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Ipocondria-Disturbo d’Ansia di malattia

Continua preoccupazione di essere affetti da una malattia?
Ipocondria (DSM IV-Tr)
Disturbo d’Ansia di malattia (DSM-5)
Guarire dalla “malattia che non c’è” è possibile!

Ipocondria--ansia-di-malattia-dr.E.Zinzi-psicologo-taranto

Il termine ipocondria deriva dal greco ὑποχόνδρια, essa è una parola composta dal suffisso ὑπό che significa sotto e χονδρίον che significa cartilagine del diaframma costale: quindi già in antichità a conferma di quanto oggi sappiamo con certezza, il malore riguarda quindi l’addome sede delle principali emozioni, come la melanconia. Un disturbo caratterizzato dalla convinzione di avere una malattia, nonostante tutti gli esami medici siano negativi. Spesso il soggetto, nella sua mente, trasforma dei fisiologici lievi sintomi fisici, in segni caratteristici di qualche grave patologia. L’attenzione si focalizza sul sentire le proprie sensazioni corporee o segni fisici, producendo dubbi sulla loro natura, con il risultato di trovare similitudini con sintomi di malattie gravi. La preoccupazione riguardo la propria salute è costante, tendenzialmente catastrofica e difficile da regolare. La persona ha fatica a pensare ad altro, appare assorbito dai dubbi di malattia. Solitamente chi ne soffre pensa di essere una persona fragile, vulnerabile, debole, con basse difese fisiche. Si tratta tutto sommato di una credenza, che però, condiziona il senso della propria identità. Questa paura si sviluppa nella prima infanzia, a contatto con le figure significative di riferimento che, spesso, confermano questa immagine di fragilità. Si può manifestare in qualsiasi momento di vita ma compare spesso nella prima età adulta e nel passaggio all’età senile.
In psicologia e psichiatria tale disturbo è molto noto, nel 1958 lo psichiatra E. Wulff ipotizzò che negli ipocondriaci il corpo diventa l’espressione della paura di morire. Lo psichiatra ha evidenziato che nei pazienti studiati emerge sempre un’inquietante mancanza di fiducia nel sostegno del proprio corpo, infatti, gli ipocondriaci esigono dai medici prove, conferme e continue garanzie sulla propria salute.

DIAGNOSI
In psicologia e psichiatria tale disturbo viene trattato e nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali DSM IV-Tr i criteri diagnostici per l’Ipocondria sono i seguenti:

  1. La preoccupazione legata alla paura di avere, oppure alla convinzione di avere, una malattia grave, basate sulla erronea interpretazione di sintomi somatici da parte del soggetto.
  2. La preoccupazione persiste nonostante la valutazione e la rassicurazione medica appropriate.
  3. La convinzione di cui al Criterio A non risulta di intensità delirante (come nel Disturbo Delirante, Tipo Somatico) e non è limitata a una preoccupazione circoscritta all’aspetto fisico (come nel Disturbo di Dismorfismo Corporeo).
  4. La preoccupazione causa disagio clinicamente significativo oppure menomazione nel funzionamento sociale, lavorativo, o in altre aree importanti.
  5. La durata dell’alterazione è di almeno 6 mesi.
  6. La preoccupazione non è meglio attribuibile a Disturbo d’Ansia Generalizzato, Disturbo Ossessivo-Compulsivo, Disturbo di Panico (Senza Agorafobia e Con Agorafobia), Episodio Depressivo Maggiore, Ansia di Separazione, o un altro Disturbo Somatoforme.

Specificare se con Scarso Insight:
se, per la maggior parte del tempo durante l’episodio in atto, la persona non è in grado di riconoscere che la preoccupazione di avere una malattia grave è eccessiva o irragionevole.

Nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali in versione aggiornata DSM-5, l’ipocondria è stata definita “Disturbo d’Ansia di malattia”. Esso è distinto a seconda dell’intensità della preoccupazione di avere/contrarre una grave malattia, in assenza di sintomi somatici o se presenti solo in forma lieve.
I i criteri diagnostici sarebbero i seguenti:

  1. Preoccupazione di avere o contrarre una grave malattia.
  2.  I sintomi somatici non sono presenti, o se presenti solo di lieve entità. Se è presente un’altra condizione medica o vi è un rischio elevato di svilupparla (per esempio in presenza di importante familiarità), la preoccupazione è chiaramente eccessiva o sproporzionata.
  3. È presente un elevato livello di ansia riguardante la salute e l’individuo si allarma facilmente riguardo al proprio stato di salute.
  4. L’individuo attua eccessivi comportamenti correlati alla salute (es: controlla ripetutamente il proprio corpo cercando segni di malattia) o presenta un evitamento disadattivo(per es., evita visite mediche o ospedali).
  5. La preoccupazione per la malattia è presente da almeno 6 mesi ma la specifica patologia temuta può cambiare nel corso di tale periodo di tempo
  6. La preoccupazione riguardante la malattia non è meglio spiegata da un altro disturbo mentale come il disturbo da sintomi somatici, il disturbo di panico, il disturbo d’ansia generalizzata, il disturbo di dismorfismo corporeo, il disturbo ossessivo compulsivo o il disturbo delirante (tipo somatico).

Specificare quale:
Tipo richiedente l’assistenza
Tipo evitante l’assistenza

AUTOVALUTAZIONE LIVELLO DI ANSIA DI MALATTIA Scarica il test.

anteprima-test-KFG-petry-azzardo-dr-ZinziNel testo “Conosci la tua personalità” di Hans Eysenck e lenn Wilson -2000, Tradotto da Magliano L. Editore BUR Biblioteca Univ. Rizzoli (collana Superbur benessere), viene presentato un semplice e veloce strumento di autovalutazione del proprio livello di ipocondria rispondendo ad un elenco di domande. Ecco il riadattamento del Test  effettuato dal Dr.Zinzi.

PENSIERI E REAZIONI PSICOLOGICHE
I pensieri e le reazioni psicologiche che caratterizzano questo disturbo sono svariati; i più comuni possono essere:

  • Convinzione di non essere in salute
  • Si tende ad esagerare su vari sintomi.
  • Si ha la consapevolezza di essere disturbati da questi problemi ma non ci si riesce a controllare
  • Non si è consapevoli che si tratta di un disturbo psichico ma si è convinti di avere una seria malattia
  • La malattia che spesso ossessiona il soggetto ipocondriaco interessa le più importanti funzioni vitali.

– Il Cuore; si teme di avere un disturbo cardiaco, paura di avere un infarto, ictus ecc.
– Il cervello; si teme di avere delle funzioni cognitive compromesse.
– I polmoni, si teme di avere insufficienze respiratorie, pertanto si può rischiare di soffocare.
– Il soma; si teme di avere un grave problema alla pelle.
– L’apparato muscolare e scheletrico; si teme di avere una malattia invalidante avendo paura di non riuscire più a muoversi.
– La Vista; si teme di diventare cechi.
– Il sistema immunitario; si teme di essere contagiosi, di poter essere contagiati o di contagiare gli altri.

  • Si è completamente assorbiti dal disturbo e si passa diverso tempo a parlarne e a caccia della malattia. Si chiede a diverse persone o si ricerca in internet informazioni sui sintomi.
  • Rispetto al sottoporsi ad uno specialista ci sono due possibili reazioni. Una è quella di effettuare tutte le visite mediche possibili. Spesso l’ipocondriaco si reca dallo specialista certo di aver trovato la sua autodiagnosi precisa. Altra reazione può essere caratterizzata da evitamento delle possibili visite diagnostiche sicuri e impauriti di ricevere notizie nefaste.
  • Si cambiano diversi medici, con la convinzione che non siano bravi a trovare una malattia.
  • Il soggetto cerca e riesce a trovare persone che possano rassicurarlo, ma egli stesso non ne trae alcun giovamento, se non momentaneo.

COSA FARE
1. Non cambiare il proprio medico di riferimento dato che egli non riesce a risolvere la problematica,  infatti si tratta di un disturbo di natura psicologica non medica.
2. Evitare di cadere in “overload of informations” effettuando continue ricerche in internet, condizione che favorisce l’aggravarsi e la comparsa di nuovi sintomi disturbanti (cybercondria).
3. Evitare i vari media (tv, giornali ecc…) nei quali si affrontano malattie gravi.
4. Rivolgersi il prima possibile ad uno Psicologo specializzato in Psicoterapia. Lo psicoterapeuta potrà aiutare il cliente nella gestione dell’ansia e delle ossessioni, e successivamente lavorare per eliminarne le cause.
5.Qualora i pensieri fossero persistenti tanto da rendere impossibile al soggetto la gestione della sua normale vita quotidiana, appare opportuno rivolgersi ad uno psichiatra al fine di farsi prescrivere dei farmaci per alleviare la pervasività psicologica del disturbo e riuscire quindi ad affrontare un percorso Psicoterapeutico. Gli psicofarmaci generalmente somministrati sono i cosiddetti antidepressivi. I più utilizzati sono gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI) – come per esempio la fluoxetina, la fluvoxamina e la paroxetina – e gli antidepressivi triciclici, come per esempio la clomipramina e l’imipramina.
6. Qualora il cliente non avesse la vera e propria coscienza della malattia ma solo il dubbio, inizialmente si rivolgerà ai familiari i quali possono aiutarlo offrendo una visione più oggettiva di quanto accade. In tal caso il paziente si sarà rivolto a ogni genere di medico specialista senza rivolgersi ad alcun professionista della salute mentale, pertanto i familiari, dovranno proporre uno psicoterapeuta nel modo più empatico possibile, evitando le ormai obsolete stigmatizzazioni (es.: sono pazzo, cosa dirà la gente ecc…).

LA PSICOTERAPIA
La tendenza generale è quella di maledire il proprio disturbo e i vari sintomi, invece dovrebbe essere condiviso il fatto che i sintomi psicosomatici devono essere “ringraziati” visto che essi rappresentano l’unico modo che il nostro corpo e la nostra mente sono riusciti a trovare per avvisarci delle nostre trascurate difficoltà. Spesso, la preoccupazione di avere una malattia si configura come una vera e propria ossessione, o se più lieve, rimane comunque correlata all’ansia e/o depressione.
In Psicoterapia, la cura dell’ipocondria è molto praticata. Le varie scuole di pensiero hanno ideato diversi modelli di intervento rivendicandone la paternità e l’efficacia. Ogni individuo è differente dall’altro, pertanto, ogni specifico approccio è più indicato ad un cliente o un altro.
Rivolgersi ad uno Psicoterapeuta ad approccio Integrato appare la scelta più semplice e indicata, proprio perché tale approccio tende a dare spazio alle varie tecniche dei differenti modelli, adattandole al cliente e alle sue particolarità, così come un abito viene cucito da un sarto.
La Terapia Integrata offre buone possibilità di prognosi e come in tutte le psicoterapie è necessaria la collaborazione da parte del cliente, il quale deve credere nel percorso che vuole affrontare, oltre che ovviamente, nel professionista e anche nella psicologia. Qualora il cliente si affacci alla psicoterapia con la convinzione che non potrà guarire, ogni sforzo di cura diverrà vano, lo stesso vale se “vuole essere guarito” delegando al terapeuta tutto il lavoro da fare senza mettersi quindi in gioco.
Lo Psicoterapeuta lavorando a livello cognitivo si occuperà quindi delle distorsioni cognitive. Cercherà di fare emergere nel cliente la consapevolezza degli errori di valutazione fatti circa i suoi stati psicofisici.
Anche attraverso tecniche di Psicoeducazione si affrontano le stesse tematiche insegnando al cliente e alla sua famiglia le caratteristiche principali del disturbo psichico in atto e i metodi migliori per guarire. I familiari, inoltre, vengono sostenuti offrendo loro dei consigli su come è meglio comportarsi nei confronti del loro parente.
In psicoterapia il problema viene anche affrontato a livello comportamentale cercando di costruire risposte alternative agli stimoli ansiogeni, oltre che le classiche strategie di evitamento. Si lavora inoltre su nuove sperimentazioni “sane” alternative e sostitutive dei comportamenti.
Attraverso l’esplorazione interna si cerca rielaborare elementi di vita traumatici e poco affrontati dal cliente che rappresentano le cause profonde del disturbo.
Come nella Psicoterapia Rogersiana tutto questo percorso viene affrontato cercando di essere il più vicini possibile ai bisogni del cliente, rispettandolo e stimolandolo nel suo percorso evolutivo di crescita intima.

Bibliografia

  • American Psychiatric Association (2000). DSM-IV-TR Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders , Fourth Edition, Text Revision. Edizione Italiana: Masson, Milano.
  • American Psychiatric Association (2014) Manuale Diagnostico Statistico dei Disturbi Mentali Quinta edizione (DSM 5). Cortina Editore
  • BASAGLIA F. (1956): Il corpo nell’ipocondria e nella depersonalizzazione, Riv. Sper. Fren. 80, 159.
  • Taylor S., Thordarson D.S., Jang K.L., Asmundson G.J.G. (2006). Genetic and environmental origins of health anxiety; a twin study. World Psychiatry, 5, pp. 47-50
  • Taylor, S., Asmundson, G.J.G. (2009) “Hypochondriasis and Health anxiety” in Martin, M.A., Stein, M.B. (a cura di) Oxford Handbook of Anxiety and Related Disorders, Oxford University Press.
  • Taylor, S., Asmundson, G.J.G. (2004) Treating Health Anxiety. A Cognitive-behavioral approach. New York, Guilford Press.
  • Taylor, S., Asmundson, G.J.G. (2005) It’s not all in your head. How worrying about your health could be making you sick and what you can do about it. New York, Guilford Press
  • Wells, A. (1999) Trattamento cognitivo dei disturbi d’ansia, Mc Graw Hill

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Il film INSIDE OUT e la psicologia delle EMOZIONI.

INSIDE OUT e la Psicologia.
UTILE STIMOLO per meglio comprendere le EMOZIONI.

https://i0.wp.com/www.psicologo-taranto.com/wp-content/uploads/2015/10/insade-out-testata.jpg?resize=432%2C135INSIDE OUT. Un film di Pete Docter. Con Mindy Kaling, Bill Hader, Amy Poehler, Phyllis Smith, Lewis Black. Titolo originale Inside Out. Animazione, durata 94 min. – USA 2015. – Walt Disney Pixar uscita mercoledì 16 settembre 2015.

Il film INSIDE OUT e la psicologia delle EMOZIONI.

L’importanza delle emozioni è ormai assodata in psicologia. Lo sviluppo dell’intelligenza emotiva rappresenta per ognuno di noi la chiave per vivere al meglio la nostra vita in tutte le sue sfumature. Il nuovo film della Pixar/Disney “Inside Out” diretto da Pete Docter, regista noto per aver realizzato fra gli altri Toy Story e Monsters & Co.,seppur dai più non viene compreso in tutte le sue metafore, rappresenta un utile strumento per meglio interrogarsi sui meccanismi emotivi che ci guidano nella vita di tutti i giorni. Il film prende le basi e gioca con i veri costrutti teorici della psicologia delle emozioni.
Il regista Docter prima di scrivere il film Inside Out sembra aver incontrato Dacher Keltner, fondatore del Greater Good Science Center dell’Università di Berkeley, in California, centro di studio di psicologia, sociologia e neuroscienze, al fine di porgli domande sull’adolescenza e l’emotività. Successivamente sembra aver coinvolto come consulente Paul Ekman uno degli psicologi che ha molto approfondito gli studi sulle emozioni nel Ventesimo secolo (vedi i suoi studi antropologici sull’innatismo delle emozioni).

Ekman e successivamente Plutchick nel 1980 teorizzarono emozioni primarie come TRISTEZZA, GIOIA, PAURA, DISGUSTO\DISPREZZO, RABBIA, SORPRESA che miscelate tra loro danno vita ad emozioni secondarie  come amore, timore, apprensione, ecc. come rappresentato nel cono emotivo. Secondo Plutchik le relazioni fra emozioni si possono rappresentare con un modello strutturale tridimensionale a forma di cono, come si vede nella figura seguente:

A tal proposito è infatti interessante notare come questa tabella (qui sotto), diffusa dalla Disney/Pixar, sulle diadi emotive sia stata trasformata appositamente per i personaggi del film, partendo dalle teorie della psicologia moderna. Probabilmente è stata molto utile per la stesura delle parti in cui due emozioni interagiscono.

https://i0.wp.com/www.psicologo-taranto.com/wp-content/uploads/2015/10/emozioni-inside-out-diadi.jpg?resize=387%2C359

Qui di seguito invece una tabella delle diadi emotive diffusa in letteratura.

https://i0.wp.com/www.psicologo-taranto.com/wp-content/uploads/2011/06/diadi-emotive-zinzi-psicologo-palagiano-taranto.jpg?resize=378%2C252

 Nel film attraverso la protagonista Riley, viene offerta la possibilità di osservare dall’interno della mente il suo percorso di crescita e le sue emozioni. Trasportati nella mente di Riley, incontriamo le 5 emozioni fondamentali:

TRISTEZZA, GIOIA, PAURA, DISGUSTO\DISPREZZO, RABBIA,https://i0.wp.com/www.psicologo-taranto.com/wp-content/uploads/2015/10/inside-out-emozioni.jpg?resize=383%2C123
ad esse spesso in psicologia si aggiunge la SORPRESA come sesta emozione fondamentale, ma nel film non è presente.
Il periodo di vita maggiormente fotografato dal film è l’inizio dell’adolescenza. Riley ha 11 anni, fase in cui lei con il resto della famiglia sono costretti a cambiare casa, spostandosi dallo stato del Minnesota a San Francisco.
Il vissuto di perdita della piccola Riley causato dal trasferimento e il trambusto dell’adolescenza, lasciano recitare ai vari personaggi delle emozioni presenti nella sua mente, diverse dinamiche frutto del loro “incontro” che crea reazioni comportamentali differenti.
A mio parere, al di sotto delle spesso buffe scene del film recitate dalle varie emozioni, appare molto utile trarne rilevanti consapevolezze:
tutte le emozioni sono degne di attenzione e vanno esplorate; la tristezza ci ha insegnato come sia per noi utile ed importante in alcuni momenti essere tristi, al fine di assaporare meglio i significati delle cose e capire cosa vogliamo o non vogliamo fare, quindi che anche le emozioni sgradevoli sono utili…
L’emotività viene in questa pellicola rappresentata come la guida e supporto della ragione, la tristezza infatti è in grado di condizionare i nostri ricordi proprio come la felicità, la paura ci guida nel non farci troppo male, il disgusto e disprezzo ci condiziona nelle scelte, la rabbia ci da la carica e difende…
Consigliato, da vedere e rivedere, adulti e bambini!

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Paul Ekman (l’innatismo delle emozioni)

La teoria di Paul Ekman sull’innatismo delle emozioni si fonda su un esperimento di analisi e raffronto interculturale (Ekman et. al., 1972).

E’ stato infatti osservato come una espressione emozionale all’interno di una specifica popolazione era interpretata correttamente e uniformemente all’interno di qualunque altra cultura, e viceversa (Stati Uniti e Nuova Guinea)

Il raffronto consisteva nel mostrare delle foto di espressioni emozionali facendole quindi riconoscere.

In concreto l’esperimento scoprì per esempio che l’espressione facciale legata alla rabbia veniva interpretata come rabbia all’interno di tutte le popolazioni analizzate.

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