; 2000).
L’evoluzione cronologica di questo pensiero è comprensibile attraverso i vari studi e teorie dei diversi autori i quali in ordine temporale sono:
Attraverso l’interazione sociale virtuale, Internet e i suoi strumenti consentono la costruzione di nuovi sè (molto simili o molto lontani dal proprio sè reale). «Permettono, osserva Caretti (2000) la creazione di identità, talmente fluide e multiple, da trasformare i limiti del concetto stesso di identità». Nondimeno, obietta la Turkle (1997) “è possibile che la cultura del virtuale si riveli un fattore positivo: aiuta a realizzare un’identità multipla, integrata e consolidata, la cui condizione di benessere proviene dalla possibilità dell’lo degli utenti di accedere ed elaborare i propri molti sé».
A fronte di tali considerazioni, la novità e la complessità della Rete impongono che si analizzino a fondo i possibili rischi e conseguenze negative. E’ necessario anzitutto chiarire che cosa siano i disturbi da trance dissociativa.
Caratteristica fondamentale di questi disturbi è la sconnessione delle funzioni -di norma integrate- della coscienza, della memoria, dell’identità e della percezione dell’ambiente :
· Durante la trance si rileva un’ alterazione dello stato di coscienza simile al sonno, ma con caratteristiche elettroencefaliche non dissimili da quelle dello stato di veglia.
· L ‘individuo perde consapevolezza della realtà fino al ritorno alla condizione normale accompagnata da amnesia.
Lo stato di trance può riscontrarsi nella suggestione ipnotica, nella sintomatologia dell’isteria, in alcune forme di epilessia, o in stati di eccitazione che possono investire interi gruppi impegnati in rituali magico-religiosi. Per gli antropologi lo stato di trance è anche un’ esperienza di passaggio e di trasformazione -come indica l’ etimologia latina “transitus”-. E’ un’esperienza scandita da una fase di crisi, trascendimento e ripresa di sè, a cui corrispondono motivi e significati diversi, a seconda del contesto culturale, ma tutti volti a determinare il passaggio da uno stato di disordine individuale o collettivo a uno stato di ordine, dove nel disordine emergono la malattia fisica e lo stato di squilibrio psichico e nell’ordine la guarigione e la creazione di un nuovo equilibrio (dizionario Utet; 1992).
La nozione di possessione, che è intimamente legata alla fenomenologia di trance (in questo caso “trance di possessione”), assume significati diversi a seconda del contesto d’uso. Nelle società occidentali, di cultura giudaico-cristiana, quando si incontra questo termine si pensa immediatamente alla possessione demoniaca a cui si connette l’esorcismo. Al di fuori della tradizione giudaico-cristiana, al contrario, si intende per possessione una pratica rituale che trova suo compimento in cerimonie, nel corso delle quali gli adepti -in trance- incarnano volontariamente esseri sovrannaturali, invitati a manifestarsi (Levy; 1992).
La manifestazione essenziale del Disturbo da Trance Dissociativa ,così come viene proposto nel DSM-IV (Appendice B “criteri ed assi di ulteriori studi”) è uno stato involontario di trance che non è previsto dalla cultura della persona come parte normale di una pratica culturale o religiosa, e causa disagio clinicamente significativo oppure menomazione funzionale. Attualmente non si correla il disturbo da trance dissociativa con la patologia conseguente alla dipendenza da Internet o dai videogame, tuttavia la sua configurazione induce a considerare nosologici i disturbi della coscienza indotti dalle nuove applicazioni della telematica. La trance dissociativa da videoterminale è infatti uno stato involontario di trance imputabile alla dipendenza patologica dal computer e dalle realtà virtuali. E’ caratterizzata da:
alterazione temporanea e marcata dello stato di coscienza;
depersonalizzazione;
perdita del senso abituale dell’identità personale, rimpiazzata o no da un’identità alternativa che influenza e dissolve quella abituale
Dal punto di vista psicodinamico devono essere considerati tre livelli evolutivi alla base della trance dissociativa da videoterminale: 1)la dipendenza, 2)la regressione, 3)la dissociazione (vedi schema l).
1)—Gli aspetti psicodinamici della dipendenza implicano:
un ipercoinvolgimento di tipo ritualistico con il computer e le sue applicazioni;
una relazione di tipo ossessivo-compulsivo[1] con le esperienze e le realtà virtuali;
una tendenza a” sognare a occhi aperti ” come modalità prevalente sull’azione nei rapporti reali;
una vergogna conscia o inconscia come tratto peculiare di debolezza dell’Io;
tendenze fobiche nei confronti della vita sociale.
2)—Gli aspetti psicodinamici della regressione implicano:
una tendenza a costruire relazioni immaginarie compensatorie dell’impoverimento delle relazioni oggettuali;
il ritiro autistico;
la fantasia autistica come modalità difensiva predominante dell’Io.
3)—Gli aspetti psicodinamici della dissociazione implicano:
la labilità dei confini dell’Io;
la dispersione del sè;
la diffusione dell’identità con la conseguenza della depersonalizzazione, cioè del distacco e dell’ estraniamento da se stessi fino alla perdita del contatto vitale con la realtà.
Schema 1.Tre livelli evolutivi della trance dissociativa da videoterminale
Dipendenza
Regressione
Dissociazione
Ipercoinvolgimento di tipo ritualistico con il computer e le sue applicazioni;
Tendenza a costruire relazioni immaginarie compensatorie dell’impoverimento delle relazioni oggettuali;
Labilità dei confini dell’Io;
Relazione di tipo ossessivo-compulsivo con le esperienze .e le realtà virtuali;[2]
Ritiro autistico;
Dispersione del se;
Tendenza a” sognare a occhi aperti ” come modalità prevalente sull’ azione nei rapporti reali;
Fantasia autistica come modalità difensiva predominante dell’Io.
Diffusione dell’identità con la conseguenza della depersonalizzazione, cioè del distacco e dell’estraniamento da se stessi fino alla perdita del contatto vitale con la realtà.
Vergogna conscia o inconscia come tratto peculiare di debolezza dell’Io;Tendenze fobiche nei confronti della vita sociale.
[1]compulsione o coazione (ingl. compulsion; ted. Zwang; fr.compulsion), la coazione indica una tendenza coercitiva e irrazionale che spinge l’individuo a mettere in atto determinati comportamenti di cui egli stesso riconosce l’inutilità e l’inadeguatezza, ma la cui mancata esecuzione provoca in lui una sensazione di angoscia. I sintomi compulsivi, o coatti, sebbene possano manifestarsi all’interno di varie patologie psichiche, sono caratteristici della nevrosi ossessiva, dove si distinguono le coazioni che si riferiscono a idee che il soggetto non può fare a meno di pensare, e le coazioni che riguardano atti, comportamenti, condotte che l’individuo si sente costretto a compiere.
[2]Rispetto a una diagnosi di tipo multiassiale sull ‘Asse I e l’Asse II del DSM-IV, la Trance Dissociativa da Videoterminale dovrebbe essere valutata in relazione alla presenza di un Disturbo Ossessivo-Compulsivo di Personalità (vedi nota 1).
La Canadian Medical Association sostiene che la Internet Addiction Disorder «è reale quanto l’alcolismo: provoca -come le altre patologie da dipendenza- problemi sociali, desiderio incontrollabile, sintomi astinenziali, isolamento sociale, problemi coniugali e prestazionali, difficoltà economiche e lavorative» (Cantelmi, D’Andrea, 2000).
I soggetti maggiormente predisposti al suo sviluppo sono persone di età compresa fra i 15 e i 40 anni, con difficoltà comunicative derivanti da problemi psicologici e psichiatrici, familiari e relazionali: dunque, da una qualche forma di emarginazione. Altri fattori di rischio sono l’isolamento geografico, l’elevato grado d’ informatizzazione negli ambienti lavorativi, i lavori notturni e isolati. In particolare, sarebbero maggiormente esposti gli individui con difficoltà a comunicare in maniera consueta: soggetti con personalità di tipo ossessivo-compulsivo[1] e/o tendenti al ritiro sociale e/o con marcati aspetti d’inibizione nei rapporti interpersonali. La IAD si configurerebbe in loro come un comportamento di evitamento, di fuga: si rintanerebbero nella rete per non affrontare le problematiche esistenziali.
[1]compulsione o coazione (ingl. compulsion; ted. Zwang; fr.compulsion), la coazione indica una tendenza coercitiva e irrazionale che spinge l’individuo a mettere in atto determinati comportamenti di cui egli stesso riconosce l’inutilità e l’inadeguatezza, ma la cui mancata esecuzione provoca in lui una sensazione di angoscia. I sintomi compulsivi, o coatti, sebbene possano manifestarsi all’interno di varie patologie psichiche, sono caratteristici della nevrosi ossessiva, dove si distinguono le coazioni che si riferiscono a idee che il soggetto non può fare a meno di pensare, e le coazioni che riguardano atti, comportamenti, condotte che l’individuo si sente costretto a compiere.
E’ la statunitense Kimberly Young, dell’università di Pittsburgh, Bradford, una delle prime a sostenere l’esistenza degli Internet Addiction Disorder, parlando di essi in un quotidiano il 6 dicembre 1996. La Young sostiene che, alla base della dipendenza da Internet, è sempre presente qualche forma (concreta o no) di fuga. Molte persone che sviluppano la IAD sono depresse e sole, inibite da bassa autostima, ansia,insicurezza; hanno sovente una vita sentimentale problematica,’ oppure un lavoro o relazioni sociali insoddisfacenti. Con Internet riescono (almeno in apparenza) a eludere le proprie difficoltà: trovano rifugio e conforto in un mondo in cui si conversa a qualsiasi ora del giorno e della notte, un mondo in cui si diventa subito amici e, per incontrarsi, non è necessario vestirsi bene nè salire in auto per recarsi da qualche parte. Nel porto sicuro del cyberspazio si condividono i pensieri più profondi, si affermano le opinioni più decise, si raggiunge una miriade d’interlocutori in modo assai più veloce e disinvolto; soprattutto, è possibile tenere celata la propria identità: si può essere chiunque si scelga di essere, ci si può comportare come meglio aggrada. La fuga, tuttavia, è solo temporanea: una volta spento il computer, i problemi di ogni giorno si riaffacciano e si aggravano. Ciò spinge le persone dipendenti a rituffarsi nel mondo di Internet: vi tornano sempre più frequentemente e per periodi sempre più lunghi, per placare le sensazioni dolorose risvegliatesi.
Kimberly Yung introduce il modello “ACE” acronimo di Accessibiliy, Control and Exicitement, per spiegare i comportamenti ossessivo-compulsivi[1] relativi alla categoria “net-compulsion”, identificando i principali fattori facilitanti e/o predisponenti l’insorgere di questi disturbi: Accessibilità, controllo, eccitazione.
Accessibilità. Prima dell’avvento di Internet, attività come il gioco d’azzardo o lo shopping venivano svolte in luoghi specifici più o meno accessibili dall’individuo. L ‘introduzione e la diffusione della Rete ha consentito di ridurre enormemente i tempi di accesso ai singoli servizi (ora alla portata di un click), così da rendere possibile la gratificazione immediata di ogni più piccolo bisogno.
Controllo. Il controllo personale che l’individuo può esercitare in attività on-line è molto alto, spesso maggiore di quello che è possibile esercitare nella vita reale. Ad esempio molti siti finanziari consentono la transazione dei titoli presenti in borsa e il controllo, in tempo reale, degli andamenti delle singole quotazioni. Non è da sottovalutare nemmeno il controllo che è possibile esercitare sulle reazione delle persone presenti in una chat.
Eccitazione. Navigare in Rete può senza dubbio costituire un esperienza emozionante per l’ enorme quantità di stimoli a cui è possibile sottoporsi. La comunicazione multimediale si caratterizza sostanzialmente per la presenza di colori vivaci,immagini sorprendenti e suoni emozionanti (Cantelmi e coll.,1998). Quello che è possibile fare in Rete, grazie anche alla possibilità di mantenere l’ anonimato, non sempre risulta possibile nella vita reale. Si pensi ad esempio al fenomeno del cybertravestitismo.
[1] Rispetto a una diagnosi di tipo multiassiale sull ‘ Asse I e l’ Asse II del DSM-IV, la Trance Dissociativa da Videoterminale dovrebbe essere valutata in relazione alla presenza di un Disturbo Ossessivo-Compulsivo di Personalità
compulsione o coazione(ingl. compulsion; ted. Zwang; fr.compulsion), la coazione indica una tendenza coercitiva e irrazionale che spinge l’individuo a mettere in atto determinati comportamenti di cui egli stesso riconosce l’inutilità e l’inadeguatezza, ma la cui mancata esecuzione provoca in lui una sensazione di angoscia. I sintomi compulsivi, o coatti, sebbene possano manifestarsi all’interno di varie patologie psichiche, sono caratteristici della nevrosi ossessiva, dove si distinguono le coazioni che si riferiscono a idee che il soggetto non può fare a meno di pensare, e le coazioni che riguardano atti, comportamenti, condotte che 1′individuo si sente costretto a compiere..
Dall’introduzione del modello ACE ne deriva una costellazione di disturbi inseriti nella nuova categoria diagnostica “Internet Related Pshychopathology” (IRP, psicopatologia internet-correlata) (Cantelmi e coll.,1998) dei quali nel nostro paese i più diffusi sono 5:
-1-Dipendenza da Cybersesso(Cybersexual Addiction)
Per alcuni il termine cybersex riguarda tutto il materiale disponibile nella Rete vietato ai minori di 18 anni, a partire dalle immagini pornografiche, giochi e film, fino alle vere e proprie schermaglie di tipo erotico (in tempo reale), “digitate da una sola mano”. Per altri il cybersex viene inteso in un’accezione più ristretta, identificando esclusivamente le relazioni erotiche tra due partecipanti mediante e-mail, IRC, canali, msg, ecc. (Rossi M. D, Sex.net). Nonostante l’ambiguità del termine, per chi è dedito e dipendente da questa attività, il sesso migliore è quello che si fa con un partner attraente e compiacente, ma senza alcun tipo di coinvolgimento. Negli Stati Uniti si stima che 1/5 dei soggetti con diagnosi da IAD sia dipendente da attività sessuali on-line (Yung, 2003).
Secondo la Young il soggetto affetto da questa forma di dipendenza può presentare i seguenti segni clinici:
impiega di solito gran parte del tempo per stare nelle chat-rooms e nelle messaggerie private con il solo proposito di trovare argomenti cybersex;
si preoccupa di trovare il partner sessuale;
impiega frequentemente la comunicazione anonima per esprimere fantasie sessuali atipiche, che non verrebbero espresse nella vita reale;
si aspetta alla successiva sessione di provare eccitazione o gratificazione sessuale;
si sposta frequentemente da materiale cybersex al phone sex;
nasconde le proprie interazioni sessuali agli altri;
prova colpa o vergogna per il proprio uso della Rete;
inizialmente si eccita quando si trova accidentalmente davanti a materiale cybersex, successivamente lo ricerca attivamente;
si masturba nel corso delle chat erotiche;
considera il cybersex come la forma primaria di gratificazione sessuale, riducendo l’ investimento sulla propria partner reale;
Il gioco d’azzardo compulsivo è un disturbo già da tempo riconosciuto e contemplato dal manuale diagnostico dei disturbi mentali (DSM IV). La possibilità di accedere da casa a casinò virtuali, oppure a siti per scommettitori, facilita sicuramente lo sviluppo di tale compulsione, che può divenire ancora più grave e deleteria per la vita di relazione ed economica e interessare fasce di età sempre più giovani. Il bambino che accidentalmente si trovi collegato a questi siti, può liberamente entrarvi, dichiarando un’età maggiore di quella effettiva. In alcuni college statunitensi sono stati scoperti molti studenti giocare d’ azzardo con le carte di credito dei propri genitori (Young K., http://www.netaddiction.com ).
Secondo la Young il soggetto affetto da questa forma di compulsione può presentare i seguenti segni clinici:
ha bisogno di giocare d’ azzardo con quantità crescenti di denaro per raggiungere l’ eccitazione desiderata;
è preoccupato per il gioco d’azzardo;
dice bugie ai membri della famiglia o ad altri, per nascondere il protrarsi del gioco d’ azzardo;
è irrequieto o irritabile quando tenta di ridurre o interrompere il gioco d’ azzardo;
ha ripetutamente tentato senza successo di controllare, ridurre o interrompere il gioco d’ azzardo;
gioca d’ azzardo per fuggire dai suoi problemi o per alleviare un umore disforico;
ha messo a repentaglio o perso una relazione significativa: il lavoro, oppure opportunità scolastiche o di carriera, per il gioco d’ azzardo;
ha commesso azioni illegali come falsificazioni, frode, furto o appropriazione indebita per finanziare, il gioco d’azzardo.
Le MUDs (Multi Users Dungeon o Multi User Dimension) sono giochi di ruolo che utilizzano la Rete per dare la possibilità agli utenti di giocare fra loro simultaneamente. Di solito prevedono la creazione di un personaggio, spesso di natura fantastica, con cui il soggetto si identifica e gioca. Il giocatore può decidere le caratteristiche fisiche o mentali del suo alter-ego, i luoghi che visiterà e altro ancora. Se i giochi di ruolo tradizionali presentano notevoli elementi di depersonalizzazione, le Mud possono essere ancora più “tossiche”, perché si avvalgono di una tecnologia che rende meno plausibile ed evidente il contesto ludico, facilitando l’identificazione del giocatore con il personaggio (Cantelmi T. e Talli M, Novembre, 1998).
Alcuni possibili segni clinici:
Impiega di solito gran parte del tempo per giocare con i MUD (nelle sue più diverse forme );
Ha ripetutamente tentato, senza successo, di controllare, ridurre o interrompere l’uso dei MUD;
Perdura in questa attività, nonostante incorra in problemi sociali, familiari ed economici, verosimilmente causati o esacerbati dall’ uso dei MUD .
-4-Dipendenza da Cyber-relazioni (Cyber relationship Addiction).
Una parte delle persone affette da IAD provano una forte spinta a stabilire relazioni amicali-affettive mediante e-mail, chat rooms o newsgroup a scapito dei loro rapporti reali, familiari e sociali. Spesso la conoscenza che si crea tra le persone che abitualmente si collegano fra loro rimane confinata entro i limiti della Rete. Viene per così dire allontanata l’idea di conoscersi realmente per mantenere un immagine (virtuale) di sè e dell’ altro, soddisfacente o addirittura idealizzata.
Alcuni possibili segni clinici del soggetto:
Ha bisogno di passare molto tempo in Rete per intraprendere relazioni amicali e/o sentimentali;
Perde interesse per le relazioni amicali e/o sentimentali off-line;
Ha ripetutamente tentato, senza successo, di controllare, ridurre o interrompere il protrarsi degli scambi amicali e/o sentimentali on-line.
-5-Dipendenza da eccessive informazioni (Information overload Addiction)
Questa dipendenza si caratterizza per la ricerca estenuante di informazioni, protratta dall’individuo per gran parte del tempo di collegamento. Le informazioni vengono ricercate con modalità di “Web-surfing” (passare da un sito all’altro) e/o indagini senza fine su materiali archiviati in banche dati. Sostiene la Young che “ci sono persone che desiderano accedere immediatamente al massimo aggiornamento possibile sulle informazioni correnti, trovandosi poi intrappolati in un eccesso informativo” (Young K., 2000). Lo studio “Glued to the ScreeD: An investigation into information addiction worldwide “, basato su un campione di 1000 persone di varia nazionalità (inglese, statunitense, tedesca,ecc.), evidenzia che più del 50% delle persone intervistate ricerca in modo accanito le informazioni presenti in rete, procedimento questo, che se cronicizzato può diventare segno clinico
Alcuni possibili segni clinici del soggetto:
Ha bisogno di passare molto tempo in Rete per trovare notizie, aggiornamenti o qualsiasi altra informazione;
Ha ripetutamente tentato senza successo di controllare, ridurre o interrompere l’attività di ricerca;
Perdura in questa attività nonostante incorra in problemi sociali, familiari ed economici, verosimilmente causati o esacerbati dalla ricerca eccessiva di informazioni.
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Applicazioni e implicazioni dell’utilizzo della rete in psicologia (“considerazioni” dr.Zinzi E. 2004)
Le tecnologie dell’informazione stanno continuamente modificando, il nostro modo di vivere! Si tratta di mutamenti profondi che riguardano tutti i momenti dell’esistenza: il modo di lavorare, studiare, curarsi, comunicare, divertirsi,… Nel mondo del lavoro si aprono nuove possibilità: come il telelavoro. Ma si hanno anche rivolgimenti globali per le organizzazioni: diminuiscono i ruoli di intermediazione, l’azienda si delocalizza, il commercio va on-line, si lavora a ciclo continuo, utilizzando i fusi orari e così via. Cambia il modo di imparare e fare scuola. Al cittadino si offrono nuove possibilità di interazione con la pubblica amministrazione. Internet non significa solo una esplosione delle fonti di informazione, ma un vero e proprio mutamento culturale.
Sono molte le riflessioni che possono venir fuori da un viaggio tra le “longitudini e latitudini del cyberspazio”, mano a mano che “i bit si sostituiscono agli atomi”. La Turkle sostiene: “Se il computer si sta sostituendo nel tempo ai nostri coetanei e genitori, non è un bene. Ma se il computer sta sostituendo la televisione, allora potrebbe essere un progresso”.
Ciò che personalmente credo accomuni i pensieri dei vari studiosi impegnati in questo campo, è il fatto che il cyberspazio è uno spazio divertente, specchio della nostra società, che essenzialmente riflette ciò che avviene nella vita off-line, ma con un pò più di esagerazione.
C’è, comunque, da fare una netta distinzione, tra vita on-line e vita off-line. Se infatti una persona nella vita reale mostra personalità multiple, distinte, noi la definiamo psicotica ; al contrario, nella vita virtuale, le personalità multiple, non solo sono accettate, ma anche considerate disinvolte e fluide.
Riflettendo un può meglio su questo aspetto dell’identità, non dobbiamo dimenticare che noi viviamo una esistenza incessantemente frammentata e dai ruoli multipli, anche off-line. Una donna si può svegliare come un’amante, fare colazione come una madre, e andare al lavoro come un avvocato. Un uomo può essere un manager in ufficio, un calciatore nel tempo libero e un educatore a casa. E’ stato sempre naturale,anche quando le reti dei computer non esistevano ,che le persone assumessero ruoli differenti. E’ una sfida pensare alle identità di ciascuno in termini di molteplicità. Internet semplicemente concretizza e rende più urgente la domanda sull’identità come molteplicità. Il cyberspazio prende la fluidità dell’identità, che è richiesta nella vita di tutti i giorni, e la innalza ad una potenza più alta: le persone giungono a vedersi come una somma di presenze distribuite sulle varie finestre che si aprono sullo schermo.
Ma è questa una visione normale della realtà che ci circonda, e, quindi, una buona utilizzazione dei mezzi on-line? Oppure è mera follia, sdoppiamento della nostra identità, schizofrenia??
E’ improrogabile considerare gli effetti del “multimediale”, nel contesto socio-culturale. Anzi, ci si trova costretti a considerare la Cyberpsicologia come tema molto importante, per le sue implicazioni nella nostra vita quotidiana, in tutte le sue varie manifestazioni.
La letteratura professionale ha già ben ponderato e accettato le ramificazioni della psicopatologia compulsiva di internet, non dissimili da quelle di altre patologie, gia ben studiate in passato, come l’alcool, il gioco d’azzardo, il sesso o il cibo. Questa letteratura ha mostrato che la compulsione da internet è un problema crescente. La rete ha molti vantaggi, che dobbiamo tenere nella giusta considerazione. Addirittura come sostiene la Turkle assumere uno più identità on-line, può condurre ad una conoscenza più profonda di sè e portare all’autorealizzazione, ma ci sono anche molti rischi. Inoltre quanto leggiamo dalla letteratura internazionale, come quella dell’American Psychiatric Association e dell’A.P.A., ci mostra degli studi di casi che sottolineano le variabili diagnostiche, i fattori di rischio e le implicazioni di trattamento associate ai disturbi. Alla fine, nelle corti americane, dove la patologia clinica da internet ha portato a molti procedimenti legali, per esempio in divorzi dove uno dei coniugi era accusato di essere disinteressato alla vita famigliare a causa della sua dipendenza da internet, si è accettato che i disturbi mentali conseguenti possano essere usati dagli avvocati della difesa, per dichiarare incapaci di intendere e volere gli imputati.
Appare quindi condivisa l’opinione che le psicopatologie legate all’utilizzo delle rete, con la loro caratteristica di dipendenza, rientrino nella sfera degli atteggiamenti compulsivi, ossia quella tendenza coercitiva e irrazionale che spinge l’individuo a mettere in atto determinati comportamenti di cui egli stesso riconosce l’inutilità e l’inadeguatezza, ma la cui mancata esecuzione provoca in lui una sensazione di angoscia.
In questa mia ricerca, si evidenzia che tra gli strumenti a disposizione dello psicologo-psicoterapeuta, per il trattamento dei disagi e disturbi psichici, può trovare un posto specifico la psicoterapia on-line. Ciò non significa che qualsiasi psicoterapeuta voglia o possa applicarla, senza una specifica preparazione. Significa però che è possibile darle uno spazio legittimo nel novero delle forme di contatto tra psicoterapeuta e paziente.
Lungo lo sviluppo storico della psicoterapia, includendo naturalmente la psicoanalisi e le tecniche derivate, è possibile osservare come si sia allargato, in tutte le direzioni, l’ambito e il terreno su cui basare la legittimità dell’intervento psicoterapeutico.
Le malattie del corpo umano, nei suoi organi e funzioni sono curate dal medico, al quale è anche affidata la sua prevenzione. Ma la cura dell’uomo come organismo biologico, trova il limite proprio là dove l’uomo emerge con la sua univocità, nel tutt’uno della personalità, quando si interfaccia con l’ambiente (relazionale e fisico), attraverso il funzionamento della mente. Il riconoscimento di questo livello di Persona, implementato su quello dell’ animale uomo, ha prodotto, di pari passo con l’evolversi dei sistemi sociali e culturali, la necessità di vivere, non solamente attraverso la dimensione animale, ma nella realizzazione della dimensione di Persona, immersa in regole, anche ferree, che controllano pure i comportamenti istintivi, per porre l’uomo in una realtà che non è solo divenire biologico. Sono le regole che, sebbene invisibili e non tangibili fisicamente, permettono la sopravvivenza in agglomerati sociali sempre più affollati, variegati e complessi.
Questo livello di attività, più mentale e più globale rispetto alla stessa fisiologia (che lo psicologo deve conoscere), è diventato l’ambito privilegiato d’intervento delle psicoterapie che conosciamo, le quali, nell’arco di poco più di un secolo, hanno in modo praticamente inequivocabile sancito che l’essenza del loro funzionamento, e dunque il loro stesso ambito è la Relazione tra terapeuta e paziente. Così uno psicoterapeuta può usare tecniche e principi diversi, addirittura ipotizzare diversi modelli di funzionamento della mente, senza perdere l’identità di psicoterapeuta, purché nel suo esercizio rimanga un professionista, che previene e cura la capacità dell’individuo di relazionarsi, quando è compromessa dai disagi psicologici.
La psicoterapia, per alcuni studiosi, ha più efficacia se rivolta alla dimensione prettamente intrapsichica e per altri alla dimensione sociale, quella che fa meglio relazionare la mente con l’ambiente eterno: Quasi vi fosse una dicotomia nelle funzioni psichiche (un mondo interno ed uno esterno, un “io” che si contrappone ad un “fuori da sé”).
L’osservazione, anche solo soggettiva, di un dialogo interiore, fra queste due entità, in continua relazione, getta le basi per la comprensione di una realtà relazionale in casa propria, all’interno dell’unicità della persona, e rende il concetto di Relazione molto più profondo e complesso di quanto si possa immaginare.
La mente non è mai isolata dal mondo esterno; è in continuo relazionarsi, anche quando non ha un contatto diretto con una realtà relazionale. In carenza o assenza di informazioni, derivanti dalla realtà esterna, vi è un bilancio di funzioni, in grado di “completare” o addirittura di “creare”, su basi personali, pseudorealtà o realtà ipotetiche. Questo accade perché la mente “si rappresenta” in qualche modo una sua realtà mentale, aderente alla realtà che circonda l’organismo. In questo modo le è possibile immaginare un’azione, cioè farla accadere nella realtà della sua relazione interiore, valutandone gli effetti “virtuali”, per poi riproporla all’esterno nell’azione, se ha ritenuto utile darle il via libera.
Dunque lo psicologo utilizza lo strumento della relazione, e questo perché la persona diventa compiutamente “Persona” quando, tramite la relazione, riesce a vivere, in modo soddisfacente, nella propria comunità: così può soddisfare, oltre ai bisogni fisici e fisiologici, anche quelli relazionali.
La comunità terapeutica, le “case famiglia” stanno diventando gli ambienti adatti per il trattamento di disturbi psicologici come compromissione della capacità di relazione dell’uomo; sono il posto di elezione; il luogo dove psichiatra, psicologo, operatori specializzati e altre figure possono monitorare ed intervenire, a vari livelli, necessari per una gestione completa della persona, che, a causa del suo disturbo, non ha più le “redini complete” del proprio sistema di controllo.
Nei pazienti non gravi, quelli in cui la capacità di relazione è sufficientemente stabile, sia a livello interiore che nel contatto con l’esterno, lo psicologo è ben indicato come professionista, capace di intervenire con le sue tecniche psicoterapeutiche. E’ qui che si apre una finestra all’uso di internet, qualora sia irrilevante usare il colloquio diretto, con un rapporto fisico professionale, o quello on-line.
Quando le capacità relazionali sono sufficienti, il nostro mondo interiore si rapporta con quello esterno e quindi anche con chi sta dall’altro capo di un computer, come in una “camera virtuale” che ognuno di noi ha nella propria mente. Qui viene rappresentata la realtà, (nel modo più aderente possibile) vengono anticipate le azioni e si giudicano le possibili reazioni dell’ambiente (ambiente a volte riprodotto da noi in modo particolare e non sufficientemente fedele). In questo ambito vi può essere una forma di contatto e lavoro a distanza, in assenza di una effettiva realtà, di un contatto diretto e fisico.
Nelle psicoterapie il contatto fra operatore ed utente si può così sempre immaginare “reale”, se fra di loro sono in contatto le interfacce delle menti, ognuna delle quali elabora nella propria “camera virtuale” gli eventi e le intenzioni; il terapeuta, in fin dei conti, agisce, a seconda dei casi, sui contenuti di discussione o sul modo con cui vede mal-rappresentata la realtà nella mente del paziente.
A questo livello il ruolo e l’intervento del medico è solo accessorio ed eventuale, nella misura in cui le richieste dell’ambiente possano costringere una persona a richiedere al proprio sistema fisico risorse che non possiede. In questo caso il corpo con i suoi segnali informa la mente sull’impossibilità di compiere quanto richiesto (livello di resistenza allo stress). Se necessario, con appropriati ausili farmacologici, il medico può aumentare e modificare la capacità di resistenza organica, migliorando la risposta (ad esempio: “con quella pasticca posso reggere sveglio tutta la notte, per studiare”). I limiti di questo procedimento sono evidenti. Lo psicologo può allora operare in modo tale da costringere la persona a conoscere meglio i propri limiti intrinseci, valutando le richieste dell’ambiente (ad esempio con training di assertività) o suggerire di interfacciarsi in ambienti relazionali diversi, fino a trovare quello che si armonizza con le caratteristiche peculiari di quella persona.
In ogni caso, lo psicologo può non fare uso del farmaco (al di là del fatto che non ne ha il potere di prescrizione) proprio perché opera a distanza, utilizzando strumenti (la parola, il gioco di ruolo, ecc.) che vengono recepiti dalla mente del paziente, la quale resta con le “redini” del proprio sistema e ha sia il dovere che il potere di rendere effettivi, se verificati, i suggerimenti, le interpretazioni e le informazioni ricevute o che via via elabora per riflessione.
Si tratta di configurare il paziente in modo nuovo, lasciando però che sia lui a determinare questa autoregolazione. In questo la psicoterapia si differenzia dall’intervento psichiatrico. Nell’uso del farmaco la mente non ha modo di processare l’intervento subito, per quanto efficace possa essere, e mutua i cambiamenti come “eventi” che accadono alla propria fisicità, cui deve adattarsi e basta. Nella psicoterapia, che dunque diviene lunga e complessa, rispetto ad un intervento psicofarmacologico, la mente del paziente, tramite l’esperienza della relazione con il terapeuta, deve “concedere” i “permessi di riscrittura”, usando una metafora utile tratta dal mondo dei computer.
Ecco che ci stiamo avvicinando al confine, quello in cui troviamo possibile che la virtualità, la distanza e l’assenza di contatto reale, sia un terreno accessibile per l’espletazione dello stesso tipo di intervento psicoterapeutico. Se pensiamo al fatto che il cambiamento psicoterapeutico non è un cambiamento diretto da parte del terapeuta, ma avviene con l’avallo del paziente, ecco che la dimensione della virtualità non cambia di molto questo assetto basilare, poiché le differenze che distinguono l’intervento psicoterapeutico reale da quello virtuale si risolvono in questioni di natura tecnica e di “bontà” della relazione tra terapeuta e paziente.
Diventa evidentemente necessario comprendere come fare per costruire una relazione credibile e duratura tramite la virtualità (e attualmente non è cosa semplice); occorre stabilire un modo efficace per comprendere quali siano i comportamenti virtuali e i loro significati (e i dati non sono accessibili e condivisi in modo efficace tra colleghi, sino ad oggi); occorre mettere a punto tecniche di colloquio efficaci per questo mezzo, che, sebbene invisibile, è reale, tanto quanto la realtà che la mente si crea nella propria “camera virtuale”, per rappresentare l’ambiente “reale”.
Occorre mettere a punto questa e altre faccende, come la diagnosi a distanza (questione spinosa), in modo sicuro, per valutare l’impatto dei colloqui virtuali sui contatti con l’ambiente.
Si devono chiarificare tutti questi aspetti, sicuramente; ma penso sia ormai evidente che la psicoterapia virtuale è possibile e ha la sua legittimità, proprio perché si basa sulla stessa richiesta di base delle altre psicoterapie: richiede i “permessi di scrittura” del paziente, per produrre cambiamenti, e lavora a distanza.
Nel caso specifico, al paziente virtuale viene richiesto un lavoro maggiore e più attivo, rispetto a quanto accade nel contatto terapeutico reale, nel passaggio tra ciò che viene elaborato nella “camera virtuale” e la propria realtà, off line.
Mentre nel dialogo reale esiste la cosiddetta comunicazione non verbale che corrobora i contenuti informativi e aumenta il grado di convincimento (o di credibilità), nell’ambito virtuale è il paziente che deve riuscire a sfruttare pienamente e correttamente le informazioni in arrivo e trasportarle nella propria dimensione reale.
Credo, in conclusione, che sia chiarita la dignità di una psicoterapia on line, anche se, va detto, penso che la psicoterapia virtuale sia, almeno attualmente, adatta a pazienti più maturi, cioè meno disturbati, la cui psicopatologia non implichi eventuali problemi nella capacità di applicazione delle proprie conclusioni dal virtuale al reale e una distorsione eccessiva nell’interpretazione soggettiva delle parole dell’interlocutore.
In conclusione penso che i computer offrano delle nuove possibilità critiche per la crescita personale, per lo sviluppo dei sensi personali di padronanza, per formare nuovi tipi di relazioni e per comunicare con gli amici e la famiglia in tutto il mondo, nell’immediato, persino nei mondi intimi, oltre che dare la possibilità di effettuare ricerche in qualsiasi tipo, in modo facile e immediato. Personalmente credo che il buon uso e i risultati della tecnologia dipenderanno in futuro, da ciò che le persone sapranno realizzare con essa. Dobbiamo considerarci consci di essere capaci di influenzare profondamente l’avvenire e il risultato di come andranno le cose. Allo stato attuale molte domande, e molte scelte per l’assimilazione di questa tecnologia, hanno dei limiti; con diverso grado di soddisfazione dell’on-line da parte della gente. Noi viviamo nei nostri corpi. Noi siamo terrestri. Noi siamo esseri fisici, così come mentali, cerebrali, cognitivi ed emotivi. Credo, con ottimismo, che le persone riusciranno a utilizzare la vita sullo schermo (il computer) per meglio esprimersi nelle proprie potenzialità.
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